Per la seconda volta nella sua storia lunghissima, quest'oggi, dopo il recente annus horribilis in cui tutte le manifestazioni religiose vennero bloccate in Calabria per questioni di ordine pubblico, non si effettua in Oppido, come accade da almeno quattro secoli, la processione meridiana della Madonna Annunziata che si celebra nel grande santuario a Lei dedicato e nato ufficialmente il 15 agosto 2013 per la lungimirante e fervida opera del vesovo Milito, innamorato del culto legato alla Santa Casa di Nazareth e - occorre dargliene atto - della città di Oppido Mamertina , sua sede vescovile.
Oggi le disposizioni governative e locali a causa della pandemia di Coronavirus han dovuto opporsi a una forza violenta e bestiale invisibile che ha avuto il potere di chiudere tutte le chiese, di prosciugare le acquasantiere, di stravolgere culti e opere di fede.
Sono giorni di pianto e di rimpianto per tutti, specialmente per i tanti pellegrini, e non solo della Piana, e per i sacerdoti, privati della visita devota alla grande cattedrale diocesana che ha anche acquisito con sobrietà delicata la veste di santuario mariano e si è gemellata con la basilica dell’Annunciazione in Terra Santa.
Sette anni fa veniva infatti portata in Oppido una pietra devotamente prelevata a Nazareth dalla casa della piccola fanciulla ebrea , Miriam, la madre di Cristo, e incastonata nella bella lapide commemorativa collocata nell’atrio della stessa chiesa madre della diocesi . Un insignificante pezzo di calcare che però fa battere il cuore a tutta la Piana di Gioia Tauro.
Ma da Nazareth ancora una volta e dal passato lontano della nostra theotokos sembrano giungere anche le note struggenti dell’inno Akatistos alla Vergine che in questi paesi era ed è invocata come liberatrice da ogni tipo di flagello e come protettrice delle novelle madri ( che un tempo si recavano prima del parto in questa cattedrale a chiederne l’aiuto e indossarne simbolicamente una cintura), quasi un tutt'uno con l'Arcangelo Gabriele, portatore di annunci di speranza e protettore dei piccoli...come si narra nelle strofe commoventi del canto "Bona sirata a Vui, Madonna" portato a vette di arte e di pathos raro dalla voce di Salvatore Rugolo.
Oggi più che mai, quando il terrore e il rimpianto opprimono i cuori e le menti della gente della nostra diocesi, insieme alla preghiera silenziosa e corale torna a gettarsi un ponte tra questo grande lembo di Calabria proteso sul Mediterraneo con le sue montagne, i suoi immensi uliveti e aranceti, il suo porto, le sue piaghe ataviche e i suoi faticosi progetti di crescita e la Terra Santa, ma un ponte anche tra una fede “colta” e matura e quella devozione popolare che non è l’antitesi della fede vera, semmai potrebbe essrne l'humus , se curato bene e non abbandonata a se stessa, con tutte le aberrazioni del caso sempre incombenti.
La devozione alla Madonna Annunziata e la frequentazione di questo santuario, eretto non certo a caso nel Terzo Millennio su queste falde d’Aspromonte è dunque legame
solido col passato bizantino che ha dato civilità e lustro a queste
contrade, con l’antica theotokos di Hagia Hagathe in cui i grandiosi
misteri dell’ Annunciazione e dell’ Assunzione della Vergine di Nazareth
si sono fusi ieri e si fondono oggi in modo nuovo, originale e
spontaneo, dando progressiva e concreta spiegazione dell’ispirazione
profetica del vescovo Milito che ha voluto questa realtà e al quale chiediamo a gran voce di continuare a difendere la nostra identità, specialmente in questo attimo terribile della nostra storia secolare, che rischia di polverizzare tutto.
Gli chiediamo di essere garante del potere enorme della fede dei semplici che in questo santuario - oggi tristemente serrato come quasi tutte le chiese - non fa risuonare i suoi canti e le sue preghiere, di continuare a dare coraggio a questo territorio e alla nostra gente oppressa da mille piaghe e ora assediata da un nemico invisibile, di persistere senza stancarsi, come ha fatto oggi, nella supplica accorata alla Madonna Annunziata che è e sarà icona ancora una volta della nostra salvezza e della nostra rinascita.
