venerdì 31 maggio 2024

MUSICA, ARTE E POESIA A OPPIDO MAMERTINA ( di Rocco Liberti)

    Ecco una rievocazione molto eloquente del fervore artistico e culturale  registrato in Oppido Mamertina nel secondo dopoguerra, e in particolare negli ultimi decenni del Novecento, col protagonismo non casuale del mondo della scuola e della Chiesa. Entrambe queste agenzie di grande partecipazione sociale ed educativa furono infatti al centro di tante iniziative utili non solo ad elevare  un patrimonio di cultura fine a se stesso, ma ad imprimere a tutte le azioni  aggregative  un forte impulso di emancipazione sociale con ricadute notevoli sul tessuto civile del paese e dell’intero comprensorio. Una grande fioritura, per alcuni versi proseguita nel primo decennio di questo nuovo secolo, che ancora una volta  è mirabilmente narrata e documentata in questa pagina, in cui molti si ritroveranno,  dal professore Rocco Liberti, spesso diretto protagonista di tante e importanti iniziative che richiamarono come non mai  su questa falda di Aspromonte nomi di primissimo piano della cultura e dell'arte calabrese ed extracalabrese. Non è eccessivo affermare che tale risveglio prendeva in buona  parte le mosse anche  dal cosiddetto “Tempo pieno” realizzato  con lungimiranza nelle scuole elementari già negli anni Settanta, poi seguito a ruota dal “Tempo prolungato”, realizzato alcuni anni dopo nelle scuole medie: due esperienze generose, smarrite negli anni successivi, che hanno dato a varie generazioni oppidesi un tipo di formazione molto pregnante e ricco. Come non essere grati al professore Liberti per questa commossa rievocazione e per quanto egli, in prima persona, si è speso per l’elevazione del proprio paese? (Bruno Demasi) 

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    Finita nel peggiore dei modi la cosiddetta era fascista, che, tutto sommato, nelle comunità aveva portato cultura e amore per la scuola, si è sicuramente stentato parecchio prima di rendersi conto ch’era tramontata un’epoca e si era avvicendata altra e ognuno aveva l’opportunità di esprimersi senza alcuna spinta. Comunque, anche se con indirizzo programmato al compimento di scopi prefissati, detta aveva consentito ai ceti meno abbienti e poco acculturati di ritrovarsi in seno alla società e di agire in modo multiforme. Lo sport in generale, ma soprattutto il calcio, il cinema, le recite, le operette, le colonie estive, che si erano presto rivelate una decisa attrazione di massa, avevano spinto gli adolescenti verso nobili interessi. Ma, conclusa così tragicamente quella fase, ce n’è voluto perchè ci si indirizzasse a un diverso modello. Ad avviare a difformi orizzonti, più che la pletora di partiti politici rispuntati fuori dal disastro, si è proposta la Chiesa con tutte le sue istituzioni, in testa quante facevano breccia nel laicato. 

    Le associazioni di azione cattolica, benchè tenute compresse dal regime, hanno esercitato un ruolo determinante tra la popolazione. Uomini, donne, gioventù maschile e femminile, aspiranti si sono palesati il nerbo per ricostituire un accettabile modulo di vita. Quanti non hanno richiamato le rappresentazioni dei giovani cattolici e dei seminaristi in antecedenza nel refettorio oggi saloncino per intrattenimenti e quindi in quel gioiello ch’è il salone della Comunità originato dal fervore del vescovo Canino! Da quest’ultima struttura siamo transitati un po’ tutti applicandoci in ogni senso. 

  Pure le suore dell’Orfanotrofio Femminile Germanò vi si ritenevano impegnate. Ho memoria della buona suor Eudosia e di suor Giacinta. E c’era sempre nella buca del suggeritore colui ch’era l’anima di ogni iniziativa, mons. Blefari. Non è mancata purtroppo qualche nota stonata come l’accanimento del presule avverso la ripresa del cinema. Si pensi che nel terzo decennio del secolo il cinema muto Mamerto con i momenti teatrali proposti da compagnie siciliane aveva furoreggiato e che solo la contrarietà di qualche gerarchetto locale aveva convinto il proprietario a chiudere i battenti. Naturalmente, largo favore godevano le prediche in chiesa nelle occasioni speciali allorquando si avvicendavano predicatori che attiravano un gran numero dei paesani. Spesse volte le immense navate della cattedrale erano letteralmente occupate da fedeli e curiosi. Notevoli le serate con oratori di vaglia sacerdoti e laici, politici e non, provenienti da più luoghi nel frangente del Congresso Mariano aperto da mons. Raspini nel 1954. Ad ascoltare i grossi calibri arrivavano da ogni angolo della diocesi e oltre. Talvolta si è esagerato. Penso chiaramente a quando un gruppetto di monaci venuto a predicare per la settimana di Pasqua, ha preso letteralmente d’assalto i circoli ricreativi esortando poco civilmente tutti a portarsi in chiesa. Peraltro, essendo per lo più di origine napoletana, il loro dialetto e la foga manifestata non li hanno minimamente aiutati.

