di Domenico Napoli
Le Zone Economiche Speciali (ZES) furono create nella Repubblica Popolare Cinese a partire dagli anni ’80 del secolo scorso con la riforma dell’Economia Socialista di Mercato voluta da Deng Xiao Ping, il successore di Mao Tse Tung. Nelle ZES cinesi è in atto un particolare sistema di franchigia doganale sulle materie prime destinate alla lavorazione industriale e, successivamente, all’esportazione, ed una completa liberalizzazione e flessibilità del mercato del lavoro. Ciò ha consentito uno straordinario sviluppo economico delle aree interessate, come testimoniato dal caso della prima ZES costituita, nella città di Shenzen: agli inizi degli anni ’80 Shenzen, situata nella baia di Hong Kong, dove sorgono anche le città di Macao e Canton era una cittadina di 25.000 abitanti, mentre oggi è una metropoli di 3 milioni di abitanti. Nel Mediterraneo, oltre alla crescente realtà di Tangeri in Marocco, possiamo segnalare ben otto zone franche minori in Egitto e una a Smirne in Turchia. E’ questo il modello a cui bisogna riferirsi per Gioia Tauro, ma si continua a perdere volutamente moltissimo tempo.
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Abbiamo guardato, e guardiamo ancora, con sufficienza i marocchini che venivano a vendere ( e in piccola parte continuano a farlo) le loro cianfrusaglie per le strade e sulle spiagge per guadagnare qualche euro e poi tornarsene a casa e investirlo in cambio di tanti, ma tanti Dirham con cui costruirsi una casa o aprire una nuova attività produttiva e commerciale. Molti l’hanno già fatto in questi ultimi anni, ma non solo loro. Parecchi imprenditori italiani infatti hanno ormai lasciato soprattutto la Sicilia, la stessa Calabria e altre zone della Penisola per impiantare sul territorio del Marocco le loro aziende grazie alla politica intelligente del governo di Rabat che concede suoli, energia , strade e acqua pressochè gratis a chi apre uno stabilimento e dà lavoro a quell’esercito di ex disperati che un tempo scappava anche dalle coste del Magheb ed approdava sulle nostre per elemosinare pochi spiccioli quotidiani.
La misura di questa nuova politica vincente di Rabat è la realtà di Tangeri (foto 1), nata e cresciuta in pochissimo tempo al contrario delle insipide e colpevoli lungaggini italiane che non hanno consentito e non consentono ancora la nascita della ZES a Gioia Tauro.
A fronte della fragilissima politica economica nostrana, il governo di Rabat sta provvedendo all’ampliamento del porto di Tangeri, realizzando quello che viene denominato TangerMed II che, una volta completati i lavori, sarà il più grande porto del Mediterraneo, con una capacità potenziale di 8 milioni di TEUS: grazie a tutta una serie d’incentivi che contribuiscono ad aumentare l’interesse nei suoi confronti da parte delle imprese straniere interessate a delocalizzare la produzione (ad esempio IRES 3 “Imposta sul Reddito delle società” allo 0% per i primi 5 anni e al 17,5% per gli anni seguenti, IRPEF al 20%, sostegno alla formazione continua, flessibilità della legislazione sul lavoro, tariffe telefoniche e contratti di locazione fino al 30% inferiori rispetto ai prezzi di mercato, e un regime doganale e fiscale speciale - previsto l'esonero d’imposte sull’acquisizione di terreni, di licenze industriali per un massimo di 15 anni, sui ricavi delle azioni e sui redditi dei non residenti - come del resto per la Tanger Free Zone e le altre piazze offshore vecchie e nuove (CasaNearShore Park, che si estende su una superficie di 290.000 m2 e può ospitare oltre 30.000 lavoratori, il TechnoPolis di Salè-Rabat, che si sviluppa su una superficie di 300 ettari, il parco integrato di FèsShore - consegna della prima tranche del progetto è prevista per il giugno del 2010 - che potrà disporre di una superficie di 131.000 m2).
Si sta realizzando insomma proprio dirimpetto alle coste della Calabria , a non molte miglia nautiche di distanza, il sogno di Gioia Tauro, quello che in una recente convegno sui possibili fattori di sviluppo per il porto calabrese, Domenico Bagalà, Amministratore Delegato della “MCT s.p.a.” Medcenter Container Terminal (vd. filmato e seconda foto) ha ripreso raccontando con una punta di invidia per tutti noi, l’esperienza di Tangeri, che nonostante presenti ancora un tessuto sociale ed economico più disastroso dell’Italia, in 4 anni è riuscita a ottenere risultati strabilianti grazie alla ZES.
Secondo Bagalà infatti la semplificazione normativa è un punto importante per le imprese che vogliono investire, a Tangeri è stato creato uno sportello unico, un unico interlocutore cui si rivolge l’azienda e che si districa successivamente nelle concessioni su più livelli. Ha inoltre specificato come la ZES sia un progetto per una zona che non possiede particolari risorse finanziarie, e dove proprio le imprese che decidono di investirvi possono fungere da start up dell’economia della regione. Il Mediterraneo, attualmente, non presenta elementi di attrazione per le imprese internazionali, perciò la ZES, come fattore di sviluppo e miglioramento logistico potrebbe portare benefici sostanziali all’economia dell’area.
Una necessità ormai imprescindibile più volte ribadita dallo stesso ingegnere Marco Simonetti, rappresentante della Contship Italia Group,( a sinistra nella terza foto) che ritiene indispensabile un impegno congiunto per creare interesse sull’area calabrese. Per Simonetti importante è, senza dubbio, sviluppare la zona retrostante per dare piena attuazione a un tipo di traffico che non sia solamente il transhipment. Il mancato impegno in questo senso potrebbe portare a un trasferimento completo del traffico navale in porti non UE, se questo non risultasse più conveniente per le grandi imprese navali. Questa fattispecie costituirebbe una seria minaccia per gli scambi marittimi dell’Europa e per la continuità degli approvvigionamenti dei Paesi comunitari.
Appare chiaro che l’opportunità per l’area industriale del porto di Gioia Tauro diventa proprio questa, ossia quella di inserirsi all’interno delle reti internazionali di relazioni commerciali – industriali – organizzative, e favorire l’insediamento di industrie che si occupino dell’assemblaggio di un prodotto finito.
L’ottimismo della volontà ci induce ancora a sperare, malgrado il pessimismo della ragione che vede nell’atteggiamento attuale dello Stato verso il Porto e verso la stessa stabilizzazione dell’autorità portuale esempi di assoluto disinteresse che occorre rimuovere al più presto se si vuole inaugurare una nuova stagione per la Piana di Gioia Tauro, per la Calabria tutta e per il Mediterraneo!