Nella giornata del 21 marzo in cui abitualmente i nomi e i numeri dei morti per mafia vengono scanditi uno ad uno per ricordare e riflettere, non potendosi quest’anno organizzare l’abituale manifestazione nazionale a cura di “Libera”, voglio almeno riprendere un primo elenco di vittime della ndrangheta in Calabria cadute nell’ultimo cinquantennio (suscettibile di integrazioni) al quale a suo tempo ho collaborato nella compilazione per la successiva pubblicazione anche sugli abituali mezzi divulgativi popolari di internet.
La vulgata degli addetti ai lavori classifica come prime due vittime di ndrangheta, cadute a metà Ottocento proprio nella provincia di Reggio Calabria (Ortì-RC, 1862) due sacerdoti eroici che ebbero il coraggio di denunciare alle autorità del neonato Regno d’Italia le consorterie ndranghetistiche che taglieggiavano e opprimevano queste terre e che erano state molto impinguate ed alimentate dai Borboni illusi di poter fermare l’avanzata dei Piemontesi anche per mezzo della turpe e losca opera di questa gente da loro prezzolata.
Si trattava degli eroici don Antonio Polimeni e don Giorgio Fallara di cui la storia ufficiale e le mille cronistorie calabre si sono presto dimenticate e a cui la chiesa locale deve un tributo enorme di riconoscenza per essere stati gli antesignani di una lunga scia di sangue sofferta dalla Chiesta di Cristo da quel terribile secolo in cui si realizzò la cosiddetta Unità d’Italia fino ai recentissimi sacrifici di Don Pino Puglisi, Don Giuseppe Diana e di decine di altri martiri rimasti nell’oblìo.
In effetti è proprio l’oblìo (casuale , ma spesso imposto dal mascheramento di moltissimi delitti di mafia come incidenti di vario genere) a costituire una forza indubbiamente di condizionamento per chi voglia stilare un elenco completo dei caduti per mano di mafia in generale , ma soprattutto in Calabria, per la quale questo primo elenco faticosamente ricostruito ci presenta nell’ultimo cinquantennio ben 292 morti, di cui addirittura i due terzi registrati nell’ultimo venticinquennio, con un crescendo spaventoso che si spiega soltanto con lo sviluppo progressivo nella gente – e in particolare in certi ambiti sani della società calabrese – di una coscienza civile e civica e di una forza di denuncia indomabile dalle lupare e dai ricatti che la ndrangheta ancora oggi pone in essere. Certo i
suoi mezzi e i suoi metodi sono divenuti più raffinati, i suoi crimini in gran parte “legalizzati”, i voti di scambio ben dissimulati, molti comitati d’affari spostati dall’esterno all’interno della Pubblica Amministrazione, ma le ferite del nostro tessuto sociale sono tutt’altro che rimarginate e il sangue che ancora oggi ne sgorga è lontano dal fermarsi.
Ecco il rosario lunghissimo di questi martiri, tra cui molti
bambini, magistrati ed esponenti delle forze dell’ordine, i cui nomi
idealmente scandiamo e gridiamo oggi ad alta voce. Nove volte su dieci
non si sa chi sia stato l'assassino, esclusi i casi di lupara bianca.
Inoltre solo per la metà degli omicidi si è riusciti a definire il
contesto.
A chi verrà e vorrà dopo di noi il compito pietoso ed
eroico di perfezionare, approfondire, scolpire col fuoco quest’elenco
nelle coscienze di tutti i Calabresi ancora in buona parte dimentichi o
volontariamente ignari o colpevolmente superficiali. In sostanza
complici!
Maria e Natalina Stillitano di 22 e 21 anni, vittime innocenti, uccise per vendetta nei confronti di un loro zio nell'ambito di una faida di 'ndrangheta a Drosi il 22 dicembre 1962.
Carmelo Siciliano operaio 39 anni, ucciso per errore durante una strage di 'ndrangheta a Locri il 23 giugno 1967.
