venerdì 26 aprile 2019

LA POESIA E LA SCUOLA DI MARIA ROSA GRILLO

 di Bruno Demasi

     Sono convinto che la civiltà della Piana debba molto alle tante  persone che , come Maria Rosa Grillo,  hanno vissuto sulla propria pelle la missione dell’insegnamento nelle realtà più marginali e difficili senza ricerca di blasoni o incarichi di prestigio o riconoscimenti che non fossero quelli con cui tanti bambini, tante madri e tanti padri di questa terra sapevano dirti solo con gli occhi il loro muto e affettuoso Grazie.
    Non è nuova questa donna alla riflessione sulla Scuola: a lei dobbiamo un prezioso e dotto saggio storico/pedagogico pubblicato qualche anno fa dalle Edizioni Armando col titolo “Il Maestro: umanità e saggezza”. Volume imprescindibile ancora oggi per chi voglia avere un quadro chiaro ed esaustivo del lavorìo di pensiero, di ricerca e di azione che ha visto trasformarsi e affinarsi nei secoli la figura dell’educatore. Volume ricchissimo di echi e di suggestioni di pensiero nel tratteggio superbo e sobrio delle grandi figure pedagogiche del passato e specialmente degli ultimi due secoli. Volume molto spesso consultato , usato a piene mani e citato oggi in moltissimi lavori di ricerca a livello universitario e accademico, che onora silenziosamente gli Oppidesi e tutti coloro i quali amano definirsi persone “di scuola”.

    E non è neanche nuova alla poesia – quella vera - da lei coltivata da sempre in maniera umile , com’è nel suo stile di vita sobrio e serio a ogni costo e com’è stato nel suo lavoro tanto riservato e sereno quanto efficacissimo di insegnante. Solo oggi però, sollecitata da tanti, Maria Rosa Grillo ha trovato finalmente il coraggio e la determinazione per riunire una corposa selezione delle proprie liriche – sono 110 - in un"Antologia Poetica", un  volume molto curato edito da Aracne, che reca in appendice alcune pregevoli liriche della madre dell’Autrice , Maria Barletta, a sua volta grande esempio di insegnante, di cui su questo blog è stato già scritto qualcosa ("La bella scrittura di Maria Barletta- 18 giugno 2015)

    Quelle di Maria Rosa Grillo sono liriche che spaziano su un arco temporale di composizione molto lungo, almeno dagli anni Settanta ad oggi e tracciano un’evoluzione di pensiero e di esperienza decisamente singolare, ma anche la stabile sensibilità di un animo che ha fatto degli amati studi prima, del lavoro di insegnante e della ricerca pedagogica poi, uno tra gli scopi più importanti dell’esistenza.
    Ed ognuna di queste liriche ne è testimone.
    Ella stessa afferma nella scarna presentazione “ Mi guardo dentro e tento il dialogo con la parte più vera di me, con la voce e i silenzi dell’anima, perché sono l’anima e il suo mondo che io cerco, spazio ideale in cui posso immaginare, desiderare, ricordare…”
    Una dimensione poetica volta a capire, a interrogarsi, a scoprire il valore e i valori dell’esistenza in maniera quasi silenziosa, sgomenta davanti alla bellezza dell’Universo e della storia umana. Quasi un valore aggiunto a quello della poesia intesa soltanto come contemplazione o, peggio, come semplice esercizio di composizione di parole in libertà di cui oggi esondano gli scenari poetici
    Maria Rosa Grillo invece nella sua corposa e suggestiva antologia di versi sperimenta una serie di linguaggi poetici mai casuali – ed è senz'altro ciò che la distingue - che si adattano a tutte le occasioni liriche e si presentano sempre simili, ma mai uguali: c’è il linguaggio della descrizione, quello della narrazione, quello del ricordo, quello del dubbio, quello della preghiera. 
   Una versatilità di immagini, di suoni, di parole che diventa spesso virtuosismo anche metrico , rende scorrevole il verso , crea sensazioni sempre inedite…
          C’era una volta una vita 
ch’era fanciulla e non sapeva
 ma crescendo imparava i primi passi,
 le prime parole, i primi giuochi,
 il primo pianto, i primi errori 
ed erano gioia quasi sempre.
 C’era una volta e non importa
 se è lungo o breve
 il tempo che è passato.
E’ cresciuta intanto quella vita
 imparando altri passi,
 altre parole, altri giuochi, 
altro pianto, altri errori…
Ed erano sempre più lontani
 quel tempo e quella gioia… 
    E’ la lirica di esordio nella raccolta, che contiene come in un dna tutti i temi e le sensazioni che animano questa antologia non certo improvvisata. Direi anzi vissuta e sofferta, come ci testimoniano alcune liriche da leggere e ponderare bene: Il tempo, Il Buio, Crederò, E la chiamano vita, che tracciano i confini di un percorso interiore non banale e non egoista, caratterizzato da profondi interrogativi e da risposte conquistate pezzo a pezzo. Con sofferenza.
    Anni e anni di mestiere scolastico hanno affinato fino in fondo la sensibilità dell’Autrice, il suo trasporto verso i valori del Bello che salva la Storia e del Buono senza sfumature di grigio, ma anche verso i temi sociali che nutrono la dialettica tra insegnante ed alunni di cibo per la vita. Ne è segno eloquente la lirica “Libertà”…

