martedì 16 luglio 2024

A TE, FIGLIO O FIGLIA DELLA CHIESA DI CALABRIA... ( di Mirella Mujà )

    A Gerace, una delle indiscusse capitali bizantine di Calabria, se non ti accontenti di una religiosità di comodo, folclorica o “adulta” che sia, puoi fare un incontro che segnerà la tua vita: Mirella Muià, una straordinaria eremita iconografa, originaria di Siderno divenuta francese di adozione dopo aver lasciato la Calabria nel lontano 1952 e aver vissuto  per un periodo a Genova  e poi in Germania.
 
  A Parigi è stata una strenua ideologa e animatrice dei moti sessantottini e postsessantottini, ma ha anche   insegnato nei licei , si è dedicata alla ricerca universitaria in letteratura comparata ed ha pubblicato anche una raccolta di poesie , “La Toile”, un romanzo, “Portrait de père inconnu” e il poema “La mort d’Empedocle”

   Madre e nonna,  dopo una conversione simile a un diluvio sulla sabbia arsa del deserto, consacrata monaca dal vescovo Fiorini Morosini, vive nell’eremo di santa Maria di Monserrato, alle porte della città, rimesso a suo tempo a nuovo grazie a monsignor Bregantini e ora denominato Eremo dell’unità. 

    Mirella , che mi richiama prepotentemente alla memoria la vicenda umana e di fede di Charles de Foucould, vive proprio nella nostra terra una commovente missione di apostolato mirante a recuperare le radici spirituali della Calabria e a tessere, con la preghiera, lo studio, la diffusione delle icone, simboli della spiritualità orientale, una rete di sutura delle lacerazioni tra la Chiesa d’oriente e quella d’occidente, in un momento storico particolarmente delicato e di cui è testimonianza la sua opera data alle stampe dopo la monacazione :
“Dall’eremo: lettera ai fratelli delle chiese d’Oriente” (Edizioni Oltre) che andrebbe letto e ponderato a lungo da molti… 

   Una vita incredibile, impetuosamente fiorita di mille entusiasmi, ma regolata da una ferrea disciplina interiore di cui trovi l’eco nella ridondanza della punteggiatura che caratterizza la prosa cristallina di questa donna senza tempo e che forse aspettavamo senza saperlo da tanto tempo....
(Bruno Demasi)

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    Chi è l’angelo della chiesa, forse solo il vescovo? Non è soltanto il vescovo, ma sei tu, fratello o sorella di questa chiesa, perché tu sei, con noi tutti, custode della bellezza e della verità della sua vocazione.
    Sono eremita a Gerace, secondo l’eredità dei nostri monaci di un tempo, e al tempo stesso in comunione con tutto il popolo di Dio. Mi sento figlia di quella chiesa indivisa, anteriore al grande scisma dell’Oriente, che ha suscitato tanti testimoni santi, fra i quali S. Nilo di Rossano è nostro padre.
   In quanto figlia di questa eredità mi rivolgo a te, che vivi con me la vocazione di questa chiesa locale, perché tu sei, con me, l’angelo della chiesa di Calabria. Ecco perché ti dico “tu”, perché sei parte con me, qualunque sia il tuo servizio in questa nostra chiesa.
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    Considera anche tu la mia storia, come se contemplassi un paesaggio simile al nostro, fatto di asprezze e di dolcezza – pietre, rocce, dirupi, grotte, sepolcri – e colline, boschi, sorgenti, erba verde e giallo luminoso delle stoppie, ulivi, mandorli, oleandri, acqua dolce che sgorga dalle nostre spiagge, fontane nascoste… La bellezza della terra è una cosa sola con la sua storia. Lo spazio in cui viviamo è inseparabile dal tempo, e insieme, spazio e tempo, formano le due linee che si incrociano nel punto esatto della nostra vita, oggi. 
 

   E’ proprio quest’oggi che raccoglie insieme il tempo e lo spazio della nostra terra. In questo incrocio stiamo noi, oggi, chiesa e terra di Calabria, mistero ed evento in cui affiorano, come da una sorgente profonda, i tratti di un volto: quello della nostra vocazione. Perché siamo stati chiamati e continuiamo ad esserlo, con l’insistenza, la fermezza e la potenza che è propria di colui che ci chiama: il Signore nostro Gesù Cristo, icona perfetta del Padre. Egli ci presenta le piaghe del suo corpo glorioso, come i sigilli vivificanti8 della sua carità. Ecco dove e come, noi credenti di questa chiesa e di questa terra, siamo chiamati ad identificare, a collocare e a contemplare le ferite stesse della nostra storia. Perché la nostra è storia pasquale e noi possiamo leggerla e viverla compitamente solo così, nelle ferite dell’amore crocefisso e glorioso. Ecco perché siamo sempre invitati ad ascoltare questa voce: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio…”(Cantico dei Cantici 8,6). 
 
    Ricevi il sigillo di quelle ferite e scoprirai quale vita attraversa le tue piaghe. Ritorna alla luce del nostro battesimo e comprenderai: in quella fonte di vita non vi è né divisione né morte, ma unità di tutti in Uno solo, e vita dell’uno in tutti: ”Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Giovanni 17,21).
                                                             Suor Mirella Mujà