venerdì 19 gennaio 2024

IL CANONICO GIUSEPPE NUNZIATO MURATORE , UN MESSIGNADESE AI FASTI DELLA MUSICA ( di Rocco Liberti)

       Questa  ricerca condotta da Rocco Liberti sul canonico Giuseppe Nunziato Muratore vide la luce nel 2001 in occasione dell’intitolazione della Scuola Primaria di Messignadi. Nel tempo essa ha subito alcuni rimaneggiamenti, prevalentemente sul piano formale e nel corredo delle immagini, assumendo una fisionomia sostanzialmente nuova. E’ sicuramente il caso di proporla in questa nuova veste all’attenzione di quanti, Messignadesi e non, specialmente tra le generazioni giovani e giovanissime, chiedono spesso di conoscere meglio l’eccezionale figura di questo musicista che ebbe i natali nel cuore forse più primigenio dell’Aspromonte e la capacità inusuale di spiccare presto il volo verso traguardi molto importanti sia sul piano religioso sia sul piano artistico.
      Al Liberti anche il grande merito di aver suggerito e trovato la migliore  custodia possibile , di concerto con il rimpianto avvocato Filippo Grillo, per la parte più cospicua della produzione musicale muratoriana raccolta in due volumi manoscritti oggi gelosamente conservati nell’archivio storico diocesano, a sua volta memoria palpitante di un passato glorioso e tutt’altro che sepolto.
( Bruno Demasi)

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    Fino a pochi decenni or sono Giuseppe Nunziato Muratore, sacerdote musicista di Messignadi, era quasi uno sconosciuto, anche se il buon Frascà nel 1930 ne aveva proposto un discreto profilo attingendo a vari autori e ai ricordi degli anziani. Un approccio serio alle sue figura e opere si data appunto dalla fine degli anni '70 del passato secolo e primo a scriverne è stato il Pignataro nel 1979. Hanno seguito a ruota gli interventi del sottoscritto e di don Tropeano. Questi ha avuto addirittura il grande merito di farne gustare alcune tra le più belle e accattivanti composizioni sacre, le stesse comprese nei due volumi manoscritti che per mia esclusiva indicazione si trovano custoditi nell'archivio diocesano. L'avv. Filippo Grillo, di buona memoria, che n'è stato a lungo in possesso, aveva chiesto proprio a me di consigliargli la sede più appropriata cui affidare, assieme ad altre, quelle preziose carte e non mi è stato certo difficile proporgliela. Temeva egli che un giorno, non essendoci più, avrebbero potuto fare una ben triste fine. A Oppido, purtroppo, troppe memorie sono sparite nel vortice delle ricorrenti spoliazioni anche a opera di chi ne avrebbe dovuto aver cura. 

   In verità, non è che sia proprio mancato l'interesse intorno alla persona del Muratore, ma al tempo in cui il Frascà era attento alla sua monografia la ricerca sto­rica si qualificava fatica improba e proibitiva per chi stava rinserrato nel suo paesello, dove biblioteche pubbliche e archivi si qualificavano solo un mito. Eppure, già nel 1869 l'avv. Tommaso Polistina, grosso personaggio del movimento cattolico, ne offriva un affettuoso ricordo sulle pagine della rivista reggina "La Zagara", Lenzi e Taverriti nel 1913 inserivano la voce nel loro dizionario "Gli Scrittori Calabresi", mentre Alfonso Frangipane nel 1954 ne discorreva utilizzando notizie fatte avere dal maestro Achille Longo nel 1915 con una lettera a mons. Puija, arcivescovo di Reggio. Fino a poco tempo fa al cimitero di Oppido si conservavano le spoglie di tal personaggio. Vi erano state traslate nel 1906 a causa del sisma dell'anno precedente che aveva danneggiato la chiesa parrocchiale di Messignadi. Si debbono dare oggi purtroppo per scomparse, sacrificate all'ingordigia dei cacciatori di loculi[1]. Il sindaco Coco, su suggerimento del Pignataro si diceva disposto a far mettere una lapide, ma - che è che non è - al suo posto oggi c’è altra.

