giovedì 18 settembre 2025

RICORDA, RACCONTA, CAMMINA: lavorando con Don Pino Puglisi ( di Agostina Aiello)

    In questi giorni settembrini il trentaduesimo doloroso anniversario della morte di Don Pino Puglisi, cui la Chiesa, beatificandolo nel 2013, ha riconosciuto il martirio che lo rende patrimonio universale , oltre che di venerazione,  di esempio  per i sacerdoti, ma anche per tutti i laici. Più che mai per noi di Calabria. Il suo vivissimo ricordo non tramonta, anzi si rafforza di anno in anno. A riproporcelo su questo blog una commovente pagina di Agostina Aiello, l'assistente sociale e missionaria che per oltre un ventennio, dal 1971 al 1993, visse con Don Pino Puglisi un rapporto di collaborazione sociale ed ecclesiale davvero unico. Dai tempi di Godrano agli anni del “Centro diocesano vocazioni” fino alle alle drammatiche vicende vissute insieme nel quartiere Brancaccio di Palermo. Dopo l’assassinio di don Pino, Agostina, che ho avuto la fortuna di conoscere e che ringrazierò sempre per quanto ha fatto e per le  parole che condivido in questo blog, ha coordinato il lavoro di ricerca e documentazione attraverso cui nacque l’ Archivio Don Giuseppe Puglisi di via Matteo Bonello a Palermo che oggi è punto di riferimento per gli studiosi, ma soprattutto per quanti vogliono ricordare e rivivere insieme la memoria palpitante e non stucchevole  di questo beato. (Bruno Demasi)
 
                                                                     ______________

 
     Offro di buon grado la mia testimonianza sulla lunga esperienza di servizio vissuto e condiviso con il Beato don Giuseppe Puglisi. Confesso che ho provato difficoltà nel "fare memoria" di una vasta quantità di eventi e di esperienze, ma, soprattutto, non mi è stato facile "selezionare" e scegliere.Alla luce dell'insegnamento pedagogico di P.Puglisi, che spesso parlando ai giovani si serviva di "icone", mi ha aiutato ad introdurmi al tema " Ricorda, racconta, cammina" un'icona di resurrezione: quella dei discepoli di Emmaus ( Lc 24, 13-35). I due discepoli, sfiduciati, perplessi, scandalizzati, fuggono amareggiati e delusi dalla comunità, dove avevano incontrato il Signore, incapaci di vedere "la spiga" nel "seme che marcisce", la"vita" in un "sepolcro vuoto". 

    Se io dovessi dipingere con un'immagine il cammino di P. Puglisi mi piacerebbe farlo come "il compagno di viaggio" che seguendo il Divin Pellegrino si è fatto con Lui e per Lui compagno di strada di tanti giovani e adulti, discepoli o non del Signore che, delusi, amareggiati, in ricerca camminavano, fuggivano, senza spesso sapere "verso dove". Si è fatto compagno anche di chi voleva seguire più da vicino il Signore e aveva bisogno di discernere, con più luce, la propria risposta: seminaristi, chiamati alla vita di speciale consacrazione, fidanzati che volevano consapevolmente fondare la loro famiglia nel Signore. Egli si è fatto prossimo, compagno di cammino per ciascuno/a, con discrezione e rispetto, con pazienza e umiltà, interrogando, chiedendo, aprendo gli occhi della mente e del cuore alla luce della Parola, spezzando con amore il Pane della Comunione e della Riconciliazione, offrendo motivazioni forti all'impegno di solidarietà responsabile verso tutti, ma in particolare verso i più poveri, i più svantaggiati, verso le vittime del sopruso, della violenza, dell'ingiustizia.Egli, alla luce del "Sole" della Pasqua è stato per tutti testimone di resurrezione e di speranza.

   Mi chiamo Agostina. Dal 1961 sono membro della Società di Vita Apostolica di Servizio Sociale Missionario, fondata dal Card. E. Ruffini a Palermo nel secondo dopo-guerra.Egli ci diceva: "Nessuna sofferenza umana è estranea al Servizio Sociale Missionario. Ognuna di essa presenta un aspetto particolare di Gesù nella Sua Passione".Vedeva quindi la nostra missione nella Chiesa diretta a testimoniare l'Amore di Dio per l'uomo attraverso un servizio di liberazione evangelica e di promozione della giustizia nella carità, specialmente nei confronti dei poveri, dei sofferenti, dei lavoratori i cui diritti erano conculcati.Vi ho detto questo perché alla luce di questo carisma, è nata e poi si è sviluppata in larga parte la mia esperienza di lavoro apostolico con P.Puglisi. Esperienza preziosa, vero dono di Dio, che ogni giorno vado rileggendo e meditando.
 