Famiglia Nunnari, colpita per vendette mafiose dirette e trasversali compiute a ridosso degli anni ’60, fin quasi alla decimazione, nella zona di Reggio Calabria
Vincenzo Scuteri, operaio carpentiere, iscritto al MSI, ucciso a Caulonia il 4 aprile 1971 perché non voleva lavorare il ferro commercializzato dalla 'ndrangheta.
Giovanni Ventra, consigliere comunale del PCI, assassinato per errore il 27 dicembre del 1972 a Cittanova (RC) nell'ambito della Faida di Cittanova.
Giuseppe Bruno, bambino di 18 mesi, ucciso per errore in un agguato di 'ndrangheta organizzato contro il padre a Seminara l'11 settembre 1974.
Francesco Ferlaino, Avvocato Generale della Corte d'appello di Catanzaro. Il 3 luglio 1975, mentre rientrava nella propria abitazione a Lamezia Terme, veniva colpito alla schiena da due colpi di fucile esplosi da due sconosciuti che si trovavano a bordo di un'autovettura. Al suo nome è intitolato il palazzo di giustizia di Catanzaro.
Francesco Vinci, studente ucciso per errore a Cittanova il 10 dicembre 1976 nell'ambito della Faida di Cittanova, Dirigente del movimento giovanile comunista, la sua morte provocò un forte moto di protesta per diversi mesi.
Michele e Domenico Facchineri di 9 e 11 anni, uccisi nell'ambito della Faida di Cittanova perché figli di un membro della 'Ndrina dei Facchineri, 13 aprile 1975.
Carmelo Di Giorgio e Primo Perdoncini, operai ditta Montresor e Morselli di Verona che avevano acquistato agrumi dai produttori della piana di Gioia Tauro turbando così il mercato agrumicolo controllato dalla 'ndrangheta- uccisi a Rizziconi il 5 gennaio 1979.
Vincenzo Caruso e Stefano Condello, carabinieri in servizio a Taurianova (RC) uccisi in un conflitto a fuoco con 'ndranghetisti il 1º aprile 1977 (medaglie d'oro al valor militare).
Orlando Legname, imprenditore agricolo ucciso il 31 luglio 1979 a Limbadi
Giovanni Losardo, militante comunista, già Sindaco di Cetraro e Segretario capo presso la Procura della repubblica del Tribunale di Paola. Assassinato il 21 giugno 1980.
Rossella Casini, studentessa universitaria rapita, violentata e uccisa a Palmi il 22 febbraio 1981 per essere la fidanzata di un pentito di 'ndrangheta.
Lucio Ferrami, commerciante ucciso a Cetraro il 27 ottobre 1981 per aver detto no alle estorsioni della 'ndrangheta.
Salvatore Dragone, ragioniere, ucciso a Cutro (KR), il 13 gennaio del 1982 a seguito del medesimo agguato ai danni del boss locale Antonio Dragone (nonostante la parentela, gli accertamenti hanno in seguito dimostrato che fra i due non vi era alcun rapporto di collusione).
Luigi Gravina, commerciante ucciso a Paola il 25 marzo 1982 per aver detto no alle estorsioni della 'ndrangheta.
Gennaro Musella, ingegnere e imprenditore campano ucciso con un'autobomba a Reggio Calabria il 3 maggio 1982.
Pompeo Panaro, commerciante e uomo politico, ucciso il 28 luglio 1982 a Paola (CS).
Graziella e Maria Maesano, bambine di 9 anni, uccise a Le Castella (KR) il 21 settembre 1982 nell'agguato che ha per bersaglio lo zio.
Mario Lattuca, operaio ucciso per errore in un agguato il 21 settembre 1982 a Paola (CS).
Francesco Panzera, insegnante ucciso a Locri il 10 dicembre 1982 perché combatteva lo spaccio di droga nella scuola da parte della 'ndrangheta.
Il brigadiere Carmine Tripodi, 25 anni, di Castel Ruggero, piccola frazione di Torre Orsaia (Salerno), ucciso in un agguato mafioso, a colpi di lupara, a San Luca, il 6 febbraio del 1985, sulla strada provinciale, ad un anno della sua morte, venne decorato di Medaglia d'Oro al Valor Militare alla Memoria.