    Muratore o Muratori? Tale contrapposizione potrebbe apparire pura questione di lana caprina, ma così non è. Al nostro concittadino probabilmente non faceva difetto un certo snobismo, che doveva spingerlo a firmare Muratori, forse memore di quel grande storico del '700 a nome Ludovico Antonio, ma potrà anche essersi trattato di una semplice deformazione. Infatti, firmava allo stesso modo già quindicenne nel 1801 in una richiesta rivolta al vescovo a fine di ottenere gli ordini minori. Non intendo far torto a una precisa volontà né dare addosso a chi lo ha soste­nuto per tal motivo a spada tratta, ma quello che conta è il documento e sia nell'atto di nascita che in quello di morte, in parrocchia come al comune, il cognome è chia­ramente Muratore, d'altronde quello stesso che da secoli si reitera di generazione in generazione per diversi nuclei familiari messignadesi. 

  Muratore nacque dunque a Messignadi il 28 agosto 1786 da Stefano e Francesca Lia, che, il contemporaneo Polistina dice poverissimi parenti. A questo punto sorge spontanea una domanda. Chi si è impegnato a procurare il sacro patrimonio necessario a farlo entrare in Seminario? Non si scappa! O il parroco pro-tempore d. Domenico Cutrì oppure qualche nobilotto che ben poteva disporre del suo. All'epoca, ma anche dopo, per poter accedere al sacerdozio era indispensabile che un neofito potesse godere di un cespite apposito. A meno che non avesse espresso doti tali da mettersi in grande evidenza e fare breccia nel cuore di chi era al sommo della scala. D'altronde, si viveva in un momento particolare. Oppido era appena rinata dal terribile sfascio del 5 febbraio 1783 e nella comunità l'aiuto vicendevole poteva risultare una pratica ricorrente. Comunque, nel 1801 quegli risultava operare nella chiesa di Messignadi quale cappellano. Evidentemente, quanto ricavava gli era sufficiente a mantenersi in seminario. Tutto questo per quanto riguarda il seminario, ma a S. Pietro a Majella come ci è arrivato? È chiaro che nell'operazione sarà intervenuto qualcuno che godeva di buone sostanze! Dieci anni dopo quella sua richiesta, soddisfatta senzaltro dal vescovo Tommasini, deciso a ricostruire non solo le infrastrutture murarie della sua diocesi, ma anche la comunità dei sacerdoti, il 12 agosto 1811 il seminarista Muratore, ch'era stato già insignito dell'accolitato, si rivolgeva nuovamente al presule petendo di essere promosso all'ippodiaconato, cioè al suddiaconato. Per ottenere il secondo grado degli ordini minori è stato esaminato in filosofia e diritto di natura da Domenico Avenoso e Giosofatto Tedesco, quest'ultimo della vicina Tresilico e valente latinista. Probabilmente, l'ordine completo è stato raggiunto nel 1813.

    Poco o nulla conosciamo sull'attività di Muratore sacerdote, parecchio invece su Muratore compositore e suonatore d'organo. Ce ne danno facoltà soprattutto due contemporanei di gran valore, il Polistina ancora e Achille Longo. Questi a Oppido ha diretto per vario tempo la banda cittadina ed è stato anche lui compositore. Era peraltro padre di quell'Alessandro, che ha toccato alti vertici e a Oppido ha avuto nel Comune un suo grande pa­trocinatore. Secondo il primo, il giovane messignadese ha seguito gli studi classici alla scuola di Nicolò Zingarelli nel Collegio di S. Pietro a Majella. Non sappiamo quando ciò è avvenuto, ma un suo manoscritto, ch'è poi una "Raccolta di Solfeggi di Soprano, Alto e Basso composti dal Signor D. Nicolò Zingarelli Direttore del Real Collegio di Musica in San Sebastiano" appare formato a Napoli nel 1819. Peraltro, qualche passo delle "Parti della Turba, e Parti principali del Cronista nel Passio di S. Matteo" figura in altro manoscritto ideato il 18 marzo 1817 e principiato a com­porre nel 1818, quando l'autore viveva a Napoli e da lui stesso doveva cantarsi "nel Monistero" con accompagnamento all'organo da parte di una monaca sua discepola.