     Passati nel 1944 dal cinema muto “Mamerto” al cinema sonoro “Italia” ed emancipatasi la gente che ne aveva abbastanza di imposizioni e consigli piovuti dall’alto, le persone hanno scoperto la passione per i films e compagnie di vario orientamento hanno calcato di tanto in tanto il palcoscenico. Ne hanno approfittato talora i giovani oppidesi, che hanno dato vita ad attive filodrammatiche. A un certo punto negli a. 50 nel paese ha fatto capolino la cultura e una serie di appuntamenti sugli scrittori più rilevanti della letteratura calabrese ha avuto luogo per suggerimento di mons. Pignataro. Si sono avvicendati i giovani studenti che a lui tenevano bordone, da Maisano a Frisina a Vadalà. Era un vero e proprio risveglio da un letargo protrattosi a lungo. Si è rivelato senzaltro una piacevole attrattiva, ma non è andato più in là. A far la parte del leone nell’interesse collettivo sono rimasti comizi e sermoni. A pensare a un riavvìo culturale si alternerà di bel nuovo la scuola primaria, ma a darvi manforte sarà l’impulso dispiegato da dirigenti sopraggiunti dall’esterno. Non ho mente per altre peculiari idee maturate negli a. 40-50 per cui dovrò necessariamente partire da quando mi sono inserito nel solco dell’insegnamento.
   
   Rientrato dal Cosentino nel ’67, dopo un anno alla Ferrandina sono passato al plesso centrale e vi ho trovato un gruppo di maestri bastantemente impegnati, alcuni addirittura lo erano già quando io frequentavo da alunno. Il direttore era Pasquale Albanese di Rizziconi. Dietro suo stimolo, la scuola, nel nuovo grande plesso dove agiva un’ampia sala provvista di palcoscenico, si è espressa variamente con spettacoli e convegni. Pervenuto nel 1969 Giovanni Garreffa di Molochio, si è dato quindi il via a un filone proficuo di avvenimenti rinverdendo i trascorsi fasti. Col 1970 nei vani dell’ex-Poa, divenuta sede del CSEP, sono partite numerose iniziative. Oltre a un corso di tipo popolare ne ha funzionato ulteriore di orientamento musicale, che, diretto dal maestro Don Vincenzo Tropeano on l’ausilio di collaboratori tra cui il prof. Paolo Cosmano, ha indirizzato all’arte del suono tante giovani leve. Nel 1972 è entrata in gioco la scuola a tempo pieno, per cui i piani di genere formativo si sono moltiplicati. Già due anni dopo, nel 1974, i ragazzi hanno rappresentato una iniziale operetta, Cenerentola, con Francesco Mittica, Mariella Liberti e tanti altri. Nel 1976, propositore Sebastiano Maisano, si è ridato vita all’operetta “La voce del cuore” del concittadino Muscari, che ha riscosso notevole successo. Tra gli alunni attori-cantanti Gigi Carrano, M. Liberti, Rosellina Gioffrè, Salvatore Rugolo, Mimma Mazzagatti. Particolarmente attivi nell’allestimento i colleghi Gino Loria di Delianuova per la recitazione e Concetta Pastore per le musiche. Distaccato dalla scuola con incarico al CSEP, oltre alla collaborazione esplicata per l‘operetta, nel 1975 ho dato il la a delle conferenze dibattito invitando ad offrire relazioni in merito alla cultura calabrese diversi cultori come Sharo Gambino, Giuseppe Punturi, mons. Pignataro, mons. Blefari. In pari tempo vi viene installata “Radio Mamertina” (29 gennaio 1977) creata e sostenuta da una schiera di volenterosi ed ogni espressione è irradiata via etere. Ben accolta dalla popolazione, è stata seguita fino alla sua liquidazione.

  Il 1977 ha visto la realizzazione di due qualificanti proposte. La prima ha riguardato una “Mostra di Arte figurativa” dedicata allo scultore oppidese Salvatore Albano. Alla prof.ssa Raffaella Frangipane, direttrice della rivista d’arte Brutium, ha tenuto dietro la consegna dei premi ai vincitori tra 81 competitori divisi per settori. Ai primi posti sono risultati Rosamaria Buda con “Cattedrale nel deserto” e Angela Ruffa per “Raccoglitrici di ulive”. Del prestigioso artista se ne verrà a trattare ampiamente nel 230° anniversario dalla morte il 12 ottobre del 2023 nel salone vescovile all’insegna di “Salvatore Albano modellatore di grazia” su progetto dell’ing. Paolo Martino e del Museo Diocesano, presso cui figurerà una mostra inerente. Tanti gli studiosi coinvolti, da Giovanna Capitelli (Univ. Roma), Teresa Ruga (BBAA Catanzaro), Maria Lucia Tavella (storica dell’arte), al Soprintendente Fabrizio Sudano e alla dott. Daniela Vinci.