Giuseppe Rechichi, professore, ucciso a Polistena in un agguato per errore, il 4 marzo 1987.
Girolamo Marino, medico chirurgo dell'ospedale di Locri ucciso proprio a Locri il 23 ottobre 1988 perché l'operazione di appendicectomia sulla piccola Caterina Giampaolo, figlia del boss latitante Antonio, andò male. La vendetta arrivò per mano dello zio della piccola, Giuseppe, arrestato e condannato a 24 anni di reclusione.
Giuseppe Macheda, Vigile Urbano, ucciso in servizio nella città di Reggio Calabria il 28 febbraio 1985.
Giovanni Mileto, Caposquadra Cantonieri FCL di Cittanova, assassinato in un agguato mafioso il 7 novembre 1987, sacrificatosi per salvare un'altra vita umana, riconosciuto vittima della criminalità organizzata.
Pietro Ragno, 28 anni, carabiniere ucciso a Gioia Tauro il 10 luglio 1988 in un agguato di 'ndrangheta.
Antonio Raffaele Talarico, guardia giurata assassinata il 2 settembre 1988 a Lamezia Terme Riconosciuto vittima innocente della criminalità organizzata.
Abed Manyami, 30 anni, venditore ambulante ucciso per errore in un agguato di 'ndrangheta a Gioia Tauro il 9 settembre 1988.
Francesco Ventura, tra i più illustri imprenditori del mezzogiorno e gravitante in alti ambienti politici, così come riportato da 'La Repubblica'. Assassinato il 3 novembre del 1989 a Reggio Calabria, si disse all'epoca, per un oscuro intreccio di appalti. Tale affermazione è stata recentemente confutata dalle rivelazioni del pentito Roberto Moio, il quale ha dichiarato agli inquirenti che il Ventura fu assassinato per essersi rifiutato di pagare una forte tangente.
· Salvatore Aversa, sovrintendente della Polizia di Stato ucciso a Lamezia Terme il 4 gennaio 1992.
Ferdinando Caristena (18 maggio 1990), commerciante ucciso a 33 anni ucciso perché si presumeva fosse omosessuale e avesse una relazione con un presunto affiliato Gaetano Mazzitelli vicino ai Molè e perché successivamente intraprese una relazione con la sorella del cognato di Mommo Piromalli come raccontato dal pentito Annunziato Rosa. il 5 novembre 2017 il comune di Gioia Tauro gli dedica una via
Arturo Caputo, di 16 anni, ucciso in una sparatoria il 4 luglio 1990 a Strongoli, nel Crotonese. Il ragazzo era in pizzeria con gli amici.
Antonino Muto, originario di Cutro in provincia di Crotone, è morto il 7 settembre del 1992 per le gravi ferite riportate in un agguato avvenuto il giorno prima in località Colonie Padane, vicino Cremona. Due killer agirono all’interno del bar Baracchino per uccidere Ruggiero Dramore, anch’egli calabrese. L’agguato era legato a vicende di ‘ndrangheta. Muto fu colpito per errore.
Giuseppe Marino, Vigile Urbano, ucciso in servizio nella città di Reggio Calabria il 16 aprile 1993.
Nicholas Green bambino statunitense, vittima a sette anni di un assassinio sull'autostrada A2 Salerno-Reggio Calabria nei pressi dell'uscita di Serre (vicino a Vibo Valentia), mentre, durante un viaggio in Italia, era diretto in Sicilia con i genitori Reginald e Margaret e la sorellina Eleanor, di 4 anni.
Adolfo Cartisano detto Lollò, fotografo, sequestrato il 22 luglio 1993 e ritrovato morto nel 2003.
Giuseppe Russo, ragazzo di 22 anni ucciso ad Acquaro (VV) il 15 gennaio 1994 per aver avuto una relazione sentimentale con la cognata di un boss.
Antonio Musolino, imprenditore edile di 54 anni. Ucciso nel frantoio di proprietà di famiglia, a Benestare, la sera del 31 ottobre 1999. I mandanti ed esecutori del delitto, restano ignoti.