   A S. Pietro a Majella il Muratore ha conosciuto Saverio Mercadante, che l'avrebbe spinto a recarsi con lui a Milano «a scrivere spartiti per que' teatri», ma è ri­tornato presto sui propri passi onde soddisfare la sua prima vocazione. Il Polistina scrive a proposito che il Miserere di quel grande compositore «posto a paraggio con quello del Muratori ne perde di pregio e di bellezza. Altro forse si scandalizzerà di così ardite parole, ma io vorrei che si sentisse quel capolavoro senza i veli della pas­sione ed i pregiudizii, che spesso induce negli intelletti la fama e la celebrità dei grandi». Informano Lenzi e Taverriti che il Miserere è stato parecchio in voga nelle chiese del Napoletano e della Sicilia e, addirittura, che il vescovo Coppola ha condonato al Muratore una punizione quando un venerdì santo ha avuto occasione di sentirgli in­tonare con grande fervore un versetto del Peccavi et malum coram durante le tradi­zionali ore dell'agonìa. Secondo ancora gli stessi e il Frascà, il Muratore avrebbe avuto a compagno a S. Pietro a Majella anche il Bellini. Nel 1848 Muratore si qualificava canonico Maestro di musica, di Canto Gregoriano, ed Organista giubbilato della cattedrale. Restituitosi perciò a Oppido, non ha potuto fare passi da gigante nella composizione, per cui le sue espressioni sono causate in grandissima parte da motivi occasionali o da richieste di confratelli e amici. Riferisce lui stesso, addirittura, che certi canti è venuto a comporli in momenti nei quali veniva interessato da forte febbre. Così scrive il Polistina:
«Un giorno il povero prete non avea che fosse un soldo nella sua scarsella, la noia ed il rincrescimento, che viene dalla miseria, avea ingombro lo squallido tetto ... Affranto, sospiroso, stava sdrajato sopra il suo povero giaciglio e pensava e pregava ... si leva di botto, piega i ginocchi avanti alla Madonna e prega e piange, e la prece ed il pianto del Muratori fu una litania, che egli intitolò la Preghiera. Cento volte la sentii ed altrettante ne lacrimai ... Preghiera, divina che io ti senta un'altra volta ancora. E come il vescovo Franchini volle sentir modulate sul letto di morte nei momenti estremi il Memento mei dell'Agonìa del Muratori, così io vorrei, che i miei supremi istanti fossero accompagnati dalla Preghiera».

