di Bruno Demasi
Osservare, magari da lontano e a naso tappato, un posto come la tendopoli e il ghetto di San
Ferdinando, o i casolari in cui vivono i lavoratori stranieri, dovrebbe significare
chiedersi perché i braccianti africani, come quelli
rumeni o bulgari, per lavorare devono vivere in queste condizioni?
Perché tutti lavorano in nero, per 9 ore di fila? Per ogni cassetta di
arance, un lavoratore guadagna 50 centesimi di euro, ma la stessa quantità di arance al supermercato costa 24 euro.
Il lavoro degli stranieri in Italia può essere ignobilmente sfruttato perché le leggi sull’immigrazione creano un sistema dove i lavoratori immigrati senza permesso di soggiorno non hanno nessun diritto. Ma anche chi ha il permesso è sfruttato, perché il permesso è spesso legato ad un contratto di lavoro, e i lavoratori stranieri sono costretti ad accettare condizioni disumane per mantenere il lavoro e quindi i documenti.
Per il lavoro agricolo esistono dei contratti. Ma i contratti sono rari, e spesso, anche quando ci sono, sono falsi o non rispettano le regole.
La paga minima è di 46 euro al giorno. Il padrone deve dare ai
braccianti stagionali un posto dove dormire e mangiare, pagare la
liquidazione e rimborsare il viaggio per chi arriva da fuori. Il padrone
deve anche pagare i contributi, che servono ad esempio per poter avere
la malattia pagata. Con 51 giornate di lavoro regolare all’anno il
lavoratore ha diritto al sussidio di disoccupazione. Ma le giornate di
lavoro spesso non sono segnate e quindi il lavoratore perde i suoi
diritti. Per essere assunti regolarmente, bisogna iscriversi ai centri
per l’impiego.
La crisi economica e le politiche del governo italiano stanno
peggiorando la situazione per tutti, e i primi a pagare sono spesso gli
immigrati, che sono i più isolati e ricattabili. Però anche gli italiani,
soprattutto in regioni come la Calabria, subiscono gravi condizioni di
sfruttamento e isolamento, e spesso questo crea conflitti con gli
stranieri. Ma il razzismo è, anche questo, uno strumento di divisione
che permette lo sfruttamento e l’impoverimento di tutti. Negare i
diritti ad alcuni lavoratori vuol dire attaccare i diritti di tutti i
lavoratori, perché se il padrone può dare a qualcuno una paga da fame,
si abbassano le paghe per tutti.
Per decidere il da farsi dobbiamo aspettare ancora i riscontri dell"Osservatorio" "Migrantes" o le indicazioni offerte dai mille costosissimi convegni scolastici sull' integrazione ... o possiamo passare direttamente a rimboccarci le maniche?