Mariangela Ansalone (9 anni) e il nonno Giuseppe Biccheri (54 anni). Uccisi ad Oppido Mamertina l'8 maggio 1998 perché passavano casualmente in automobile davanti ad un negozio dove si era appena consumata un duplice omicidio legato alla faida che in quegli anni stava insanguinando il paesino aspromontano.
Ferdinando Chiarotti, pensionato di 73 anni ucciso per errore in un agguato di 'ndrangheta a Strongoli il 26 febbraio 2000.
Torquato Ciriaco, noto avvocato civilista e amministrativista di Lamezia Terme, assassinato lungo la strada che collega Lamezia con Maida (1º marzo 2002).
Antonio Maiorano, operaio, ucciso per errore a Paola (CS) il 21 luglio 2004 perché scambiato dai killer con il locale boss Giuliano Serpa (oggi collaboratore di giustizia). Dal 2008 ad ogni anniversario della sua morte a Paola si celebra la "giornata della memoria e dell'impegno" dedicata a tutte le vittime innocenti della mafia.
Massimiliano Carbone, giovane imprenditore di 30 anni, ucciso a Locri il 17 settembre 2004.
Gianluca Congiusta, imprenditore (assassinato a Siderno il 24 maggio 2005) Sito di Congiusta.
Daniele Polimeni, ragazzo di 18 anni barbaramente ucciso a Reggio Calabria nel 2005.
Fortunato La Rosa oculista in pensione viene ucciso l'8 settembre 2005 per aver protestato per le mucche di alcuni ndranghetisti invadevano il suo terreno
Fazio Cirolla, operaio di 42 anni ucciso per errore in un agguato di 'ndrangheta a Cassano allo Jonio il 27 luglio 2009.
Domenico Gabriele, detto Dodò, bambino di 11 anni ucciso per errore in un agguato di 'ndrangheta a Crotone, ferito il 25 giugno 2009, morto il 20 settembre 2009.:
Filippo Ceravolo, commerciante di 19 anni, ucciso per errore in un agguato di 'ndrangheta a Pizzoni il 25 ottobre 2012.
Marco Puntorieri, ragazzo reggino legato alla criminalità cittadina, viene ucciso nelle campagne di Armo da tre persone che lui stesso conosceva, il 15 settembre 2011. In seguito i killer vennero rintracciati e arrestati a causa di un video girato di nascosto dietro gli alberi, da una persona che non si fece mai identificare.
Roberto Straccia, scomparso a Pescara nel dicembre 2011 e trovato morto ad inizio 2012 a Bari. Ucciso per uno scambio di persona da killer provenienti da Mesoraca.
Cocò Campolongo, bimbo di tre anni viene ucciso carbonizzato a gennaio 2014 insieme al nonno Giuseppe Iannicelli e a Ibtissa Touss mentre erano in un furgone a Cassano.
Ján Kuciak, 28 anni ucciso il febbraio 2018 ucciso con un colpo di pistola con la fidanzata Martina perché ha fatto un'inchiesta tra trattative tra lo stato slovacco e la 'ndrangheta
Giorgio Barresi, 42 anni agente immobiliare ucciso il marzo 2020 è stato trovato ammazzato con colpi di pistola in Canada .
Non sempre Reggio di Calabria in passato è stata coacervo di venditori del nulla e di banditori del niente se pensiamo che già nel 1475 vi fu pubblicato e stampato persino uno dei primi libri in ebraico . Si trattava di un commento al Pentateuco scritto da uno studioso conosciuto col nome di Rashi, nato in Francia nel 1040, formato nelle accademie ebraiche tedesche, studioso di grande valore e presto leader religioso della comunità ebraica francese più importante. Viene da chiedersi perché un commentario meritò questo grande onore che diede , tra l’altro, molto lustro alla città dove fu editato. Esra Shereshevsky afferma che il commentario di Rashi “divenne un testo fondamentale nelle case degli ebrei e nelle scuole rabbiniche. Nessun’altra opera della letteratura ebraica ha mai goduto di tanta stima . . . Si conoscono oltre 200 supercommentari che si rifanno in modo diretto al commento di Rashi al Pentateuco”. — Rashi—The Man and His World. Benché molti non se ne rendano conto, il commento di Rashi alle Scritture Ebraiche ha influito per secoli sulla traduzione della Bibbia. Ma chi era Rashi e come giunse ad avere tanta influenza? Domenica Sorrenti, cultrice appassionata di storia e cultura ebraica, ce ne dà affettuosa informazione (Bruno Demasi)
Giovedì 27 Febbraio 2020, nella sala “Garcilaso de La Vega” situata all’ultimo piano del Castello Aragonese della Città Metropolitana, si è svolto un importante convegno dal tema: Reggio Calabria ed il Commentario al Pentateuco di Rashi”; contemporaneamente, al piano terra, è stata allestita la mostra permanente “Una speciale tipografia reggina”.
