lunedì 1 luglio 2019

L'ASPROMONTE E L'ESERCITO NERO

di Gioacchino Criaco

L’Aspromonte, la Calabria, hanno sempre amato e odiato l’Occidente, come è normale che sia quando da terra Magna ti ritrovi a essere una non terra, e ti senti più Oriente che l’Occidente dove fisicamente stai. 
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“Scusate le chiacchiere”, è un’espressione tipica del riserbo aspromontano, quando, dopo qualche bicchiere in più, si ha il timore di aver sciolto troppo la lingua e, successo o no che sia, ci si mette al riparo da eventuali frasi fuori luogo. A parlare di Calabria non si è mai certi di essere sobri, e avendo noi il vizio di tramandarci la storia parlando e mai scrivendo, non abbiamo quasi mai un appiglio cartaceo e forse un po’ di ciance le facciamo. E sarà di certo una bufala che raccontiamo quando diciamo che nel 72 a.C. l’Aspromonte diede rifugio a Spartaco e ai suoi rivoltosi che avevano sfidato il potere di Roma. Ma del resto il massiccio calabrese l’impero lo aveva già sfidato, accogliendo Annibale in fuga da Canne; lo farà ancora, dando un eremo a Papa Silvestro inseguito dal cuore ancora pagano di Costantino.

Secondo le nostre chiacchiere, l’Aspromonte è stato ostico per Roma; ma non sempre. Ha provato a essere anche indulgente; così ha aperto i suoi sentieri a Silvestro per il viaggio salvifico che guarì Costantino dalla lebbra e aprì le porte del paradiso cristiano al suo cuore convertito. É stato amorevole l’Aspromonte con l’Occidente e quando il cuore di Orlando, nella Chanson d’Aspremont, era furioso di un’ira solo aspromontana, non ancora trasformata in baldanza pirenaica dall’Ariosto, le orde musulmane di Agolante non varcarono i monti e furono ricacciate oltre lo Stretto, salvando l’Impero, diventato Sacro, di Carlo Magno. Amorevole fino alla spericolatezza è stato il cuore di Reggio, trasformandosi in porto di lancio per la terza crociata, diventando Rise, la sollevata, che salutò la partenza dallo Stretto di Riccardo Cuor di Leone, chinatosi davanti alla croce di Polsi bandita dal Turpino. Spericolata la Calabria che accolse sulle Serre Urbano III e Bruno di Colonia e diede la terra alla più grande cattedrale d’Europa e pose un baluardo invalicabile della Cristianità.. Ecco, giusto un po’ di chiacchiere per farvi capire che la Calabria ha sempre abbracciato le cause, perse, che mettevano in discussione la prepotenza dell’Occidente, e alla fine si è sempre schierata con l’Occidente quando ne veniva minata l’esistenza.

L’Aspromonte, la Calabria, hanno sempre amato e odiato l’Occidente, come è normale che sia
quando da terra Magna ti ritrovi a essere una non terra, e ti senti più Oriente che l’Occidente dove fisicamente stai. Più mulo, come da noi si chiamano i frutti illegittimi delle gonadi, che figlio. O forse non ti senti più nulla. E il rischio è proprio lì: nel sentirsi nulla. Gli attentatori di Parigi, i tanti ragazzi occidentali che corrono a frotte ad arruolarsi nelle brigate musulmane hanno in comune il sentirsi esclusi, il non far parte di una comunità, l’essere soli privi di valori unificanti. Fra le tante chiacchiere che si dicono in giro su l’Isis, una piccola, spiazzante verità è venuta da Domenico Quirico, giornalista de La Stampa e scrittore: «L’Isis dà ordine al caos». Questa frase mi ha fatto pensare a un’enorme calamita fatta passare sopra un cumulo di polvere metallica. La “genialità” dell’Isis sta in questa intuizione e la pericolosità per l’Europa sta in quella capacità di attrarre individualità deluse. Tutto questo discorso lo faccio perché da quando il terrore si è affacciato in Libia si è subito guardato al lembo occidentale più vicino a essa e si è parlato di Calabria. Ci si è chiesti se l’esercito nero possa sbarcare da noi e se ci sia un pericolo di connessione con la ‘ndrangheta.

L’argomento non è banale, anche se è stato trattato con molta banalità. É ovvio che non possa esserci un’invasione armata, come è ovvio che un’ipotetica invasione non troverebbe le falangi ndranghetistiche pronte a immolarsi per l’Occidente. Ovvio anche che le mafie hanno sempre agito da parassiti di entità statuali e non avrebbero alcun vantaggio dall’insediamento di uno Stato totalitario. Ed è ridicolo pensare ad alleanze se si ha in testa la ‘ndrangheta di cumpari Ninu o di zi Cecè. Le mafie moderne non sono più stanziali, fingono un legame utilitaristico con le terre di provenienza ma sono sostanzialmente organismi apolidi, costituiti da interconnessioni criminali estremamente late.

Le mafie attuali offrono servizi illegali alle società che ne hanno bisogno, non sono calabresi, siciliane o napoletane; sono cosmopolite, utilizzano le paure e lo spauracchio di invasioni terroristiche potrebbe fare il loro gioco. Ecco, il problema della paura terroristica potrebbe portare utili al crimine se si continuasse a parlare a sproposito creando un ruolo, fittizio, di probabile difensore; se le organizzazioni criminali decidessero di mettere in atto attività caotiche; se non si capisce che la ‘ndrangheta che si insegue non esiste più ed è già altro. Si è parlato anche di possibili adesioni all’Isis dei giovani calabresi. E neanche questo argomento è banale in una regione con la disoccupazione giovanile piena, con un tessuto sociale disgregato dall’egoismo del modello capitalistico occidentale ma senza le sue prebende.

Non bisogna negare che da noi esiste un odio contro un’Italia e un’Europa da cui spesso ci siamo
sentiti esclusi. Non bisogna negare che molti di noi non si sentano italiani. E basta guardare fuori dalla finestra per vedere la disperazione calabrese. Ecco, ancora, questa è la situazione ideale perché il vuoto si riempia di materiale sbagliato, che se vogliamo è lo stesso materiale di cui si compongono le mafie, la linfa che ne ha gonfiato le schiere. Fino a ora, nel passato, la Calabria ha sempre scelto, alla fine, di stare a Occidente e di difenderlo. E questo è quello che penso, l’Aspromonte è un mulo e i muli spendono la propria vita per dimostrare al proprio padre quanto essi siano migliori dei figli legittimi. E anche i figli dell’Aspromonte sono muli e hanno teste talmente dure impossibili da penetrare; e nonostante questo Occidente sia per molti versi inguardabile non ci saranno barbe islamiche in grado di abbattere il Monte Lucente, come non ce ne sono mai state.