Su Barlaam, come su altri grandi esponenti della splendida cultura greca trapiantata su queste terre anche in epoca bizantina, sono state scritte e rimasticate molte cose, e non sempre a proposito. Mi sembra dunque doveroso, oltre che avvincente, ritornare , con la guida meticolosa di Michele Scozzarra e con calma e attenzione, su uno studio molto documentato, obiettivo e razionalmente critico pubblicato dallo studioso Domenico Mandaglio, nel quale la figura di questo pilastro portante, e non solo della nostra cultura, viene restituita alla sua dimensione storica e culturale più genuina (B.D.)
di Michele Scozzarra
Una testimonianza concreta e avvincente, da
quel capitale prezioso quanto inesplorato, che si chiama “medioevo” che, oggi
più che mai, domanda di essere ri-conosciuto per poter ri-scoprire, nei giorni
nostri, una unità di valori, una comunione di intenzioni e di identità, ci è stata presentata con la pubblicazione di uno studio efficacissimo su Barlaam,effettuato da Domenico Mandaglio, concepito come un’opera di sintesi delle copiose ricerche che
l’Autore ha condotto su Bernardo Massari, meglio noto come
Barlaam di Seminara, e come una introduzione appassionante a tutta l’epoca
medievale.
Il libro ha un preciso taglio: è centrato
sulle tensioni spirituali e intellettuali, in un preciso periodo circoscritto
al secolo XII, soprattutto quando “Barlaam di Seminara, conosciuto come
primo vescovo di Gerace e maestro di greco di Petrarca e Boccaccio, ha legato
il suo nome alla appassionata campagna unionista portata avanti per anni, con
l’obiettivo di giungere alla unificazione della Chiesa di Oriente a quella
d’Occidente”.
Non a torto si possono intravvedere, nella
lettura del libro di Mimmo Mandaglio, dei punti essenziali sui quali l’Autore
si è particolarmente soffermato che consentono una comprensione storicamente
più “realistica” dell’intera vicenda culturale del Medioevo, di cui il secolo
in cui ha vissuto Barlaam rappresenta il “cuore” per andare al fondo della
questione: con questo libro l’Autore ha dimostrato la capacità di ri-tornare (o
di ri-dire, tanto per andare ad una citazione a lui cara!) al “cuore” del
pensiero di Barlaam, libero da preoccupazioni apologetiche, da nostalgie
strumentali o da imposizioni di mode culturali che vogliono vedere il Medioevo
solo con l’etichetta ormai stereotipata di “secoli bui”, ed ha contribuito a
portare un approfondimento antropologico e ontologico di vitale importanza per
l’uomo dei nostri giorni, che ancora ha il coraggio di interrogare a fondo la
realtà della storia quotidiana che vive.
C’è un complesso di ragioni che mi
fa apprezzare l’importante opera del
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Mandaglio su Barlaam, dove oltre alla
conoscenza di un monaco famoso per le sue conoscenze in tutti i rami del
sapere, al quale non a caso fu affidata una cattedra all’Università di
Costantinopoli, l’Autore dimostra una approfondita conoscenza del pensiero
medievale, dei suoi valori e di tutto un contributo e un apporto spirituale e
culturale che si presenta, nel Medioevo così come ai nostri giorni, come una testimonianza
concreta ed avvincente che ha saputo dare un incremento notevole alla civiltà
nella quale viviamo. Una cosa che mi ha particolarmente affascinato, durante la
lettura del libro, è l’indagine che partendo dal monachesimo va ad approfondire
altri aspetti della civiltà medievale, alla ricerca di dati obiettivi che si
contrappongono a tutti quei luoghi comuni stereotipati che presentano il
Medioevo come “il tempo dei secoli bui”. Sotto questo profilo, l’Autore svolge
un accurato, quanto appassionato, studio che contribuisce a far mutare
radicalmente il concetto che in tanti, talvolta in maniera inconsapevole,
sostengono che “Medioevo” è sinonimo di epoca di ignoranza, di abbrutimento, di
sottosviluppo.
Nelle pagine del libro si vede, anzi si tocca con mano, la cultura monastica
nella quale si è formato Barlaam, in esso è raccontata proprio una visione del
monachesimo improntata all’amore della cultura e al desiderio di Dio: questa è
l’essenza della cultura monastica assimilata, e poi trasmessa, da Barlaam nel
suo peregrinare nei tanti monasteri e conventi che ha avuto modo di frequentare
nella sua vita, compreso il Convento di sant’Elia di Galatro, dove ha compiuto
i suoi studi presbiterali con i monaci greco-bizantini.
Attraverso lo studio, il lavoro e la
cultura di monaci come Barlaam, dal Medioevo chi è stato tramandato un grande
patrimonio di civiltà e anche delle grandi testimonianze di fede: si è sempre
sostenuto, infatti, che i monaci, anche se non parlavano, predicavano, perché
offrivano l’esempio di una vita in pace con Dio, di fronte a momenti di grandi
turbamenti, di guerre, di contrasti, di cui pure il medioevo fu pieno.
Parlando con Mimmo Mandaglio, ho voluto
porre delle domande, per capire meglio questo suo impegno che lo ha portato
alla pubblicazione di questo bel volume su Barlaam.
Perché
hai voluto impegnarti in un libro proprio su Barlaam?