Ogni volta che è negata,
 che è tradita,
 che è insultata, 
fino a tardi è ancora attesa.
 Nel suo nome tutto quanto, 
lotte, grida, sofferenza,
 ogni giorno conquistata,
 annullata, rinnegata.
 Grande sogno senza fine
 avverato, cancellato,
 grande nome in ogni tempo, 
pronunciato, sottinteso.
 Tutto chiede, tutto prende, 
vita, morte, giovinezza,
 trovi sangue alle ferite
 ogni volta che la cerchi, 
che la insegui, 
che la chiami ‘libertà’.
   E quale successo più grande per l’insegnante, per la scuola tutta, avere insegnato all’alunno la Libertà e la tragica verità del mondo:
 Chi ha vinto
 conta più di chi ha perduto – sai? –
 Più di chi non ha pane, 
più di chi non ha nulla… 
avere insegnato a riconoscere l’ipocrisia
 e a detestarla :
 Ho udito parlare di giustizia 
coloro che ingannano…
ho ascoltato parole di pace
 dalla bocca dei violenti…

    Ci sono risonanze nuove e antiche nei dialoghi :
Mostrami la tua ricchezza e il tuo potere
 o terra, 
ogni volta che prendo il tuo cibo
 impastato col sudore 
di mille e mille corpi stanchi.., 
una capacità di sintesi non comune e tuttavia spontanea, un rigore logico che non disturba la musicalità del verso e la corposità del pensiero e degli affetti, come nella lirica dedicata alla madre che in tanti vorremmo prendere in prestito:
 A te non si addicono parole: 
tu le sovrasti tutte.
 Fra tutti i pensieri
 pensiero alto.
 Sei quel che ho, 
 cerchi quel che cerco,
 hai quel che voglio. 
Tu non inganni, Tu sei il primo
 e ultimo nome. 
   Un canto alla madre che è reiterato nella preghiera a Dio, strana, irruenta, traboccante d’amore:

 Rischiarami! 
Il Tuo nome è la tua luce. 
Non darmi altro 
che la ricerca di Te,
 solo Tu puoi darmela,
 grande più del mio essere, 
più della mia Fede…!