   Indubbiamente, il musicista con le sue accorate note sapeva toccare le corde giuste riuscendo a penetrare a fondo nell'animo umano.
   Se il Muratore ha formato il volume manoscritto comprendente tutte le sue opere per ordine del vescovo Coppola, come da lui scritto, per tanti altri personaggi è venuto egli a comporre singolarmente per l'arciprete d. Rocco Garigliano, mons. Caputo, can. d. Domenico Mujà e altri. E tanti sono stati anche i suoi parolieri, quasi tutti allora viventi, come l'abate Giovanni Conìa, Tommaso Vitrioli, Candido Zerbi e Giuseppe Joculano, i quali gli hanno fornito bastante materiale poetico su cui ricamare avvincenti note. E tante e brillanti dovevano risultare le voci impiegate, dal 1° tenore d. Gaetano Vorluni al 2°, can. d. Pasquale Zerbi e dal 1° basso, d. Francesco Zito al 2° diacono d. Raffaele Virdia, che nel 1850 avevano cantato il Sepulto Domino, che il galatrese Garigliano aveva richiesto per contrapporlo ad altro stampato a Roma e solito a essere officiato nella chiesa di Mileto. Quella prima parte del secolo si qualificava davvero di buon momento per la diocesi oppidana, nel cui seminario perveniva il fior fiore della gioventù studiosa del reggino. Tanti e validi sono stati davvero i professionisti e i sacerdoti che da esso sono venuti fuori. Così scriveva su "Fede e Civiltà" nel 1902 lo scillese Polistina, citato varie volte in precedenza, ricordando il tempo in cui si era trovato a vivere da allievo nell'istituto oppidese:
«Io ricordo sempre con amore quei giorni, che passai nel seminario oppidese, ove compii gran parte della mia educazione letteraria e scientifica; avendo avuto a professori nella prima Carmine Barbone, anima celeste, fantasia ardente, eloquio alato; e nella seconda, Domenico Virdia, ingegno versatile e potente nel tempo istesso».
   Il Muratore ha rivestito di struggenti note soprattutto opere di carattere sacro, dalle Sante Messe ai canti relativi alla benedizione serotina conseguenziale alla recita del S. Rosario e dalle lamentazioni del giovedì santo a inni in onore di vari santi e pastorali, ma anche, come riferisce il Frascà ariette cavatine e barcarole con canto accompagnato da chitarra o da cembalo, che gli Oppidesi sembra gustassero tanto. Una barcarola, su parole di Domenico Zerbi musicata nel 1840 era rimasta nella memoria dei cittadini, come anche quelle scritte da Valletta o da autore ignoto, di cui era nota - dice sempre il Frascà - una molto scollacciata, che si rivolgeva a una certa Nice. Invero, il sacerdote musicista incline alla musica di tipo drammatico-sentimentale sapeva anche essere «faceto, sarcastico, sempre pronto alla barzelletta».

   Il Muratore è morto il 26 novembre 1860 e con lui si è disperso quanto faticosamente aveva artisticamente creato. Avrebbe dovuto provvedere all'edizione di tutto il valente discepolo e interprete canonico d. Pasquale Zerbi, ma questi lo ha seguito nella tomba solo sei anni dopo, per cui ogni cosa è rimasta sepolta nella biblioteca privata della famiglia Grillo, presso cui ne è pervenuta, non sappiamo in quali frangenti, una buona parte. Quale il valore da dare alla musica del compositore di Messignadi? Non possiamo che affidarci a chi l'ha conosciuta. Così Domenico Grillo, che di musica se ne intendeva:
«In massima può dirsi appartenga al periodo della decadenza, risenta molto della maniera del suo maestro Zingarelli, poco del condiscepolo Mercadante, nulla del Bellini. Forse i difetti dovranno attribuirsi alla facilità del comporre, senza limare, spesso poco prima della esecuzione, come si rileva da molte annotazioni da lui scritte in fine di certi pezzi e dal non esservi, se non rarissimamente, e soltanto accennato, in quelli di canto, l'accompagnamento. Alcuni, che ascoltarono con entusiasmo le composizioni del Muratori, eseguite nella Cattedrale di Oppido, e che si procurarono con entusiasmo le copie di quella musica, rimasero delusi ed impressionati dalla differenza sensibile nell'effetto dell'esecuzione. Ciò è spiegabile perchè in Oppido la musica del Muratori veniva eseguita dal celebre suonatore d'organo Canonico Pasquale Zerbi, il quale, amico intimo dell'autore, sotto il dettato di lui ne vestiva in modo mirabile le nude note del canto. Questo azzardato giudizio - dice sempre il Grillo - (del quale mi perdoneranno i miei compaesani) vale in genere per le composizioni del Muratori, ma è innegabile che molti pezzi si elevino dal volgare e fra questi ritengo superino tutti et egressus foras del Passio di S. Matteo e l'Amplius del Miserere».