I lavori sono stati moderati dalla giornalista Anna Foti, appassionata di Cultura Ebraica, alla presenza di un folto numero di persone, richiamate dallo spessore culturale dell’evento. La giornalista, nella sua introduzione, ha considerato l’evento un importante segno di apprezzamento e di pace con un popolo presente sul territorio da molti secoli, che ha abitato nell’antico quartiere ebraico, la Giudecca, e si è distinto per il contributo dato alla prosperità dei luoghi grazie alle arti, ai mestieri e alla professione medica, prima della loro dipartita forzata avvenuta con l’editto di Napoli del 1510.
Appena venticinque anni dopo l’invenzione della stampa a caratteri mobili ad opera del tedesco Johannes Gutenberg, gli ebrei reggini, a motivo della fervida attività esistente in quei luoghi, riuscirono a trasferire nella città un’attività di stampa.
L’editore tipografo Abraham ben Garton, nel mese di febbraio del 1475, poté stampare il “Commentarius al Pentatheucum” scritto da Rabbi Shlomo Yitzaqi, rabbino francese, meglio conosciuto con l’acronimo Rashi, רש"י, uno dei più famosi commentatori della Torah, libro sacro degli Ebrei che comprende i primi cinque libri della Bibbia dei Cristiani. Dei trecento esemplari allora stampati si ha contezza di uno solo, conservato in Italia, presso la Biblioteca Palatina di Parma, volume composto da 116 fogli, con caratteri rabbinici di forma occidentale.
Il Commentario di Rashi (Troyes, 22 febbraio 1040 – Troyes, 3 luglio 1105) ha il grande pregio di essere il fulcro dello studio ebraico contemporaneo e serve come base per lo studio dei tantissimi super commentari scritti successivamente da grandi nomi della letteratura rabbinica.
Esistono due copie anastatiche del Commentario, una conservata a Gerusalemme e l’altra conservata finora nella Biblioteca “P. De Nava”, a Reggio Calabria, mentre rimane viva la speranza di riuscire a recuperare il volume conservato a Parma per il suo giusto posizionamento nella città dove è stato stampato e da cui è partito.
Il convegno, patrocinato dal Comune di Reggio Calabria, dalla Regione Calabria, dall’U.C.E.I. e dalla Comunità Ebraica di Napoli è stato realizzato grazie ai fondi F.U.C. per volontà dell’assessore alla Valorizzazione del Patrimonio Culturale, Irene Calabrò, e concretizzato in meno di due mesi grazie alla fattiva collaborazione del Direttore Generale, Giuseppe Putortì.
Quest’ultimo, nel ricordare le antichissime radici ebraiche della città che, si narra, fu fondata da Aschenez, pronipote di Noè, ha evidenziato la volontà di puntare sul recupero di quel pezzo di storia legato alla tipografia reggina per il successivo grande valore assunto dalla stampa del Commentario con l’intento di far crescere queste radici, condividendo il patrimonio culturale come uno scrigno aperto a tutti.
Ha portato i saluti per le Comunità Ebraiche, Ivana Pezzoli, in rappresentanza del marito Roque Pugliese, referente per la Calabria, ed ha ringraziato il Sindaco e l’Amministrazione Comunale per la scelta di portare l’attenzione collettiva sull’opera di Rashi, il quale ha saputo cristallizzare il proprio pensiero in un testo fruibile a tutti.