     E, se non bastassero questi pochissimi  esempi per indurci a gustare questa raccolta , basterebbero solo alcuni  versi rivolti “Alla Poesia” per farci intendere che di quest’arte antica, quanto antica è la sensibilità buona dell'essere umano,  siamo di fronte a una feconda e vera  cultrice :

Tu conosci i moti, 
 i segreti inafferrabili del cuore,
all’amore dai voce e a ogni dolore,
 i silenzi trasformi in musica di cielo.

sabato 20 aprile 2019

DOV’E’ NASCOSTA LA VERA CROCE DI CRISTO IN CALABRIA?

di Bruno Demasi
    Non si capisce quanti finora abbiano cercato concretamente di individuare il luogo della Calabria in cui pare venga  tenuta nascosta la Croce vera di Cristo. E non si sa nemmeno a chi convenga  ancora cercarla in posti dove sicuramente non sarà mai trovata e  di cui - giusto per evitare tentativi a vuoto agli eventuali cercatori -  si potrebbe  tentare un elenco minimo: 

  • esternazioni e saggi di alcuni intellettuali nostrani che , menando vanto del loro ateismo, annaspano per difendere la   ndrangheta  e piangono calde lacrime sul fatto che la nostra povera terra sarebbe stata abbandonata dallo Stato con l’alibi dell’esistenza in questa regione delle cosche mafiose, che , secondo loro, invece non esistono e, se esistono, sono a loro volta vittime sacrificali di magistrati senza scrupoli in cerca di pubblicità; 
  • consuetudini ndranghetistiche vecchie e nuove, celebrate  come  genuine e innocenti tradizioni della  calabresità migliore;
  • accuse sibilate verso la Magistratura Calabrese, rea , secondo i nostri intellettuali - vati, di perseguitare gli imperseguitabili, nel cui dna ultimamente  sarebbero entrati – non si sa come – i crismi dell’infallibilità e della bontà a oltranza;  

  • fiumi di denaro che invece lo Stato ha mandato in Calabria ( magari soltanto per non essere accusato da nessuno di non averceli mandati) e che hanno preso tutti direzioni sconosciute dividendosi magicamente in mille rivoli per poi finire  in altrettanti conti correnti nei paradisi fiscali ;
  • poveri di vario colore della pelle,  capitati qui non certo  per caso, frodati  persino di un boccone di pane, malgrado l'abbonanza di  Papà o Mamme Africa,  sfruttati scientificamente  come numeri di un immenso castello di carte destinato a produrre denaro; 
  •  letti d'ospedale  per occupare i quali bisogna avere la stessa fortuna della vincita di un terno al lotto;
  • acrobazie eleganti  della maggior parte dei politici locali sempre pronti a lanciarsi sul carro del vincitore di turno designato dall’alto delle logge…
  •  miliardi consumati in opere pubbliche rimaste allo stato larvale di buco fine a se stesso, come quelli che graziosamente adornano ciò che resta delle strade;
  •  scuole in cui si perpetua l’arte del disimparare per non rischiare mai di far ragionare con la propria testa le ultime generazioni di giovani alla ricerca del caporione di turno...
  • esaltazione dell’inutile, del brutto, del vacuo e del superfluo;
  • sotto i mantelli e gli orpelli di tanti uomini e donne "di chiesa" poco inclini ad accogliere chi non lo è, sempre più gelosi e golosi delle loro prerogative.
      Sui luoghi  più probabili in cui la vera Croce di Cristo potrebbe ralmente nascondersi giungono invece segnalazioni sempre più flebili e sussurrate.

    Forse occorrerebbe cercarla nelle spine in cui si dibattono le persone che non hanno la fortuna di essere intellettuali, ma hanno sicuramente quella di essere oppresse dall’ingiustizia e dallo strapotere mafioso che oggi riesce perfino ad autocelebrarsi ed autoassolversi in tanta sociologia e in tanta letteratura alla moda.
    Forse nelle gambe  stanchissime e malferme di chi se n’è andato a cercare lavoro  altrove.
    Forse  nelle mani dure e callose dei pochi testardi rimasti.
    Forse nella voglia 'colpevole' di chi si illude ancora di poter invocare giustizia e onestà.

  Non è dato saperlo, comunque è  sempre più difficile cercarla, tremendamente difficile e urgente trovarla .
   Perché senza la Croce Vera non ci può essere Vera Resurrezione.
 Per nessuno!