   Achille Longo, che avvisa come il Muratore sia stato invitato ad eseguire musica in Reggio, Catanzaro e Tropea e in altri centri, festeggiato ovunque come un gran Maestro, così si è espresso a sua volta: il Muratore si è dedicato
«più alla composizione che all'esecuzione pianistica. Infatti appena toccava il pianoforte o l'organo, ma componeva mediocremente, e pei suoi tempi e pe' suoi luoghi maestrevolmente... Le due composizioni che han fatto parlare di lui e ancora si parla, sono il Passio di S. Matteo e un Miserere. Peccato però che né l'una né l'altra opera hanno il corrispondente accompagnamento per Organo, e adesso, a misura che la tradizione uditiva si va allontanando con gli anni, può dirsi una musica perduta. Fè chiasso e l'entusiasmo per l'una e l'altra opera è durato finchè visse il suo unico e riuscitissimo discepolo canonico Zerbi».
   Il Longo, ch’è pervenuto in Oppido pochi giorni dopo il decesso dello Zerbi e aveva così bene sentito parlare di lui e del Muratore dai maggiorenti di Oppido, in testa d. Saverio Grillo, si rammaricava che quegli non avesse scritto «egli stesso le armonie che si convenivano alla bella musica del Muratori, giacché egli la accompagnava così bene e con tanto effetto». Difatti, a suo dire «nessun Maestro è stato buono a riprodurre gli effetti entusiastici che si ottenevano dal Zerbi».

   Non sono io competente a poter discutere di valori musicali e a confutare o meno i giudizi dei due. Ad altri è demandato farlo. Quello che posso dire, però, è che quando il compianto d. Tropeano l'ha fatta sentire in cattedrale col suo coro polifonico e senza che vi fosse accompagnamento di sorta, la musica muratoriana ha affascinato tutti per quella sua espressione che sapeva di pianto accorato e di maliosi e nostalgici richiami[2].
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[1] Di seguito la delibera del 27 novembre:
«.Intesa la relazione dell'assessore Sig. Grillo Saverio sul rinvenimento delle ossa del Professore Musicista Canonico D. Giuseppe Muratore, morto in Messignadi a 26 Novembre 1906 (sic!) e sui provvedimenti dati dal Sindaco per trasporto delle ossa rinvenute in questo cimitero, non consentendo la dignità del Municipio che fossero confuse con gli avanzi rinvenuti nei sepolcri della demolita chiesa parrocchiale di Messignadi, quasi distrutta dal terremoto degli otto settembre 1905, e gettate nell'ossario comune.
 .Considerato essere dovere del Municipio onorare la memoria dei suoi concittadini, che con le loro virtù e le loro opere si sono resi superiori alla massa, onorando nel contempo sé stessi e la loro città natale.
 . Che senza dubbio fra costoro eccelle il nome del fu Canonico Giuseppe Muratore; i cui parenti lontani, a causa della loro povertà, sarebbero costretti di lasciare disperdere nella confusione, e nell'oblio tali avanzi preziosi; apprezzando altamente il patriottico pensiero del Sindaco, e della Giunta, sulla proposta dello stesso assessore Sig. Grillo Francesco Saverio
all’unanimità delibera 
di concedere una nicchia di Ia classe nel cimitero di Oppido, gratuitamente, per la conservazione delle ossa del defunto maestro Canonico Giuseppe Muratore, a spese del Municipio, a quanto altro occorre per la sistemazione e decorazione della nicchia predetta».

[2] T. POLISTINA, Calabresi illustri Il Can. Giuseppe Muratori, "La Zagara", a.I-1869; L. ALIQUÒ LENZI-F. ALIQUÒ TAVERRITI, Gli Scrittori Calabresi, Dizionario bio-bibliografico, 2a ed., Reggio Cal. 1955, vol. II, alla voce; V. FRASCÀ, Oppido Mamertina Riassunto Cronistorico, Cittanova 1930, pp. 135-138; R. LIBERTI, Messignadi, "Quaderni Mamertini", n. 9, Oppido Mamertina 1999, pp. 23-27, n. 5, pp. 67-68.

Rocco Liberti