    Nel medesimo anno 1977, a maggio, nel teatro delle scuole elementari si è concretizzata la cerimonia conclusiva del “Primo concorso nazionale di poesia”. Tra gli 85 concorrenti alcuni dei vincitori: Annunziata Faraone di Oppido (Quando me ne andrò), Franco Lo Schiavo di S. Nicola Arcella (O Signore), Immacolata Olivieri Toma da Reggio Cal. (Tu non conosci il sud), David Donato da Pizzo Cal. (‘A pigula), Salvatore Filocamo da Locri (U mpernu sup’a terra). Presenti tra gli altri il ministro Dario Antoniozzi, i consiglieri regionali Chiriano e Laganà, lo storico Gustavo Valente (ha informato su “Arte e cultura per la crescita dei popoli”), il poeta Mario V. Careri e lo scrittore Giuseppe Berto, che siamo andati direttamente a scovare nel suo eremo sul mare a Capo Vaticano e che poi si è espresso simpaticamente con un libricino: “Intorno alla Calabria” (Vibo Val. 1977). Ecco quanto a proposito ha messo in Appendice: “Nel maggio scorso mi capitò di assistere alla premiazione del Primo Concorso Nazionale di Poesia 1977, in Oppido Mamertina, presente il Ministro del Turismo S. E. On. Dario Antoniozzi. Molti i concorrenti, numerosi i premiati. I lavori premiati essendo stati dati in precedenza alle stampe, e avendoli io letti, rimasi colpito da due componimenti di due bambine delle elementari. Secondo me essi non solo erano graziosi in sé, ma anche esprimevano delle istanze diverse da quelle delle generazioni precedenti che cantavano Calabria mia, negletta e abbandonata e Questa terra di dolore e fame. Le due piccole concorrenti non rientrarono, com’è giusto, nel folto lotto dei premiati. Io feci qualche tentativo per ottenere che esse venissero chiamate a leggere i loro componimenti. Non si potè: i discorsi da pronunciare erano importanti e prolissi, e mancava il tempo. In effetti il tempo mancava. S. E: l’On. era arrivato con un’ora di ritardo”. Le due poesie, che Berto riporta per intero, erano “Aspromonte” di Anna Maria Iaria e “La mia Calabria” di Rita Mazzagatti. Il maestro Don Vincenzo Tropeano e il coro polifonico al loro esordio hanno offerto tradizionali canti.
  
   Sulla stessa onda abbiamo fatto il bis l’anno successivo e a tenere la prolusione è stato invitato il prof. Pietro Borzomati dell’Università di Roma. Di bel nuovo con il ministro Antoniozzi e il consigliere Laganà, ma tanti altri si sono rivelati gli ospiti di rilievo, dal Provveditore agli Studi Malaspina al Prof. dell’Università di Salerno Augusto Placanica e alla Presidente della Deputazione di Storia Patria per la Calabria prof. Maria Mariotti. La premiazione dei vincitori avviene nell’appena collaudato Teatro Comunale Mamerto. Stavolta si son rivelati in ben 117. Il tutto è stato ancora confortato dai canti del Coro Polifonico. Tra i premiati Nino Andreotti di Fiumefreddo Bruzio, Guglielmo Crupi di Reggio, Domenico Cutrì di Ala di Trento, Franco Lo Schiavo di San Nicola Arcella, Raffaele Mangano anche lui reggino, Marisa Panato di Polistena, David Donato di Pizzo Cal., Franco Blefari di Benestare, Attilio Adamo di Cosenza. Le composizioni partecipanti ai due concorsi sono state comprese in due distinte pubblicazioni. Per l’anno scolastico 1979-80 si è dato corso alla pubblicazione di un Annuario con i nomi di alunni e maestri distinti per classi ed articoli con tema la scuola di Liberti, Maria Grillo Barletta, Biagia Puliatti Barbuto, Rosa Schepis, Rocco Rugolo e Franca Fiumanò. Nello stesso anno 1978, sempre al Teatro Comunale su richiesta di solisti della Banda Municipale, abbiamo ideato una serata contrassegnata con “Musica e poesia”. Nell’occasione, oltre all’esecuzione di pezzi musicali, si è alternata una teoria di giovani che ha declamato poesie dialettali degli autori più in voga. Tra vari, ha conseguito grande consenso “Maristella” di Mario Careri nella interpretazione di Renato Campolo, oggi ormai medico in pensione. In tanti ne hanno reclamato il testo scritto.
 