   Per circa 23 anni il Signore mi ha concesso la grazia di condividere la mia vocazione, la mia missione con P.Puglisi imparando da lui a rispondere al progetto di Dio con dedizione, gioiosamente, umilmente.
Quante volte gli ho sentito ripetere agli Animatori vocazionali l'espressione di Paolo VI: "I giovani, in particolare, hanno bisogno di testimoni più che di maestri!" E lui lo era. Tutta la sua vita è stata una testimonianza della fiducia di Dio nell'uomo e impegno di rivelazione della "verità nella carità"! Io l'ho conosciuto nel Luglio del 1971, quando era Parroco a Godrano, era venuto in qualità di Assistente Spirituale in una Colonia Arcivescovile dove io svolgevo il compito di Vice-direttrice. C'è stata subito tra noi una profonda sintonia: durante tutto il mese abbiamo collaborato per incontri di preghiera con il personale e con i bambini della Colonia. Nel mese successivo, egli ha invitato me e una mia Consorella a partecipare alla Settimana sul tema della "PACE" organizzata a Godrano con il Movimento "Presenza del Vangelo", guidato dalla Prof.ssa Lia Cerrito, sua collega nello stesso Istituto scolastico. Con il Movimento "Presenza del Vangelo" P.Puglisi ha collaborato attivamente, attingendo e spezzando assieme, in vari cenacoli, il pane della Parola.

   Da queste esperienze è nata, tra me e P.Puglisi, una collaborazione sempre più intensa, finalizzata all'obiettivo comune di promozione umana animata dalla Parola di Dio. Per P. Puglisi il Vangelo era il criterio fondamentale di riferimento nella sua azione pastorale e l'uomo, nella sua concreta realtà, era"via della Chiesa". La mia collaborazione con P. Puglisi divenne più continuativa negli anni 70, quando, mentre lui continuava il suo lavoro di parroco a Godrano, io svolgevo la mia attività di A.S.M. nel Centro Sociale della zona "Decollati-Scaricatore" (uno dei quartieri più emarginati di Palermo). Ben volentieri offrivo a P. Puglisi il mio modesto apporto per l'individuazione di sbocchi alle difficili situazioni da lui presentatemi, come anche con piacere partecipavo agli incontri periodici sulla Parola di Dio e alle settimane annuali del Vangelo che si organizzavano e svolgevano, con il Movimento "Presenza del Vangelo", presso le famiglie di Godrano.

    Preziosa è stata per me la collaborazione richiestami per un'iniziativa a favore delle coppie e delle famiglie che P.Puglisi aveva accompagnato nel loro cammino formativo al matrimonio. Fin da allora molteplici erano i campi delle attività di P.Puglisi né si poteva cogliere qualche sua predilezione per l'uno o per l'altro, tanto era sempre aperto e disponibile a quanto la Provvidenza gli proponeva.  Ed io cosa chiedevo a P.Puglisi? Di aiutarmi nell'opera di formazione dei giovani volontari che con me affrontavano le molteplici problematiche della zona dove lavoravo. La sua vocazione di "educatore" , attento alle nuove generazioni, lo ha reso sempre un punto di riferimento per tanti giovani provenienti da ambienti ed esperienze anche molto diverse. Ho ancora, più intensamente coadiuvato P.Puglisi quando (1979) egli ha assunto la responsabilità del Centro Vocazionale diocesano e regionale. Io, che già da alcuni anni ero membro delle due Segreterie, con lo stimolo e l'esempio di P.Puglisi ho avuto la grazia di partecipare al suo intenso lavoro di formazione dei giovani. Ho, per vari anni, cooperato con P. Puglisi alla preparazione e realizzazione dei campi estivi vocazionali e della scuola di preghiera per i giovani della diocesi di Palermo; alla organizzazione della mostra vocazionale, "strumento- come lui diceva- tanto efficace di annuncio della Parola".