Nel ricordare che il convegno ricade, secondo il calendario ebraico, il 7 del mese di Adar del 5780, data in cui ricorre l’anniversario della nascita di Mosè, ha affermato che il mese di Adar è un tempo di gioia per la celebrazione della festività di Purìm che ricorda la regina Ester, una delle donne più importanti della Bibbia in quanto riuscì a salvare il suo popolo dalla strage organizzata da Amman, intenzionato a far sterminare tutti gli Ebrei che si trovavano in Susa e nelle province di Persia e di Media, sotto la guida del re Assuero.
La soprintendente Archivistica della Calabria, Ada Arillotta, ha puntualizzato che l’Archivio Storico del Comune e la Biblioteca non solo conservano e tutelano ma sono anche deputati a valorizzare il grande patrimonio che custodiscono ed ha ricordato che la copia anastatica venne preparata nell’anno 2006, grazie all’iniziativa di uno studioso e alla sensibilità del sindaco pro tempore.
Ha portato i saluti dell’Amministrazione il sindaco Giuseppe Falcomatà, ha ringraziato, in modo particolare, l’assessore Calabrò, il dirigente Putortì e quanti hanno profuso il loro impegno nella realizzazione del progetto culturale, impegnandosi nel recupero di parti e pezzi di storia della città meno conosciuti, continuando un percorso di apprezzamento iniziato da diverso tempo, teso ad irrobustire e consolidare l’antica amicizia con il popolo ebraico. “Ciò che è successo può ripresentarsi - ha ammonito - serve un percorso culturale di conoscenza, un percorso educativo, serve che la mostra sia aperta, sia fruibile e frequentata soprattutto dai più giovani affinché comprendano cosa siamo stati, ciò che dobbiamo essere e cosa dobbiamo impedire”.
Ospite d’onore Debora Penchassi, responsabile culturale della Sinagoga di Lincoln Square che si trova a New York, invitata per l’occasione a portare il proprio contributo, si è soffermata sul lavoro fatto da Abraham ben Garton che ha stigmatizzato un nuovo tipo di scrittura per le pagine della Bibbia, ed ha permesso che giungesse a tutta la diaspora ebraica un gioiello di altissimo valore; lo si commemora dopo 550 anni, con una giornata storica, nel ricordo di questo unico libro salvato dal rogo. “L’ultimo capitolo della storia degli Ebrei Calabresi non è ancora stato scritto – ha dichiarato con un messaggio di speranza l’illustre ospite americana – vi porgo i più sentiti ringraziamenti per aver ricordato che la comunità ebraica ha portato un notevole contributo alla cultura italiana. Poiché la storia non è stata dimenticata io sento fratellanza ed amicizia con il popolo calabrese e, parafrasando una frase di Jhon F. Kennedy quando a Berlino Ovest, il 26 giugno del 1963, concluse il suo discorso davanti una folla immensa “Ich bin ein Berliner”, io sono berlinese, la dottoressa Pinchassi ha affermato: - Io sono Calabrese!
Daniele Castrizio, docente di Numismatica presso l’università di Messina, ha ricordato che Reggio Calabria, Vibo Valentia e Bova erano i maggiori centri con una considerevole presenza ebraica, centri di scambi internazionali. Ha rammentato l’eccellente produzione di seta ed il vino dolce bianco che già allora portava il sigillo kasher posto dai rabbini e che oggi possiamo ritrovare nel passito di Bianco, tesi confermata dopo il ritrovamento degli stessi palmenti in Israele e in Siria.
Ha concluso la serata l’intervento dello storico Francesco Arillotta, membro della Deputazione di Storia Patria della Calabria, con il racconto di come sia stato possibile procedere alla copia anastatica o, meglio fotografica, del Commentario al Pentateuco, il più antico libro con data certa.
Quante cose ancora dovremmo sapere della nostra storia, quanto serve oggi la cultura per pacificare le menti ed i cuori, quanto ancora bisognerà lottare perché si capisca che c’è, esiste una sola razza umana e che l’impegno di ogni individuo deve essere quello di migliorare l’esistente, per una maggiore qualità della vita, per star bene con sé stessi e con i propri simili.
Gli Ebrei hanno vissuto in pace e sono stati cacciati dai nostri territori senza motivo, a noi di farli ritornare…