di Bruno Demasi
La conclusione dell’ennesima fallimentare annata agrumicola, che ha prodotto soltanto tanta fame e tanto freddo, e non solo agli immigrati, in una Piana sopraffatta dalle leggi UE che vedono arrivare sui mercati italiani le arance del Maghreb e che non consentono di moralizzare l’uso dei fondi destinati allo sviluppo sociale, coincide quest’anno con la nascita di neocircoli politici intitolati a cani o con i sequestri nel porto di Gioia di quintali di cocaina sotto lo sguardo scandalizzato e indolente dell’opinione pubblica locale e non . Abbiamo di tutto, ma non abbiamo niente: una condizione politica e sociale neanche da terzo mondo, solo la buona volontà della gente: a Drosi un gruppo di cittadini ha avviato da quattro anni un progetto che permette di accogliere ogni stagione circa cento lavoratori immigrati in abitazioni sfitte del paese tramite il pagamento di un canone minimo. La maggior parte dei migranti vive invece in baraccopoli e casolari abbandonati, nonostante 2 su 3 posseggano un regolare permesso di soggiorno o siano titolari di protezione internazionale o umanitaria. L’11 marzo scorso un team di Medici per i Diritti Umani ha distribuito sacchi a pelo termici a 120
migranti impiegati come lavoratori stagionali, costretti a vivere in drammatiche condizioni abitative ed igienico sanitarie all’interno di alcuni casolari abbandonati nelle campagne di Taurianova, Rizziconi e Rosarno. In occasione della stagione agrumicola da novembre a marzo, giungono infatti ogni anno nella Piana di Gioia Tauro oltre duemila braccianti, per la maggior parte dell’Africa sub-sahariana.
Nonostante nei territori dei Comuni di Rosarno, San Ferdinando, Gioia Tauro, Rizziconi e Taurianova il fenomeno si ripeta ormai da anni con le medesime caratteristiche, le condizioni di lavoro e di accoglienza di questi migranti - sulle cui spalle si regge letteralmente gran parte del comparto agricolo della Piana - continuano a essere disastrose. Nella nuova tendopoli di San Ferdinando, allestita dal Ministero dell’Interno circa un anno fa, le tende possono ospitare fino a 450 persone mentre attualmente il campo contiene circa il doppio di migranti.Solo qualcuno ancora ricorda che nello scorso novembre, un giovane migrante che non aveva trovato posto all’interno del campo, è morto di freddo all’interno di un’autovettura.
Dal mese di febbraio a oggi un team di Medu ha prestato prima assistenza medica e orientamento socio-sanitario a oltre 150 lavoratori migranti presso la tendopoli di San Ferdinando e in differenti insediamenti isolati e casolari della Piana di Gioia Tauro. Si tratta per lo più di giovani uomini - l’80% ha un’età inferiore ai 35 anni - provenienti nella maggior parte dei casi da Burkina Faso, Mali, Ghana, Costa d’Avorio e Senegal. In oltre il 70% dei casi i pazienti possedevano un regolare permesso di soggiorno e quasi la metà (45%) era titolare di un permesso per protezione internazionale o per motivi umanitari. Il 95% di essi è in Italia da oltre due anni mentre il 68% ha una conoscenza sufficiente o buona della lingua italiana. L’89% lavora in nero e il 64% percepisce in media 25 euro per un giorno di lavoro o anche meno. Quasi la metà dei migranti (46%) non riesce a lavorare più di tre giorni alla settimana per turni che sono in genere di 7-8 ore giornaliere anche se 1 lavoratore su 4 ha dichiarato di lavorare anche 9-10 ore al giorno.
Se la grande tendopoli è stata sostanzialmente abbandonata a se stessa dalle Istituzioni regionali e nazionali che avevano provveduto ad allestirla e che avrebbero dovuto farsene carico - evidente che un piccolo Comune come quello di San Ferdinando non ha la possibilità di gestire una struttura d’accoglienza simile - altri progetti finanziati con fondi ministeriali come il villaggio della solidarietà a Rosarno e i centri di accoglienza di Drosi e Taurianova sono bloccati a causa di un’interdittiva antimafia, nel primo caso, e a problemi tecnici negli altri due’.