Ancora pochi anni fa, prima che ignoti vandali la frantumassero, sull’ingresso del forte rupestre di Fenestrelle in Val Chisone ( che la Provincia di Torino ha proclamato appena diciassette anni fa suo monumento-simbolo , ma che da tanti meridionali è considerato un antesignano di Auschwitz dove migliaia di reduci meridionali dell’esercito borbonico, se non sterminati, sarebbero stati lasciati morire di fame e di freddo), campeggiava questa lapide:
“ Tra il 1860 e il 1861 vennero segregati nella fortezza di Fenestrelle migliaia di soldati dell’esercito delle Due Sicilie che si erano rifiutati di rinnegare il re e l’antica patria. Pochi tornarono a casa, i più morirono di fame e di stenti. I pochi che sanno si inchinano”.
Per moltissimi anni
nessuno si era curato di quella lapide, ma in una mostra documentaria tenuta a Torino e dedicata ai 150 anni dell’Unità venne esposto, tra gli altri, un documento inatteso. Si trattava del presunto resoconto di un processo tenuto in fretta e furia, solo dopo pochi mesi dalla spedizione di Garibaldi al Sud, dal Tribunale militare di Torino contro moltissimi soldati di origine meridionale ristretti “in punizione” al forte.
Al di là di ogni altro elemento di discussione, mi piace affidarmi in questo caso a una rivista dalla serietà indiscussa, come La Civiltà Cattolica (Serie IV, Vol. XI, 1861, pag. 618) che ha osservato apertamente, senza essere stata mai smentita da nessuno,"Se si traesse il novero dei fucilati, dei morti nelle zuffe, dè carcerati dal Piemonte, per soggiogare il Regno di Napoli, senza fallo si troverebbe assai maggiore di quello dei voti del plebiscito, strappati con la punta del pugnale e colle minacce del moschetto...".
La stessa Civiltà Cattolica a pag. 503 osserva: "A reggere la cosa pubblica e rifare il Regno fu posto, come si sa, il sig. Silvio Spaventa, del quale si può ben dire che regna e governa… è degno successore di Don Liborio Romano e procede con mezzi molto diversi. Don Liborio avea sciolti i galeotti a centinaia e commessa loro la custodia dell'ordine pubblico; e la sicurezza cittadina, guarentita dai Camorristi, trionfava a quel modo che tutti sanno. Lo Spaventa ebbe ribrezzo di tale infamia, diede la caccia ai galeotti liberati ... Ma per farsi perdonare queste severità, procurò di offerire ogni quindicina di giorni, una bella ecatombe di realisti borbonici in sacrifizio della rivoluzione fremente”