sabato 15 giugno 2024

ALTRE NOTIZIE SU GIUSEPPE NUNZIATO MURATORE ( di Rocco Liberti)

     Queste nuove notizie sull’illustre canonico musicista di Messignadi Giuseppe Nunziato Muratore ( 1786 – 1860), già parzialmente apparse sul “Corriere di Reggio”, nel n. 35 dell’11 ottobre 1980, p.3, aprono nuove prospettive di ricerca su questa singolare e bella figura di artista e di uomo di chiesa, alla quale su questo spazio ( clicca qui per leggere IL CANONICO GIUSEPPE NUNZIATO MURATORE , UN MESSIGNADESE AI FASTI DELLA MUSICA  ) un studio pregno di tutte le informazioni possibili è già stato dedicato dal prof. Rocco Liberti. All’ Autore un doppio ringraziamento per essere tornato con metodo e passione su una figura messignadese quasi dimenticata e per averci fatto  ritrovare in questa pagina anche la figura dell’avvocato Filippo Grillo a cui gli Oppidesi devono tanto, e non solo in termini musicali. (Bruno Demasi) 
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   Dopo l’avvenuto recente ritrovamento di alcuni componimenti dell’illustre messignadese Giuseppe Nunziato Muratore, il quale con una punta di snobismo amava farsi chiamare Muratori , e la conseguente esecuzione di particolari brani offerta dal Coro Polifonico “Maria SS. Annunziata” di Oppido, diretto da d. Vincenzo Tropeano in apposito concerto, sembrava che la di lui produzione dovesse limitarsi a quanto l’avv. Filippo Grillo era riuscito a ricavare da un’indagine esperita in un deposito della sua casa da parecchio negletto. Ma era destino che le cose dovessero svolgersi diversamente quando nuovi reiterati tentativi hanno riportato alla luce due ulteriori importanti manoscritti, che, oltre a illuminarci sull’opera muratoriana rendono conto anche dei suoi studi e dei rapporti da lui avuti con l’ambiente dell’epoca.

  Il primo manoscritto, quello che più interessa noi posteri, ma che peraltro era già a conoscenza di designati autori[1], contiene lavori di carattere prettamente sacro ed è intitolato “Partitura Originale di tutte le Cantilene che sollennizza S.a chiesa nelle misteriose funzioni della Settimana Santa”. Esso, in successione alla parte musicale propriamente detta fa seguire anche delle notazioni di pugno del Muratore, che indicano con estrema chiarezza il periodo in cui è avvenuta la composizione nonché i relativi momenti d’ispirazione. Non è raro rinvenirvi delle stranezze! Certi passi appaiono infatti essere stati concepiti in atto che il musicista veniva assalito da forte febbre. Il particolare ci porta a pensare che il buon prete dovesse risultare particolarmente sensibile al richiamo dell’estro in tali per altro non agevoli frangenti.

    Il componimento in questione, dal quale si apprende che il Muratore o Muratori, come indicato, era “Maestro di Musica, di Canto Gregoriano, ed Organista giubbilato della stessa Cattedrale”, è stato formato in varie riprese per «ordine di Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor D. Francesco M.a Coppola Vescovo di Oppido» e così di seguito distribuito.

   Alla “Introduzione o finimento della Ia Lamentazione del Giovedì Santo”, scritta il 17 aprile del 1848 e il 3 aprile dell’anno successivo, seguono il “Sepulto Domino per lo Santo Sepolcro dell’Adorazione del SS. nel Giovedì Santo”, completato su richiesta dell’arciprete d. Rocco Garigliano tra il 24 e il 25 marzo del 1850 e lo “Stabat Mater” allestito «per insinuazione» del vescovo mons. Caputo, successore del Coppola, nel lasso di tempo compreso tra il 12 marzo e il 19 giugno del 1856. Il “Sepulto Domino” è stato richiesto a motivo che il parroco della cattedrale voleva farne un confronto con un altro stampato in Roma e solito a cantarsi nella chiesa di Mileto. Il brano è stato offerto senza accompagnamento di organo e sotto la direzione del Muratore per la prima volta dopo il “Proemio della Predica della Passione” fatta dal teologo della cattedrale medesima, d. Giuseppe M.a Scrugli[ii], con solisti notar d. Gaetano Vorluni (1° tenore), canonico d. Pasquale Zerbi (2° tenore, anche lui musicista e discepolo del Muratore e valente organista), sacerdote d. Francesco Zitolo (1° basso) e diacono d. Raffaele Virdia (2° basso). Lo “Stabat”, per altro verso, era stato postulato a uso privato delle nipoti del vescovo Caputo, le quali si trovavano per allora in un monastero di Nardò. Allo “Stabat” è premessa una lunga dedica che il nostro Messignadese ha voluto indirizzare al suo vescovo nel marzo del 1858 e che ribadisce chiaramente, se ancora ce ne fosse bisogno, come quel presule cotanto odiato e criticato non fosse poi quel mostro di prepotenza e di brutture dipinto da interessati individui e come in Oppido sapesse circondarsi dall’affetto di persone di tutto rispetto e valore. Ma ecco la dedica, ch’è bene riprodurre per molteplici motivi:

