domenica 3 luglio 2022

LA STRAORDINARIA FIORITURA DI OPPIDO IN EPOCA BIZANTINA E IL RUOLO ECONOMICO E SOCIALE DI EBREI ED ARABI

La fruttuosa  convivenza di Ebrei, Arabi e Cristiani
            di Bruno Demasi       
 
  Come si è visto in  altre due ricerche , entrambe pubblicate  l'anno scorso su questo blog e su alcuni studi dedicati, uno dei periodi di massimo splendore per Oppidum  e per l'intero comprensorio del Metauro-Marro (Tourma delle Saline), se non il più opulento in assoluto, è stato quello bizantino, attestato, tra l'altro, dalle cospicue donazioni di privati al vescovo-capo della città e dell'intero comprensorio amministrativo, riportate sul verso di un  rotolo pergamenaceo custodito nell'Archivio Vaticano e  pubblicate da Andè Guillou nel 1972. 
   Nonostante ciò, se restringiamo l'attenzione alla città che era il capoluogo amministrativo oltre che strategico e morale dell'intera circoscrizione bizantina coincidente con il bacino dell'odierno Petrace, ci si accorge che Oppidum (Hagia Agathè),  non avrebbe potuto ricoprire quel ruolo se non fosse stata ampiamente supportata, a partire almeno dalla seconda metà del X secolo, da un fiorentissimo mellah che sorgeva a brevissima distanza dalle sue mura, verosimilmente sullo stesso sito che originariamente era stato culla di un importante insediamento bruzio-ellenistico e poi romano, nella località che ancora oggi viene appunto denominata "Mella"
 
   A tale proposito  già dieci anni fa ( IL GIALLO DI “MELLA” e “MAMERTO” : da uno pseudotoponimo alle ragioni storiche ) per la mia parte ho cercato di dirimere un equivoco gigantesco, che nonostante tutto permane. Ancora oggi in effetti quello che era il luogo di vita e di commercio  degli Ebrei ai margini o, più spesso, al di fuori dei centri abitati della Calabria e, in particolare, della Valle delle Saline, almeno per quanto concerne il vecchio abitato di età ellenistica viciniore a Oppidum, divenuto nel tempo il ghetto della città, viene ancora chiamato “Mella”, che non è un toponimo, come a prima vista potrebbe pensarsi, ma l’esatta denominazione data dagli Arabi al quartiere ebraico, qualcosa di simile alla “judeca” e documentabile in un numero elevato di paesi e villaggi nello stesso Territorio. 

    C’è però una questione cronologica da affrontare: la denominazione araba del Mellah di Oppidum, che tanto superficialmente viene ancora usata dagli storici, e di tanti altri Mellah relativi a vari paesi della Vallis Salinarum e della Calabria in genere, può risalire a non prima del X secolo, quando la lingua e l’elemento arabo erano ormai largamente fusi con la cultura dominante, in particolare bizantina. Ciò però non significa che ogni sito che il termine arabo battezzava come Mellah, vale a dire ogni Judeca locale, fosse nato nello stesso periodo. Con altra o più vaga denominazione esso preesisteva sicuramente da tempo ed era già socialmente (e geograficamente) stabilizzato fin da quando l’elemento ebraico aveva fatto il suo ingresso nella composizione sociale della Turma o Valle delle Saline.

     Che la presenza ebraica sul territorio risalga infatti ai primi secoli dell’era volgare è un dato che dovrebbe essere ampiamente acquisito: a Region fin dai primi decenni si hanno varie indicazioni, peraltro confermate anche dalla toponomastica della città moderna ( Aschenez , Giudecca), e, secondo la vulgata ripresa da molti storici locali , il numero più elevato di Ebrei nella città si ebbe già intorno al 70 d.C. quando Tito sedò la rivolta di Gerusalemme, radendo quasi al suolo la città e il suo tempio. A tale evento convenzionalmente si fa risalire l’ abbandono della città santa da parte dei superstiti e l’inizio della diaspora, come afferma con una certa precisione anche Strabone. La nuova migrazione comportò un afflusso di Ebrei che si sommò alla comunità già preesistente nella città calcidese. Molti di loro trovarono occupazione nei cantieri navali del porto nella costruzione delle galee utilizzate dai Romani per traghettare le loro truppe nelle terre d’Oriente. ( G Cordiano: “ Nuovi studi su Region in età ellenistica” in “Quaderni urbinati di cultura classica”, 64, pagg. 159/170) Peraltro nei secoli III/IV d.C. la presenza ebraica a Region e nel suo territorio è ampiamente confermata dai resti della sinagoga, ricca di mosaici, rinvenuta alcuni anni fa presso Bova Marina, che , se si esclude quella di Roma, è la più antica dell’Occidente..