    In tali occasioni ho potuto cogliere non solo lo stile del "pedagogo competente", del "pastore vigile", ma soprattutto del sacerdote del Signore: uomo di Dio e, per questo, uomo per tutti.  Nell'itinerario formativo e di crescita spirituale P. Puglisi invitava a riflettere i ragazzi sul senso della propria vita, cercando di distinguerlo dalle false immagini che continuamente la società ed i mezzi di informazione ci propongono. Proponeva, quindi, la figura di Cristo di cui amava tanto parlare. Di Cristo sottolineava la grande umanità, i suoi sentimenti umani, l'interesse nei confronti di ogni uomo ed in particolare per i più deboli, i bambini, i peccatori, e poi parlava di Gesù uomo libero e liberante al tempo stesso. Ricordava in particolare lo sguardo di Gesù, uno sguardo che raggiunge l'uomo nel profondo, lo conosce, lo interpella e lo promuove, avvolgendolo nella tenerezza e nell'amore di Dio. Parlava spesso ai ragazzi della tenerezza di Dio, per esempio in occasione della liturgia penitenziale, ricordava che Dio è un Padre misericordioso che comprende tutte le debolezze e gli errori del figlio, lo vuole liberare dai mali e dai pericoli. P. Puglisi insegnava a pregare: "E la preghiera - diceva - che dà senso alla vita dell'uomo perché rende viva l'amicizia con Dio e ci rende simili a Lui". Il modello a cui faceva riferimento era Cristo, che P. Puglisi definiva "Preghiera vivente", perché durante tutta la sua vita fu in continuo dialogo con il Padre e tutto ciò che compiva era sempre preparato e concluso dalla preghiera.

    Un'altra importante attività sacerdotale è stata quella che egli ha svolto per diversi anni presso la Casa "Madonna dell'Accoglienza, sorta nel 1973 in seno alle attività promozionali dell'O.P.C.E.R. e seguita con affettuosa attenzione dal Card.Pappalardo. Questa Casa ospita, in un clima di "rispetto e di accoglienza fraterna" giovani gestanti o già madri con i loro figlioletti (persone provate da pesanti e a volte tragiche situazioni personali e familiari) per aiutare a recuperare fiducia e possibilità per una nuova vita. Proprio in questa Casa, e sino il giorno precedente la sua uccisione, P.Puglisi ha svolto, con particolare, amoroso impegno, la sua missione d'illuminazione e di sostegno spirituale, fatto soprattutto di 'ascolto' e di 'comprensione misericordiosa', riuscendo ad ottenere frutti insperati in creature apparentemente distrutte.(Commoventi sono le testimonianze delle Ospiti della Casa). La conferma del significato attribuito dallo stesso P.Puglisi a questa sua missione sacerdotale l'ho avuta direttamente da lui, quando chiamato a reggere la Parrocchia di Brancaccio si disponeva a limitare necessariamente le sue molteplici occupazioni: "Lascerò tutti gli impegni, mi disse, ma quello no". Attraverso questa ed altre esperienze di educatore di coscienze giovanili, in P.Puglisi si andava facendo sempre più profonda la convinzione che la lotta ad ogni forma di devianza e ai tanti dolorosi fenomeni sociali ad essi connessi, richiede da parte della Chiesa non solo indispensabili riflessioni teologiche e morali ma anche modalità di presenza che incarnino il messaggio evangelico in servizi di promozione umana e sociale.