«Eccellenza Rev.ma,
    Non m’incolpi di soverchia arditezza, umilmente la prego, se mi fò a dedicarle la presente qualunque siasi composizione Musicale della tre volte mesta e dolorosa Elegìa sacra all’afflittissima Donzelletta di Nazaret, Madre del Verbo incarnato, che là sul Golgota diè compimento con lo sborzo del suo preziosissimo sangue all’opera dell’Umana Redenzione. Se tardi posi mano all’esecuzione dei di Lei preggiatissimi comandi, fu il tormentoso pensiere di non esser io da tanto a mettere su le corde armoniche quell’Inno, che con magiche note venne composto da distintissime aurate penne dei primi corifei dell’Angelica Scienza, che al tacer degli altri, un Pergolesi un Rossini si han provocato rinomanza immortale presso i cultori del Bello, presso i tenenti seggio onorato nel vastissimo campo dell’Armonico. Non pertanto ad incoraggiarmi bastò l’asserto dell’Ecc.za Sua R.ma di desiderare, cioè, non una Musica chiassosa ad orchestra, ma che ogni Strofe vestita fosse di una Musica semplice, brevissima, provocatoria, ed espressiva coll’accompagnamento dell’Organo solo, adattata alla capacità dell’Educande nel rinomato rispettabile Monistero di S. Chiara nella fiorita città di Nardò, in mezzo a cui van comprese le nobilissime figliuole dell’unico di Lei Fratello D. Giuseppe alle quali dedico mia debolissima servitù. Ed in vero, appo chi poteva mai la timorosa neonata Fanciulla trovar più sicuro asilo, se non presso Colui che causa ne fù dell’esistenza sua? L’accolga, dunque, e ove mai non fossi arrivato a soddisfare il forbito gusto di Lei, e di chiunque l’ascolterà, La priego imitar COLUI CHE guarda e passa. Con un profondo inchino, e col bacio della Sacra destra implorando la Pastoral Benedizione mi proffero, e dedico Dell’Ecc.a V.ra Re.ma Oppido 22 marzo 1858 Can. Giuseppe Nunziato Muratori.»

    Le “Parti della Turba, e Parti principali del Cronista nel Passio di S. Matteo per la Domenica delle Palme”, di cui qualche passo appare ideato il 18 marzo 1837, sono state composte a partire dal 1818, quando l’autore viveva a Napoli e dovevano essere cantate «nel Monistero» dallo stesso, che sarebbe stato accompagnato all’organo da una monaca sua discepola. A esse segue un “Brevissimo Miserere alla Palestrina a 3 voci”.

   Del “Christus e … Miserere Pel triduo delle Tenebre nella Settimana Santa” allestiti durante la settimana di Passione del 1823, ripresi più tardi tra il 21 e il 23 agosto del 1839, una copia è stata estratta nel marzo del 1857 e data a d. Vito Andrea De Risi, segretario del Caputo e rettore del Seminario, oriundo di Roccanova in Basilicata, che ne aveva fatto istanza per spedirla ad un suo Amico Dilettante di Musica, che abitava a Brindisi.

   La “Introduzione e il finimento della 1a Lamentazione per il Mercoledì Santo in canto corale” figurano realizzati il 17 aprile del 1848 a domanda dell’amico «Canonico Cavalier D. Domenico Mujà».
 
  Il secondo manoscritto ritrovato dall’avv. Grillo non comprende fatiche del Muratore, ma si rivela semplicemente quale una “Raccolta di Solfeggi di Soprano, Alto e Basso composti dal Signor D. Nicolò Zingarelli Direttore del Real Collegio di Musica in S. Sebastiano”. Detto, ch’è diviso in tre parti e di cui è riportata finanche la nota delle spese occorse per la sua copiatura, è stato realizzato a Napoli nel luglio del 1819. Il lavoro non è importante ai fini del reperimento delle opere scomparse del Muratore, però è molto utile, assieme alla lista, di cui abbiamo appena riferito, nel fissare al biennio 1818-1819 la di lui dimora nella città del Golfo e nello stabilire definitivamente, contro i dubbi sollevati da qualcuno, ch’egli realmente è stato allievo dello Zingarelli, se non a S. Pietro a Majella, almeno nel Collegio di Musica di S. Sebastiano, però sempre a Napoli. Difatti, si sa che Nicola Antonio Zingarelli (1752-1837), compositore napoletano di una certa notorietà, trascorse svariate vicissitudini che lo hanno portato in Francia prigioniero di Napoleone, ha fatto ritorno nella sua città natale, dove ha retto nel 1813 il Reale Collegio di Musica e dove nel 1816 è stato pure nominato maestro di cappella della cattedrale, al posto ch’era già appartenuto al Paisiello. Lo Zingarelli ha scritto soprattutto opere di stampo religioso, ma anche Messe, Requiem, Stabat Mater, Miserere ecc., per cui niente di più facile che il Muratore si sia ispirato al Maestro per le sue principali composizioni.

                                                                                                                                       Rocco Liberti
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[1] L. ALIQUO’ LENZI-F. ALIQUO’ TAVERRITI, Gli scrittori calabresi, Reggio Cal., IIa ediz. 1955, alla voce.
[ii] Lo Scrugli, nato a Tropea nel 1802, è ivi deceduto nel 1876. Inquadrato tra i Padri Liguorini, ha dovuto presto abbandonare la congregazione per motivi di salute. Indi, è stato teologo della cattedrale di Oppido, in successione di quella del paese natale. Che non si debba a lui l’avvìo del nostro padre Grillo finito missionario in Cina?