   Il 23 aprile 1982, sostenuto dalla Pro-Loco, nel Teatro Comunale è stato dato un Concerto di musica lirica e sinfonica con validi elementi della scuola musicale reggina, cui hanno concorso validamente gli oppidesi Maria Cristina Murdica, soprano, Stefano Scicchitano al violoncello e Luigi Mileto alla chitarra. Sono stati eseguiti brani di Bach, Mozart, Cimarosa, Pergolesi, Gounod, Scarlatti, Verdi, Rossini e Cilea. Nel locale il 25 aprile del 1985 si svolgerà il V convegno regionale delle scholae cantorum  organizzato e promosso  da don Vincenzo Tropeano con il coinvolgimento dei cori giunti da varie zone della regione. Negli a. 70 si farà sentire la Sezione dell’AVIS col suo Presidente avv. Giuseppe Mittica. La prima comparsa ufficiale è avvenuta il 18 maggio del 1975 e la manifestazione titolata “Raduno del donatore”, dopo l’adunata in piazza Duomo, ha avuto inizio con la S. Messa del Donatore officiata in cattedrale dal vescovo mons. Santo Bergamo. In prosieguo si è proceduto alla benedizione dei nuovi locali. Tutto è culminato nell’auditorium delle scuole elementari, dove il Presidente Regionale Prof. Domenico Comi ha intrattenuto sul tema “Gesto altamente nobile e altruistico del Donatore”. Parecchie le personalità. Tra gli altri la contessa Evelina Plutino presidente provinciale Avis e i sanitari in servizio e in quiescenza dell’Ospedale dottori Lucente, Lanucara e Madera. Ultimo atto è consistito nella consegna dei premi ai donatori benemeriti. Nel 1989 il presidente Mittica ci ha lasciati e il 9 agosto dell’anno susseguente la sezione è stata intitolata al suo nome e ne hanno offerto un vivo ricordo sempre il Prof. Comi e il dott. Francesco Arillotta. Con l’occasione abbiamo provveduto alla distribuzione di un volume da me curato comprensivo di testimonianze sulla sua vita pubblica. Il Delegato Vescovile mons. Formica ha benedetto il nuovo labaro. Succeduto al Mittica, ho indetto un convegnino (Avis-Cultura), che si è tenuto il 30 settembre del 1991 al Seminario Vescovile. Sono giunti soci inseriti nelle sezioni della Calabria (Reggio, Vibo Valentia). Ha parlato su “Volontariato oggi” il vicepresidente provinciale Vincenzo Romeo, su “La diocesi di Oppido al tempo dell’unione con Gerace 1472-1538” lo studioso sidernese Prof. Enzo D’Agostino. Il 24 giugno del 2002 al nome di Mittica è stata intitolata la scuola materna e dopo uno spettacolino dei piccoli alunni si è dato vita ad interventi tenuti, tra gli altri, dal sindaco Antonello Freno, dalla direttrice didattica Antonietta Bonarrigo, dal presidente Avis Romeo e dal vice-ministro ai Trasporti ed alle infrastrutture on. Mario Tassone. Io mi sono soffermato sul tema “Giuseppe Mittica una vita al servizio della Comunità”. Ultimo mio intervento per l’Avis al Convegno su “La genetica e le nuove frontiera della medicina” tenutosi al teatro comunale il 10 maggio 2004 con relatrice la genetista Prof. Luca Cavalli Sforza. Ha tratto le conclusioni l’avv. Giuseppe Rugolo, che già a sua volta mi aveva sostituito.

  Nonostante tutto le iniziative culturali propriamente dette nell’ultimo periodo, facendo salve presentazioni di lavori sul tema Calabria, non sono mancate. Il 9 novembre 1996 si è svolta al teatro comunale una giornata del convegno di Studi “Calabria Cristiana” organizzato dalla Deputazione di storia patria e dalla Diocesi. Nella tornata si sono avvicendati con temi vari Antonio Tripodi, Francesco Milito alla distanza divenuto vescovo di Oppido, Francesco Malgeri dell’Università La Sapienza di Roma e Antonio Cestaro di quella di Salerno. Io sarò presente con un mio testo nella giornata di Cittanova. Il 23 dicembre 2000, ad istanza del Comune e del Sindaco Freno e in unione alla stessa Deputazione, si è svolto alle scuole elementari altro appuntamento convegnistico all’insegna di “Vescovi e Popolo nella diocesi di Oppido”. Hanno intrattenuto su particolari temi inerenti al passato della città Giuseppe Caridi, Franco Mosino, Enzo D’Agostino, R. Liberti e Bruno Polimeni. Oltre al sindaco Freno si sono pronunciati il vescovo mons. Luciano Bux e l'on. Angela Napoli. 