     Per comprendere come quella che in seguito sarebbe stata denominata “ Turma delle Saline” in epoca bizantina e “Vallis Salinarum” in epoca immediatamente successiva e nell’accezione araba del termine ( circoscrizione amministrativa, come la “Val di Noto” in Sicilia e similari) divenne molto presto luogo privilegiato per gli insediamenti ebraici che in Oppidum trovarono sicuramente un ambiente molto favorevole, occorre anzitutto tenere fede alle fonti documentarie efficacemente interrogate che attestano quanto l’elemento bizantino sia stato nei secoli per quello ebraico foriero di cooperazione assoluta, addirittura di simbiosi sociale, commerciale e anche culturale. Già in età tardo imperiale in effetti, oltre che nel primo Medioevo, la presenza ebraica nell’Italia Meridionale è attestata innanzi tutto da iscrizioni greche, latine ed ebraiche – spesso bilingui – pubblicate per la maggior parte da Jean-Baptiste Frey, David Noy e Cesare Colafemmina, da oggetti decorati con lettere o simboli ebraici o anche da ruderi vari. Significativo è inoltre l’aspetto geografico delle località ove sono state trovate le epigrafi e i reperti archeologici: la maggior parte proviene da città portuali. E tra queste non occorre trascurare il fiorente porto di Tauriana, la porta ufficiale oltre che economica e logistica della Turma delle Saline …” ( Sul contesto generale vds.Vera von Falkenhausen, “ Gli Ebrei nell’Italia Meridionale Bizantina – VI –XI secolo” in ‘ Gli Ebrei nella Calabria Medievale – Studi in Memoria di Cesare Colafemmina ’, a cura di Giovanna De Sensi Sestito, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2013, pp.21-22 ).
 
    Nel corso dei secoli le comunità ebraiche diedero uno specifico e notevole contributo alla vita economica e culturale del Territorio in esame, infatti, “Dall’insieme delle testimonianze esaminate, appare anche che gli Ebrei di Calabria lungi dal costituire un gruppo di emarginati si inserivano efficacemente nel tessuto sociale con l’apporto di competenze scientifiche (medici, speziali) e tecniche (artigiani, muratori, allevatori di bestiame)… Soprattutto si deve sottolineare l’importanza dei mercanti e dei prestatori di denaro. Le concessioni creditizie – controllate sempre dalle autorità politiche e religiose- davano infatti impulso , tra l’altro, alla circolazione di merci tipiche della zona come seta, panni, zafferano, olio. ..Se c’è qualcosa di peculiare nelle arti esercitate dai giudei, essa dovrebbe ritrovarsi nell’arte scrittoria, coltivata per finalità religiose, spirituali e scientifiche con una intensità e fecondità che non ha riscontri nel circostante mondo cristiano. Ma questo non deve stupire nei seguaci di una fede che fonda la sua identità nell’amore per il Libro e per la cultura ” (Cesare Colafemmina, Per la Storia degli Ebrei in Calabria – Saggi e Documenti, Rubbettino, Soveria Mannelli, 1996, p.28). 
    Ma , più specificamente, cosa attirò fin da subito gli ebrei reggini nella Valle delle Saline, quindi soprattutto nel suo capoluogo riconosciuto (Oppidum - Hagia Agathè) e ne orientò tutta la complessa e intelligente attività a un’intensa cooperazione con l’elemento bizantino fin dai primi secoli e poi con quello arabo? Indubbiamente una consonanza di idee e di interessi, la vocazione ai commerci, la capacità di cogliere tutte le opportunità offerte dal Territorio, la presenza a Tauriana di un porto organizzato e ben difeso che consentiva di attivare vie di spostamento da e per Reggio estremamente celeri ed efficaci rispetto a quelle terrestri rese difficili e temibili da una serie di pericoli ( L’esistenza del Fortino creato dai Greci di Reggio a Serro di Tavola, nel culmine montano della stessa Valle ne è una lampante dimostrazione).