Ho letto tanto su Barlaam, ma ti posso
assicurare che non ho mai trovato un libro completo, organico, sistematico in
grado di fare luce e spiegare bene chi era questo grande figlio della nostra
terra. Per questo mi sono messo al lavoro, raccogliendo articoli, accenni,
conferenze fatti da persone che, nel corso degli anni passati, avevano cercato
di trattare la figura di Barlaam. Ho raccolto tanto materiale e, dopo averlo
approfondito con ulteriori e più attenti studi, ho capito che potevo mettermi
all’opera per far conoscere, in un lavoro sistematico e completo, una
fisionomia sconosciuta di Barlaam. Ho cercato di esplorare tutti gli aspetti
dalla sua grande cultura, a cominciare dall’ambiente monastico nel quale ha
vissuto, e mi sono potuto rendere conto che l'ambiente monastico di fine
Medioevo in Calabria era degno dei più grandi centri culturali d'Italia. Noi
siamo abituati di ripetere quello che ci hanno insegnato, canonicamente, a
scuola, cioè che le città toscane o umbre sono state la culla di tutta una
civiltà che attraverso l’impegno e cultura dei monaci ha lasciato un forte
segno all’ambiente. Ecco, io penso che, per quanto ci riguarda, anche se si è
approfondito poco questo periodo, e la Calabria è stata vista solo come punto
di passaggio per la Sicilia o il Nord d'Italia, secondo me, invece, la nostra
terra era un posto saturo di sapienza sia sotto l’aspetto linguistico (lo studio
del greco innanzitutto), sia per i numerosissimi monasteri basiliani che erano
punti di divulgazione di grande cultura. Ecco, nel mio libro, mi sono adoperato
a rappresentare questo'ambiente sociale, storico, politico e culturale, perché
ritengo che la Calabria abbia rappresentato per tante persone un punto di
passaggio, ma per i greci fu un punto di arrivo.
Il nome di Barlaam è legato
soprattutto al suo impegno per l’unione della
Chiesa orientale con quella
occidentale: Barlaam, a mio avviso, è stato grande per la sua oculatezza ad
impegnarsi per l'unione della Chiesa di Oriente a quella d’Occidente, tanto da
dedicare la sua vita a questo importante compito, cercando di percorrere tutte
le strade diplomatiche, in vista della fondamentale importanza dell'Unione dei
cristiani. Tutto questo per vari motivi: per motivi politici, religiosi, capaci
di dirimere le discordie tra cristiani, dovute più a inezie che a motivi
realmente seri. Da buon calabrese cocciuto, Vere calaber, lottò fino alla fine
con l'arma della sapienza e dell’intelligenza ma, soprattutto, con l’arma del
buon senso, mettendo a tacere orgoglio e superbia pur di raggiungere il vero
scopo a cui tendeva il suo impegno. Ho voluto esporre nel libro le sue opere
che servirono per le lezioni all'università in Grecia, le sue invettive che
erano più di difesa o di giustificazione e, infine, ho esposto i suoi
interventi di fronte al Papa, finalizzati a convincerlo ad andare in aiuto ai
fratelli greci. Su questi temi Barlaam intervenne dicendo cose grandi dal punto
di vista teologico ma, soprattutto, ha preveduto con molto acume quello che
poteva succedere in Oriente, cioè una catastrofe culturale, religiosa e
politica con enormi martiri... Così come successe, in seguito, con le invasioni
turche.
Un bel libro su un grande
calabrese… come mai pubblicato a Ravenna?
Ho voluto fare un glossario per
esprimere al meglio il linguaggio usato, cosa che per me è molto importante. Il
professore Enrico Morini dell'Università di Bologna, che è uno dei più grandi
esperti di storia romea, è stato entusiasta del mio lavoro, così anche Mario
Agostinelli professore di filosofia a Ravenna. Il libro l'ha voluto pubblicare
Claudio Nanni di Ravenna perché Ravenna fu la culla della cultura bizantina in
Italia. Queste tre queste persone che ho appena citato, sono di una sensibilità
culturale veramente molto grande, con una umanità enorme, ed io li voglio
ringraziare veramente tanto. Questi sono i veri motivi per cui ho scritto
questo libro, cioè il volere dedicare la mia attenzione su qualcosa di cui vale
la pena scrivere, evitando di andare dietro alle pubblicazioni che oggi vanno
di moda o che portano soldi. A me, sinceramente, interessa la cultura, non i
soldi.
Complimenti Mimmo per il bel libro… in
mezzo a tanta crisi di valori, il
compito degli studiosi seri è quello di
riuscire, nel buio della crisi che ci pervade da più parti, a fare continuare a
splendere una luce, magari una piccola luce come quella di un accendino, ma
sicuramente diversa dall’oscurità che cerca di avvolgerci. E la tua opera
contribuisce a portare una piccola luce già sperimentata, esattamente come
quella che brillava nei monasteri, dove uomini normali mostrarono possibile la
stabilità di un mondo travolto da irrefrenabili migrazioni, mostrarono la
fraternità in mezzo alla violenza, la costruttività alternativa al crollo di
tutto.
E, ti assicuro che poco importa se i professionisti della politica diranno che
è un’illusione e gli intellettuali che è un’ingenuità. Resta il fatto che quei
monaci hanno costruito, senza neppure pensarci, una civiltà.
E a te, con il tuo libro, va il merito di
continuare a rendere quella luce ancora viva nei nostri giorni…