    Per decisione del parroco della cattedrale mons. Francesco Zappia e del sindaco Freno altro convegno è stato ospitato nel maggior tempio il 5 maggio 2002. Il destro era fornito dall’appena avvenuta ristrutturazione e dalla scoperta del sepolcro di due vescovi dell’Ottocento, Coppola e Teta, rimasto ignorato e negletto dal sisma del 1908. Oltre alla funzione in suffragio dei due presuli e di mons. Bergamo, deceduto nel 1980 e la cui salma era stata del pari inumata nel sacro luogo, hanno relazionato l’arcivescovo di Cosenza-Bisignano mons. Giuseppe Agostino che ha parlato del significato della cattedrale quale sede e cattedra del vescovo, Liberti (Il sepolcro dei vescovi Coppola e Teta) e la prof.ssa Marisa Cagliostro Docente di Storia alla Facoltà di Architettura dell’Università reggina (Architettura ed arte nella Cattedrale di Oppido). Vi si sono aggiunti Mons. Zappia, il sindaco Freno e l’on. Saverio Zavettieri, assessore ai Beni Culturali della Regione. Ha concluso il vescovo Bux. Il 9 maggio del 2003 al teatro comunale con egida la Società di Mutuo Soccorso più il Comune si è ricordato il prof. Domenico De Giorgio, fondatore e direttore della rivista Historica. In linea il presidente della Società Francesco Scattarreggia, il sindaco Freno, il prof. Caridi Presidente della Deputazione, il prof. Antonio Musicò e R. Liberti.

   Decisa dal solerte sindaco Freno il 20 marzo del 2004 si è materializzata al solito teatro la presentazione dello Stemma e del Gonfalone Comunale riconosciuto con decreto del Presidente della Repubblica in data 2 aprile 2003. Sono stati della partita il prefetto di Reggio Calabria Giovanni D’Onofrio, l’on. Angela Napoli, il sen. Francesco Crinò, il presidente della Giunta Regionale on. Giuseppe Chiaravalloti, l’on. Umberto Pirilli, l’ing. Pietro Fuda, Presidente della Provincia, il dott. Antonio Alvaro Presidente Comunità Montana. Sul tema si è soffermato R. Liberti mentre l’arciprete della Cattedrale Mons. Zappia ha officiato la Benedizione. Una tornata di cerimonie in riferimento all’incoronazione della Madonna delle Grazie al rione Tresilico è stata realizzata nel giugno del 2004. Giorno 25 nella chiesa parrocchiale sono stati della partita R. Liberti, Gianfranco Solferino allora laureando in storia dell’arte alla Sapienza di Roma e il sac. D. Domenico Caruso. Trascorrono gli anni e di tanto in tanto non si manca di officiare espressioni culturali. Il 10 giugno 2008 è la scuola elementare a rifarsi avanti. Si tratta di solennizzare il 10° anniversario della fondazione del Museo della Civiltà Contadina avviato nei locali della scuola elementare e poi trasferito a Palazzo Grillo fortemente voluto dalla Direttrice Bonarrigo e dagli Insegnanti con particolare impegno profuso dall’ins. Antonietta Epifanio. Su “I giganti delle sagre paesane nella tradizione calabro-sicula” ha parlato R. Liberti. Sono altresì intervenuti il sindaco Rugolo, l’archeologa Agostino, il dr. Alvaro, il Presidente del Parco Aspromontano Leo Autelitano. Hanno allietato l’incontro le voci bianche della scuola primaria curate e dirette dal maestro Domenica Verduci. Al 24 marzo 2009 in concomitanza con i festeggiamenti della Madonna Annunziata rimonta la presentazione in cattedrale della riedizione del volumetto dell’arciprete Sposato perito per mano assassina nel 1919 “Culto e grazie di Maria Santissima Annunziata a Oppido Mamertina” fortemente voluta dal parroco d. Benedetto Rustico e dall’editore di Nuove Edizioni Barbaro Raffaele Leuzzi. Ne hanno trattato gli stessi, il sindaco Rugolo, R. Liberti e d. Caruso. Ha proposto canti tradizionali il cantante Salvatore Rugolo.
   