   Varie e ricche – direi - furono le attività artigianali e commerciali che allettarono tanto gli Ebrei in questa “Valle”, e specialmente nel suo cuore amministrativo e militare, vale a dire  Oppidum, oltre al commercio dell’abbondantissima quantità di sale disponibile: la concia delle pelli, la tintura dei tessuti, la conservazione delle derrate alimentari: tre attività che garantivano proventi ricchissimi e che non potevano prescindere da un’ampia disponibilità di sale. E si trattava di sale di qualità di cui era molto ricco il bacino del Metauro-Marro- Petrace, che non aveva competitors negli sparuti e casuali estrattori del poco sale marino, spesso sporco, prodotto all’inizio del versante orientale della penisola reggina.
     E’ appena il caso di ricordare dunque che questo territorio, che non a torto è stato definito l’Eden naturalistico e agricolo della Calabria Ultra, era anche un Eden commerciale intorno al quale ruotava un indotto produttivo già modernamente concepito: l’industria fittile per la conservazione e il trasporto delle derrate alimentari; quella tessile (allevamento del baco da seta e coltivazioni su ampia scala di canapa) che forniva la materia prima alla tintoria; l’allevamento del bestiame che dava vita alla lavorazione del pellame reperito e conciato in grande quantità nella zona, senza contare collateralmente quella boschiva essenziale per la costruzione di navi fin dall’epoca ellenistica,

    Sull’evoluzione nei secoli successivi degli insediamenti ebraici nel bacino del Metauro-Marro-Petrace e sul centro interno più importante di esso (Oppidum) spesso è stato scritto su questo blog., resta da analizzare però una curiosità storica sulla quasi nessun autore si è mai soffermato: la presenza armena nella Tourma delle Saline. Andrè Guillou, in sede di pubblicazione delle più volte richiamate pergamene greche o atti di donazione al vescovo (A:Guillou “La Thetokos de Hagia Hagathe – Oppido” L.E.V., Roma 1972) cita tra i vari choria presenti nell’aministrazione bizantina della stessa Turma quello di Skidon (attuale Scido) e quello di “Avaria”, (oggi Santa Georgia, frazione di Scido, popolarmente chiamata ancora “Vorijia”), paesi quasi sicuramente di origine etnica armena. Ciò induce a una riflessione di carattere più complessivo: in Calabria, più significativamente nella Turma delle Saline, specialmente nel periodo più fiorente della dominazione bizantina, si registra la presenza anche di slavi e soprattutto di Armeni, gruppi etnici che stranamente ebbero un certo rilievo nella costituzione dell’Impero bizantino, ma di essi rimangono poche tracce.

     Per quanto riguarda i primi “ quando nell’885 tutte le Calabrie furono riacquistate per opera di Niceforo Foca, l’imperatore Basilio il Macedone ( 867-886) per assicurarsene meglio il possesso, ripopolò le abbandonate contrade con gran numero di Schiavoni, ch’egli aveva affrancati. Altre infiltrazioni slavoniche penetrarono in seguito nella popolazione calabrese per opera degli stessi Musulmani. Gli schiavoni rappresentavano una merce schiavistica di prim’ordine, e d’essi si servivano pure i Musulmani come elemento di guerra ” (Oreste Dito, “La Storia Calabrese e la Dimora degli Ebrei in Calabria dal Secolo V alla Seconda Metà del Secolo XVI. Nuovo Contributo per la Storia della Quistione Meridionale”, Edizioni Brenner, Cosenza,1979, p.26- ristampa).

    Per quanto concerne invece gli Armeni si hanno diversi riferimenti inerenti al personale dell’amministrazione imperiale e soprattutto ai militari; basti ricordare alcune annotazioni concernenti alcuni culti comuni diffusi in Oriente e in Calabria dei santi Quaranta martiri di Sebaste, città armena… Orbene, il culto dei martiri di Sebaste era di origine armena e si diffuse presto in tutto il mondo greco ortodosso. Esso aveva trovato espressione anche in Calabria, nel territorio lametino, dove tuttora esiste la chiesa dei Santi Quaranta… Si pensi ancora al culto ( poi ripreso in qualche centro della diocesi normanna di Mileto, come Plaesano) di San Biagio in Skidon (Scido), vescovo armeno di Sebaste, martire della fede agli inizi del IV. “I luoghi … di memoria armena in Calabria, pur non numerosi, sono comunque attestati in vari culti locali. E’ assai probabile che tali culti avessero trovato in Calabria terreno fertile e ulteriore sviluppo con la riconquista bizantina da parte di Niceforo Foca il Vecchio e dei suoi commilitoni armeni” (Gioacchino Strano, “Alcune Notazioni sulla Presenza Armena, in “ La Calabria nel Mediterraneo, Flussi di Persone, Idee e Risorse”, a cura di Giovanna De Sensi Sestito, Rubbettino, 2013, pp.198-200).

     Tutte le presenze attestate nella Turma delle Saline, dunque a Oppidum, in periodo bizantino convergono a qualificare inequivocabilmente un territorio di notevole importanza sia come baricentro produttivo, viario e commerciale sia come luogo di convivenza pacifica a livello civile e religioso, ma anche di sintesi di etnie diverse provenienti dall’area mediterranea:Arabi, Greci, Ebrei,Armeni, Latini.
 Altri tempi!