   Eccomi, adesso, al suo impegno di pastore nella Parrocchia di Brancaccio: duee anni circa di intenso apostolato, affrontato nell'ottica della "beatitudine dei poveri in spirito" che confidando totalmente in Dio-Padre pongono, senza riserve, la vita a servizio della missione ricevuta. A Brancaccio, questo presbitero, dall'aspetto così "disarmato", ma con lo sguardo penetrante dell'apostolo, proteso alla liberazione della sua gente, avverte subito la necessità e l'urgenza di adoperarsi con tutte le forze per 'coniugare' l'azione di evangelizzazione con una vasta opera di promozione a favore dei giovani e delle fasce più deboli ed emarginate. " Come cristiani e come cittadini - ebbe a dire, in occasione di un incontro pastorale- continueremo a chiedere alle Autorità quanto è dovuto a questo quartiere, ma, nell'attesa, è inutile limitarsi a lamenti; è necessario rimboccarsi le maniche per dare vita ad iniziative di promozione umana che accendano qualche luce in mezzo a tante tenebre". In breve tempo, pertanto, nasceva il Centro di Accoglienza "Padre Nostro", gestito dalle Suore Sorelle dei Poveri di S.Caterina da Siena. Già nel titolo il Centro dichiara la sua finalità: educare al riconoscimento della dignità dell'uomo che, elevato per grazia alla condizione di "figlio di Dio" è chiamato alla libertà da ogni forma di schiavitù morale e di violenza sociale. Per questo Centro P.Puglisi chiese la mia collaborazione, avvalendosi così dell'apporto di Assistenti Sociali e di Allieve della allora Scuola Universitaria di Servizio Sociale "S. Silvia" per la rilevazione dei problemi del quartiere e per la programmazione dei Servizi Sociali diretti ad avviare, anche con l'aiuto dei Volontari, processi di socializzazione primaria. Cominciavano così a Brancaccio i primi passi di un processo di consapevolezza etica e civile alla luce del messaggio evangelico.
 
     E' stato proprio questo processo (che, pur nella modestia dei mezzi, si rivelava capace di incidere in profondità per la potenza del messaggio), a suscitare la brutale reazione delle forze mafiose del quartiere. Il 28 luglio 1993 il Giornale di Sicilia riportava la notizia dei primi attentati contro la Parrocchia, diretti al intimidire non solo il Parroco, ma quanti pensavano di collaborare con lui. Sappiamo quale fu la reazione di P.Puglisi: nessuna protesta vendicativa ma, secondo il suo stile evangelico, un invito dall'ambone della Parrocchia a riappropriarsi della propria umanità: alla ragionevolezza, alla collaborazione, alla conversione".

    Il 15 Settembre è eseguito il verdetto di morte. Ma il sangue dei martiri è fermento di vita.

   Alla luce del chicco di grano che da frutto solo se muore, la morte del "testimone" ha aperto "un cammino di speranza". Da questo seme sono nati tanti germogli di vita nuova. Dal suo "dare la vita, sulla scia del Buon Pastore, perché altri abbiano vita" sono sorte moltissime iniziative, culturali, formative, sociali volti ad affermare i valori della legalità, l'educazione al sociale e alla vita democratica, il rispetto del lavoro onesto e il giusto guadagno nel rispetto della dignità di ogni uomo.

     Questo mi pare rispondente alla prospettiva pedagogica di P. Puglisi che spesso ripeteva:
" la nostra azione non può trasformare l'ambiente. E' solo un segno. Noi vogliamo rimboccarci le maniche per dimostrare che si può fare qualcosa. Se ognuno di noi fa qualcosa, allora si può fare molto".Nell'archivio diocesano relativo a P. Puglisi numerosi raccoglitori documentano tale vitale fioritura.Si tratta di:
- testi, tesi di laurea; convegni; dibattiti; musical; opere teatrali; film; trasmissioni televisive e documentari;
- scuole; case famiglie; oratori; centri d'accoglienza; campi sportivi, piazze, vie che portano il suo nome e, non solo, in Sicilia;
- monumenti e visite nei luoghi ove ha vissuto, ha operato, è stato ucciso; ecc.

    Sono segni di una vita che non è stata spezzata senza dare il suo frutto; di una testimonianza che irradia di luce il cammino di tanti all'interno e all'esterno della Comunità ecclesiale. Questa, a mio parere, è luce di speranza e indicazione di un cammino nella verità dell'Amore per le nostre Chiese.

     Termino, offrendo la mia voce alla parola che P. Puglisi pronunciò in un suo intervento al Convegno di "Presenza del Vangelo" nell'Agosto del 1991 il cui tema era: "Testimoni della Speranza". In quella occasione egli così diceva:" Noi cristiani siamo testimoni della speranza e il testimone per eccellenza è Gesù.  L'Apocalisse afferma che Gesù è il testimone fedele, l'Amen e Amen significa appunto sì, Amen è colui che aderisce, che dice che è così. E Gesù ci ha mostrato il Padre. Lui stesso, infatti, dice: " Chi vede me vede il Padre" e i discepoli di Gesù sono testimoni perché annunciano anche loro quello che hanno visto e udito. Certo questa testimonianza - continua P. Puglisi - è una testimonianza che dà gioia perché mette in comunione, ma che va anche incontro a difficoltà tanto che può diventare martirio; quindi, dalla testimonianza al martirio il passo è breve. Per il discepolo è proprio quello il segno più vero che la sua testimonianza è una testimonianza valida. Il discepolo è testimone, soprattutto della Resurrezione di Cristo risorto e presente, Cristo che ormai non muore ed è all'interno della comunità cristiana, e attraverso la comunità cristiana, attraverso il suo Corpo è presente nella storia dell'umanità. Il testimone sa che il suo annuncio risponde alle attese più intime e vere dell'umanità intera e dell'uomo singolo. L'uomo comune sperimenta che il vivere è sperare, il presente è mediazione tra il già e il non ancora, tra il passato e il futuro e chiaramente ognuno di noi costruisce il proprio futuro sulla base del proprio passato".