   Il 21 dicembre 2010 ricorreva il 145 della fondazione della Società di Mutuo Soccorso. La giornata è stata solennizzata da un raduno a San Giuseppe, la chiesa degli operai. Dopo Il Presidente Scattarreggia e la relazione Liberti (Cenni storici sulla Società di M. S.) è stata la volta del volume “Natali ‘i na vota” di Paolo Sofia e Raffaele Leuzzi. In finale c’è stata l’apertura al pubblico con conseguente benedizione nei locali del Sodalizio dell’Artistico Presepe allestito dai presepisti dell’Associazione Solidarietà ed Arti Popolari di Taurianova (Audino, Muratori, Ursida). La figura del s. ten. Francesco Mittica morto a Fullen in Germania prigioniero dei tedeschi è stata ricordata nella Giornata della Memoria il 26 gennaio del 2013 presso le scuole elementari. Al mio intervento titolato “Il sottotenente Francesco Mittica e la sua Odissea nei Lager tedeschi” hanno fatto seguito una proposizione degli alunni di brani estratti da lettere e testimonianze e la distribuzione di un volume da me curato sul personaggio, quindi i saluti dell’ing. Meduri dirigente dell’Istituto Scolastico Comprensivo e del sindaco Barillaro. Tutto ha avuto termine al Largo Calvario dove è stata scoperta una targa a testimoniare il sacrificio dello sfortunato cittadino, per cui un tratto della lunghissima strada Rocco de Zerbi è mutata in via Francesco Mittica.
   
    Negli ultimi tempi ad occuparsi di cultura a Oppido e nei paesi vicini è stata l’Associazione Culturale Mesogaia, con estensione ai Comuni di Cosoleto, Delianuova, Oppido, Santa Cristina d’Aspromonte e Scido, con a capo la Presidente D.ssa Antonietta Bonarrigo. La stessa ha trovato sostegno nel nuovo parroco della cattedrale e direttore dell’archivio e biblioteca della diocesi, lo studioso don Letterio Festa, che, accolto nella Deputazione di Storia Patria, ha esperito incessante impegno a pro della Comunità.
   Il 2 marzo 2013, in una giornata bersagliata da fulmini e caduta di neve, promosso da Mesogaia, ha avuto ospitalità nei locali del Seminario Vescovile un qualificato convegno che ha tenuto a ricordare scientificamente il tragico terremoto che nel 1783 ha distrutto un buon numero dei paesi della Piana. Tra i relatori i proff. Roma, Teti e Cuteri, il dr. Violi, l’Incaricato per i Beni Culturali ecclesiastici della Regione ing. Martino, la sismologa storica-presidente euro-Mediterraneo e documentazione Eventi estremi e disastri Emanuela Guidoboni, la Soprintendente alle Antichità della Calabria e il sottoscritto. È stata offerta una interessante esposizione di libri e stampe sul grave evento forniti dalle Biblioteche di Scido, Vibo Valentia, Soriano e private. Due anni dopo non era possibile dimenticare l’anniversario dello scoppio della Grande Guerra, per cui a ricordare il centenario dell’avvenimento Mesogaia ha pensato ad un convegno apposito, che, il 4 novembre 2015 dopo la deposizione di una corona al Monumento ai Caduti di piazza Concesso Barca e una sfilata di associazioni e popolazioni, ha raggiunto il salone accosto alla cattedrale. Alternati da canti patriottici, dopo il presidente Fortunato Schiava e del sindaco Giannetta hanno esposto gli interventi previsti Antonio Violi, R. Liberti, don Letterio Festa, Francesco Scattarreggia, dr. Raffaele Leuzzi. L’anno dopo le relazioni e altro hanno visto la luce in un bel volumetto edito a cura delle Nuove Edizioni Barbaro di Caterina Di Pietro di Delianuova dal titolo “Il contributo del territorio di Mesogaia alla Grande Guerra”. L’opera, arricchita d’illustrazioni coeve, è stata presentata successivamente a cura del giornalista Pantaleone Sergi. Non sono mancati nuovi interventi e canti popolari di due soprani oppidesi che vivono in alta Italia, Gabriella Corsaro e Stillitano.

    Il cammino di Mesogaia si è dovuto fermare. L’imperversare del covid durato degli anni ha interrotto forzatamente ogni risoluzione. Ultimamente non sono mancate tuttavia manifestazioni mirate alla presentazione di qualche libro e in casi di circostanze varie.

Rocco Liberti


mercoledì 29 maggio 2024

L' EREMITA DI GERACE E LO SCANDALO DELLA DIVISIONE DELLE CHIESE ( di Suor Mirella Mujà)

    C’è chi - e siamo in tantissimi – ormai si è assuefatto o addirittura non perde occasione per fare ancora sterile polemica sulle presunte motivazioni della divisione tra i Cristiani. C’è chi invece vive questa divisione antica e sempre nuova come una ferita profonda nella carne e prega e lotta sul serio perché essa si rimargini.
    Una di queste lottatrici a oltranza è Mirella Mujà, l’eremita diocesana che dal balzo di Monserrato tra Locri e Gerace sogna e spera con forza che l’unità dei Cristiani non resti un vagheggiamento zuccheroso come tante preghiere fini a se stesse, ma diventi veramente carne nella vita di tutti i cristiani e da pietra di scandalo si trasformi  quasi in piattaforma per una nuova era della Fede. 
 

