di Bruno Demasi
Nel tempo della Santa Pasqua e per gli
auguri pasquali da parte di questo
piccolo blog affido la riflessione alla penna
di un uomo del nostro tempo, di cui non rivelo il nome... che comunque, specialmente da due settimane a questa parte, tutti conoscono.
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Si è fatto riferimento
all’evangelizzazione. È la ragion d’essere della Chiesa. “La dolce e
confortante gioia di evangelizzare” (Paolo VI). È lo stesso Gesù Cristo che, da
dentro, ci spinge.
1) Evangelizzare implica zelo apostolico. Evangelizzare presuppone nella Chiesa diocesana la “parresìa” di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria (di cui nella piana di Gioia Tauro esiste un campionario infinito... n.d.r.).
2) Quando la Chiesa diocesana non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e allora si ammala (si pensi alla donna curva su se stessa del Vangelo). I mali che, nel trascorrere del tempo, affliggono le istituzioni ecclesiastiche hanno una radice nell’autoreferenzialità, in una sorta di narcisismo teologico. Nell’Apocalisse, Gesù dice che Lui sta sulla soglia e chiama. Evidentemente il testo si riferisce al fatto che Lui sta fuori dalla porta e bussa per entrare... Però a volte penso che Gesù bussi da dentro, perché lo lasciamo uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire.
1) Evangelizzare implica zelo apostolico. Evangelizzare presuppone nella Chiesa diocesana la “parresìa” di uscire da se stessa. La Chiesa è chiamata a uscire da se stessa e ad andare verso le periferie, non solo quelle geografiche, ma anche quelle esistenziali: quelle del mistero del peccato, del dolore, dell’ingiustizia, quelle dell’ignoranza e dell’assenza di fede, quelle del pensiero, quelle di ogni forma di miseria (di cui nella piana di Gioia Tauro esiste un campionario infinito... n.d.r.).
2) Quando la Chiesa diocesana non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e allora si ammala (si pensi alla donna curva su se stessa del Vangelo). I mali che, nel trascorrere del tempo, affliggono le istituzioni ecclesiastiche hanno una radice nell’autoreferenzialità, in una sorta di narcisismo teologico. Nell’Apocalisse, Gesù dice che Lui sta sulla soglia e chiama. Evidentemente il testo si riferisce al fatto che Lui sta fuori dalla porta e bussa per entrare... Però a volte penso che Gesù bussi da dentro, perché lo lasciamo uscire. La Chiesa autoreferenziale pretende di tenere Gesù Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire.
3 ) La Chiesa, quando è autoreferenziale, senza rendersene conto, crede di
avere luce propria; smette di essere il “mysterium lunae” e dà luogo a quel
male così grave che è la mondanità spirituale (secondo De Lubac, il male peggiore in cui può incorrere
la Chiesa): quel vivere per darsi gloria
gli uni con gli altri. Semplificando, ci sono due immagini di Chiesa: la
Chiesa evangelizzatrice che esce da se stessa; quella del “Dei Verbum
religiose audiens et fidenter proclamans” (la
Chiesa che religiosamente ascolta e fedelmente proclama la Parola di Dio –
ndr), o la Chiesa mondana che vive in sé, da sé, per sé. Questo deve
illuminare i possibili cambiamenti e riforme da realizzare per la salvezza
delle anime.
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Con questa bella immagine di Gesù che bussa anche per entrare in questa
Piana oppressa da mille problemi o per uscire dalle porte dei palazzi del conformismo e dei poteri piccoli o grandi in cui lo abbiamo imprigionato, con la voglia di aprirgli e di incontrarlo davvero, auguro a tutti