     P. Puglisi è stato un discepolo che ha visto e udito, ha incontrato e seguito il Maestro morto e risorto e per questo con la sua vita ha saputo essere testimone del Risorto, testimone e membro della Chiesa fondata da Gesù. Di questo sono testimone.
Grazie.

Agostina Aiello

martedì 9 settembre 2025

Viaggiatori in Calabria nel sec. XIX: Nicolas Phillipps Desvernois ( di Rocco Liberti)

    Un’altra bella ed eloquente pagina inedita di Rocco Liberti, che stavolta scava nelle testimonianze ancora non molto conosciute relative al groviglio politico in cui era precipitata la Calabria nell’ 800 conseguente alla lotta tra i Borboni e la ventata rivoluzionaria e libertaria che era stata impersonata da Joacquim Murat. Il generale francese Desvernois proprio di Murat segue la parabola umana e politica con tutte le sue ansie di rinnovamento e con le sue contraddizioni, prima fra tutte la lotta aspra e acritica al cosiddetto brigantaggio, fenomeno magmatico e assai incerto  se schierarsi tra la fronda e l’appoggio al regime borbonico. Desvernois è però qui ricordato soprattutto come memorialista non privo di acuta attenzione per l’universo calabro, in particolare per l’attuale Piana di Gioia Tauro, con i suoi caratteri  sociali e le sue consuetudini politiche che in qualche modo possono contribuire a spiegarne anche il costume  attuale. (Bruno Demasi) 



    Anche il luogotenente generale Nicolas Phillipps Desvernois (1), che si è trovato in Calabria a causa dei suoi impegni militari tra 1811 e 1815, ha riferito sui luoghi dove è transitato, Mileto in particolare. In tale località il 5 dicembre 1811 si è reso addirittura promotore del trasporto nel paese ricostruito di una statua di San Nicola e dei resti del mausoleo normanno, che erano ancora allocati nella primitiva sede. Nella sua opera però a risaltare sono lo svolgimento del periodo storico vissuto e le continue repressioni compiute a danno dei cosiddetti briganti, interventi dei quali lui è stato sovente autore spietato. Non conosciamo dati completi sulla condizione civile, sappiamo soltanto ch’era nato nel 1771 a Lons-le Saunier e nel 1834 contava 63 anni. Apprendiamo da un saggio, che ne ricorda le vicissitudini, che ha partecipato a vari conflitti in Europa, Tirolo e Spagna soprattutto. Dopo aver ricevuto in donazione alcuni beni in quel di Altomonte, si è ricondotto a Mileto e qui ha soggiornato parecchio. Ordinatogli di partire per la spedizione di Russia, era pervenuto già in Lucania quando gli è stato intimato di ritornare indietro.

    Ma ecco parte della cerimonia relativa al trasporto dell’antica statua di San Nicola a Mileto come esposta nei suoi “Souvenirs”:

«Il 5 dicembre 1812, a trecento cacciatori del reggimento, a cui si unì un gran numero di abitanti, fu ordinato di operare questa traslazione. La statua fu posta su una slitta, costruita espressamente, e imbrigliata con quaranta coppie di buoi, e poche ore furono sufficienti per il successo dell'operazione, che si concluse con le grida ripetute mille volte di Viva il Colonnello Desvernois e Nicolò Taccone (in italiano nel testo). Il capo del santo, la cui mitra era d'oro, fu ricollocata sulla statua, che il giorno successivo fu inaugurata col più grande apparato, alla presenza di oltre diecimila spettatori, accorsi da tutti i punti della vasta diocesi di Mileto»[1].