    Mirella vive appunto da eremita in un piccolissimo monastero regalatole da Mons. Bregantini quando era vescovo a Locri-Gerace e facendo rivivere la chiesa di Monserrato, prova a far germogliare un ramo nuovo dalla vecchia radice, recuperando quel rito greco, in cui la parte ionica del reggino si è lungamente identificata, prima che il rito latino, a metà del Quattrocento, diventasse la sua unica tradizione religiosa.
   Parla di luce, suor Mirella: la luce che la Genesi racconta promanare da Dio e attraversare la creazione (non c’è mai, dice, mancanza di luce, la luce penetra il buio, lo attraversa, anche quando non la vediamo); la luce della Trasfigurazione, che non è esperienza solo di Cristo, ma quello che ciascuno è chiamato a vivere, la luce dell'Unità che ella cerca con nostalgia struggente.
    Racconta la sua vita (da Siderno all’impegno in prima linea negli anni della contestazione, fino alla lunga docenza alla Sorbona e poi di nuovo nella sua terra, all’eremo di Gerace), di sua figlia e del suo nipotino, risponde alle domande degli ospiti, chiede notizie sul loro lavoro e le loro attività. Parla con tono dolce e parole precise, ascolta con attenzione accogliente, il corpo raccolto, le mani che si muovono leggere.
    Il discorso con lei  spazia su molti temi e si concentra su religione e società, sulla mancanza di speranza ormai diffusa non solo in Calabria, del permanere in un Venerdì santo che non si apre alla Resurrezione, in un presente che non sembra più avere né passato né futuro. (Bruno Demasi)


IL MEDITERRANEO E’ LA NOSTRA CASA…

Suor Mirella, eremita
…dalla finestra della cella vedo i pendìi dorati e gli ulivi scendere verso la costa. Questo è il mar Ionio. Oltre l’orizzonte il Peloponneso. Da questo punto della costa, navigando a sinistra, si incontra la Grecia. Oltre di essa, spostandosi verso il centro, le sponde della Turchia. Spostandosi sempre verso il centro, oltre il Peloponneso, le sponde della Terra Santa. E così, andando sempre più verso destra, le coste dell’Egitto, poi della Libia.
    Da tutte queste sponde vennero i monaci, cominciando dall’Egitto, in fuga davanti agli invasori di allora, e finendo con i greci, in fuga dall’iconoclastia. Allora questa terra fu un rifugio per lunghi secoli.
    Quando ero bambina e poi per tutto il tempo che sono stata lontana da qui, più di due terzi della mia vita, il ricordo di questo paesaggio estivo era causa di dolore. Sentivo la separazione da questa terra non solo come un esilio, ma proprio come la privazione di una persona amata. Avevo una percezione quasi fisica degli ulivi, della terra arida, delle erbe secche, dell’aria marina.
Le icone di Mirella
    Ora sono tornata e vivo in mezzo a questa terra. Guardo con stupore e mi dico: il Signore mi ha ricondotta qui. Ma al tempo stesso sono consapevole di un distacco. Non c’è più l’ansia del desiderio e il dolore della mancanza. Sono qui , ma come senza sensazioni…

    Ricordo un anno della mia giovinezza, l’unico in cui d’estate non venni qui in vacanza, ma andai in Grecia.
    Camminai molto all’interno della Grecia e sulle rive, mi sentivo a casa. Ritrovavo le stesse immagini e gli stessi odori che mi mancavano.
    Molti anni dopo, viaggiando in Medio Oriente, ebbi la stessa sensazione di casa. Il Mediterraneo è la nostra casa e noi abbiamo esperienza di paesaggi, colori, immagini comuni.
L'eremo di Monserrato di Gerace

    Se così è per una condizione geografica che ci accomuna, che cosa sarà per la partecipazione alla vita di Dio in Cristo? Come può non formarci alla comunione fra noi? Se coloro che vivono sulle sponde dello stesso mare respirano lo stesso profumo di acque, erbe, terra e sole, come non sarà lo stesso il profumo effuso dalla mensa eucaristica, partecipazione allo stesso e unico corpo? Respiriamo questo profumo effuso, cari fratelli, che ci rende tutti commensali del Regno, trasformati dallo stesso e unico Spirito a somiglianza di colui che è nostro cibo…
    Ma noi siamo così abituati alla nostra condizione piagata, da non avvertirla più o, anche se ne prendiamo coscienza, è un cadere nel sentimento di rassegnazione… A volte in buona fede si prega per la comunione affidando tutto all’opera dello Spirito Santo, senza pensare che esso si sceglie strumenti fra gli uomini. Ma quando tali strumenti entrano in contatto con i più, essi suscitano diffidenza, come se fossero preda di un’esaltazione che li porta fuori dalla realtà…

domenica 26 maggio 2024

“ CHE COS’E’ LA MAFIA? ” lo studio di Remo Barbaro e il testo di Gaetano Mosca (di Bruno Demasi)

    Concludendo l’introduzione al suo studio (Remo Barbaro:  “ Introduzione, considerazioni e note al testo di Gateano Mosca CHE COSA E’ LA MAFIA?, dbe , 2024) che scava in modo intelligente nel celebre testo di G. Mosca datato 1900, l'Autore avverte: “La mafia viene … presentata come un’élite che è stata capace di trarre vantaggio al meglio dai contrasti delle grandi potenze, dalle debolezze degli stati dinastici e dal collasso dell’organizzazione clericale-cattolica…. Il pensiero di Mosca andava maggiormente considerato; non farlo ha causato un ritardo colpevole per la sua comprensione…”.

    In pochissime parole, che connotano in pieno un libro che sicuramente continua a dare lustro alla rinata Domenico Barbaro Editore (dbe), c’è una sintesi formidabile delle ragioni di questo inedito e preciso commentario alle illuminate tesi di un celebre giurista e studioso, dopo oltre un secolo della loro enunciazione, riguardanti il fenomeno mafioso e i suoi epifenomeni.

    Gaetano Mosca ( 1858 – 1941) è infatti autore del primo studio modernamente concepito sulla mafia oltre che storico delle dottrine politiche e giurista, docente universitario a Torino, Milano e Roma, deputato e poi senatore del Regno e accademico dei Lincei. Per il suo celebre discorso sulla mafia, poi riversato nello scritto omonimo, tenuto nel 1900 a Torino e a Milano, trasse le mosse dall’omicidio avvenuto nel 1893 di Emilio Notarbartolo , sindaco di Palermo, esponente della Destra Storica e direttore generale del Banco di Sicilia, la prima vittima eccellente dell’organizzazione mafiosa. Ne seguì un processo che lasciò gli Italiani sgomenti di fronte allo scandalo di sentenze che pochi anni dopo fecero uscire impuniti sia i mandanti che gli esecutori materiali del delitto. 
 
 
    Gli assunti di Mosca, come osserva Remo Barbaro, sono tanto moderni che sembra di leggerli sul giornale di ieri: la mafia fenomeno associativo criminale formato da "poco onorevoli sodalizi", che preferiscono il quieto vivere ai "reati rumorosi"; lo "spirito di mafia" sentimento essenzialmente "antisociale" che però "non è speciale alla Sicilia", ma induce spesso i danneggiati e i testimoni a tacere su tutto ciò che possono aver visto ed udito; infine la denuncia della "mafia in guanti gialli", composta da alcune frazioni delle classi dirigenti, da individui delle classi superiori, persino autorità governative, che accordano "protezione" alle cosche criminali.

    L’Autore seziona e ordina il pensiero di Mosca in dodici punti illuminanti, di cui coglie la straordinaria lucidità che è anche profezia per ciò che sarebbe accaduto oltre un secolo dopo :

1. Distinzione tra “cultura mafiosa” e “organizzazione mafiosa”;
2. Epistemologia e fenomenologia del “Codice d’onore”;
3. Rilevanza storica e culturale della diffusione dello “Spirito di mafia” in Sicilia;
4. Le “relazioni sociali mafiose” come humus e premessa di ogni voto di scambio;
5. Le “cosche”, prodotti di “cultura mafiosa” collocabili nel tempo e nello spazio, oggi evolute in holding sovranazionali;
6. Prestigio e profitto, due obiettivi prioritari e sempre attuali per l’organizzazione mafiosa;
7. Dinamiche antiche e nuove di collaborazione o di contrasto con la Giustizia: il fenomeno cangiante dell’omertà;
8. “La mafia in guanti gialli” come prodromo della mafia dei colletti bianchi;
9. Luoghi comuni e generalizzazioni: le due insidie peggiori non solo per combattere, ma anche per comprendere il fenomeno mafioso;
10. Il salto costante di qualità della mafia: dalla frammentarietà all’unitarietà;
11. Il sistema corruttivo fenomeno non solo regionale, ma nazionale e sovranazionale;
12. Un monito per tenere alta l’attenzione nell’Italia di ieri e per l’Italia di oggi.

     Senza piaggerie immotivate, questo lavoro , in tempi di distrazione totale e di sottovalutazione di certi fenomeni ancora striscianti se non occulti, se dipendesse da me, lo farei leggere e commentare anche nelle scuole!

                                                                                                                       Bruno Demasi