    A riguardo del territorio della Piana, nelle “Memorie” non riporta impressioni di sorta, ma tiene a riferire almeno qualche episodio. Nel gennaio del 1813 veniva data «alla guarnigione, alle signore e ai nobili della Città di Palmi» una festa con ballo, che è risultata alquanto turbata e forse cessata prima d’iniziare a motivo di una sortita degli inglesi, ch’erano sbarcati «nei pressi della strada che sale per Palmi». L’epilogo si è configurato però una vera carneficina in danno di coloro che avevano pensato di cogliere di sorpresa i francesi. Nella notte tra il 21 e il 22 aprile poi, appreso che degli insorti si trovavano in forze avanti Casal Nuovo, con due battaglioni presi dal contingente che operava sui Piani della Corona, si è precipitato nella zona, dove ha rimesso le cose a posto.
    Desvernois si è trovato ad operare parecchio sia nella zona meridionale che in quella settentrionale della Calabria in particolare nell’ultimo periodo del dominio murattiano. Si è dato alla caccia dei borbonici provenienti dalla Sicilia e che infestavano sia la costa intorno a Villa che a partire da Capo Spartivento. In particolare, ha dovuto impegnarsi in quel di Scilla anche a causa del fulmine che il 14 gennaio 1815 aveva causato una strage tra i militari di stanza nel forte. Si è stanziato con la moglie in un certo periodo ad Altomonte e si è occupato per la costruzione di una strada utile a coloro che pervenivano da Castrovillari, Cosenza e Lungro. Ha avuto varie ovazioni dove perveniva e nel soggiorno ad Altomonte, in amicizia con quei padri, tra l’altro, si è dato ad organizzare una biblioteca con 200 volumi e un medagliere e ha affidato la cura dei suoi interessi a p. Scaramucchio del soppresso convento dei domenicani. A quanto scrive, la moglie vi aveva delle proprietà. È intervenuto tempestivamente anche in difesa del vescovado di Mileto, che in tanti richiedevano fosse spostato a Monteleone. Si paventava allora una vera sollevazione. Tra le tante prodezze vantate anche la lotta contro i pirati algerini che si portavano sovente in Calabria compresa la cattura di un bastimento siracusano, che operava il commercio clandestino del sale. Anche allora!

    Caduta ogni speranza per Murat di conservare il regno in seguito alla definitiva sconfitta di Napoleone a Waterloo, al maggior generale francese non restava ormai che abbandonare la Calabria, per cui a Messina il 13 giugno 1815 riusciva a imbarcarsi su un battello greco che faceva vela per Tolone. Napoleone III lo creerà commendatore della Legion d’Onore e generale conte di Serre. Si fregerà pure dell’ordine delle Due Sicilie[2]

     Le memorie del Desvernois sono state edite una prima volta, come in nota, nel 1858 per interessamento di una sua nipote (Memoires du général Bon (barone) Desvernois d’après les manuscrits originaux-Publiés sous les auspices de sa nièce M.me Bousson-Desvernois 1789-1815, Paris, Ch. Tanera Editeur Librairie Plon-E. Plon, Nourrit et C.ie Imprimeurs-Èditeurs. L’introduzione e le note sono di Albert Dufourcq). Una successiva edizione si è verificata nel 1898, sempre a Parigi a cura degli stampatori-editori E. Plon, Nourrit e C.ie. Un’impeccabile traduzione è avvenuta nel 1993 e si deve al Prof. Giuseppe Misitano (N. F. Desvernois, Un Generale di Napoleone nel Regno di Napoli Memorie di N. Ph. Desvernois 1801-1813, Qualecultura Jaca Book, Vibo Valentia 1993. Ampie notizie sulle peripezie dei manoscritti del Desvernois e sui suoi mancati editori è dato leggerle a cura di Alberto Lumbroso su una nota rivista, la Rivista Storica Italiana (Dir. C. Rinaudo, vol. XV (III della N. S.), Fratelli Bocca, Torino ecc. 1898, pp. 444-447). 
                                                                                                                                                                           Rocco Liberti
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[1] Souvenirs militaires du Baron Desvernois redigés d’après les documents authentiques par Emm. Bousson de Mairet, Paris Ch. Tanera Editeur 1858, p. 147, trad. dal francese.


[2] Ivi.