sabato 25 aprile 2020

I PARTIGIANI DI CALABRIA SEMPRE PRESENTI PER LA NUOVA LOTTA !

           di Bruno Demasi

    Sono stati  molti di più degli 83 che riporto in un primo elenco (non certo esaustivo e suscettibile di molte integrazioni) i partigiani calabresi che dal 1943 al 1945 hanno dato letteralmente la vita e scritto in solitudine una delle più belle pagine della storia di questa sventurata regione dove ancora oggi la liberazione è di là da venire.
 Ieri la liberazione dal Fascismo e da chi ci teneva un piede sul petto, oggi la liberazione dalle oppressioni malavitose, quella dalla politica ( al di là dei vari colori) corrotta e corruttrice, quella dal voto di scambio ancora imperante a vari livelli e con varie modalità, quella dalla violenza criminale che ancora oggi  uccide donne e bambini e innocenti.
   Abbiamo bisogno più che mai che nella nuova lotta di ricostruzione dalle  macerie che ci attende tutte le energie fresche e pulite di questa Calabria bella e sfortunata scendano in campo con la loro voglia di pulizia e di impegno per
ricostituire il tessuto malato di queste province nel cui dissesto totale, civile, sociale e sanitario, prosperano ancora sacche molto profonde di crimine legalizzato, ditornaconto, di grettezza, di oppressione per i più poveri e i più indifesi.

    Abbiamo bisogno di libertà da ogni bruttura e da ogni forma di raggiro e di violenza sferrata  contro i magistrati in prima linea, i (pochissimi) sindaci in trincea, persino contro la chiesa dei più poveri impersonata da alcuni sacerdoti che hanno fatto della povertà e  del silenzio il loro credo quotidiano con le maniche sempre rimboccate e magari anche a stomaco vuoto.

    Abbiamo bisogno di un nuovo 25 aprile per questa terra e chiamiamo uno ad uno tutti i nostri partigiani del passato perché possano ancora una volta incitarci e illuminarci col loro fulgido esempio e con le loro storie drammatiche e commoventi mai scritte in pieno sulla carta, ma impresse col sangue nelle coscienze di chi li ha conosciuti:

Albano Giuseppe – Gerace ( Il Gobbo);
Alicata Mario – Reggio Calabria;
Andreani Aberto- Crotone;
Arenella Giovanni- calabrese n. a Napoli;
Arcidiaco Domenica – San Lorenzo;
Barone Maria – Vibo Valentia;
Barreca Vincenzo- RC (Zambo);
Bazzani Corogne Margherita – S.Ilario Jonio;
Bendicenti Renato -Rogliano;
Brancatisano Pasquale-Samo (Malerba) VIVENTE
Bugliari Franco – S.Sofia d’Epiro;
Caccamo Fortunato – Gallina-RC;
Cappellano Pietro- Amato di CZ;
Carrozza Salvatore – Taurianova;
Castellucci Dante-Cosenza;
Cerbino Maria- Colosimi;
Chiantella Aldo – Reggio Calabria ; VIVENTE
Cinanni Anna – Gerace;
Cinanni Paolo-Gerace;
Cirino Emilio -Montalto Uffugo;
Condò Anna – Reggio Calabria; VIVENTE
Cortese Vinicio-Lamezia Terme;
Cosco Lucia – Catanzaro;
Curcio Cesare – Pedace;
D’Agostino Francesco- Cassano Jonio;
Del Missier Mario – Cosenza;
De Luca Raffaele – San benedetto Ullano;
Di Tocco Bice-Vibo Valentia;
Di Tocco Maria – Vibo Valentia;
Errico Vincenzo – Verbicaro (Vitto);
Fadel Giacomina- Cosenza;
Forte Corinda – Saracena;
Fusca Carmine - Limbadi
Gambardella Gaetano – Palmi (Walter);
Gangemi Concetta-Palmi;
Geniale Bruno – Cosenza;
Gerci Franco – Campo Calabro
Giugno Francesco – Natile Nuovo (Attila) ;
Iaconetti Maria – Carolei;
Impiombato Giovanni – Palmi;
Lavinij Franco – Reggio Calabria
Mancini Pietro – Malito;
Lopresti Giuseppe – Palmi;
Lucio Alba – Crotone;
Lucio Assunta – Crotone;
Mancuso Giovambattista – Palmi;
Marfì   Rocco – Laureana di Borrello;
Masciari Alfredo- Palmi;
Mazzei Vincenzo – Nicastro;
Mazzitelli Domenico - Zaccanapoli
Montalto Ippolito – S. Ippolito CS;
Montanari Carmelina – Siderno;
Musolino Eugenio – Gallico RC;
Napoli Franco- Gerace (Felice);
Nicoletta Giulio – Crotone;
Oneglia Antonietta – Catanzaro;
Panuccio Maria-S.Eufemia d’Aspromonte;
Papandrea Saverio – Vibo Valentia;
Pata Angela- Mileto;
Pata Franceschina-Mileto;
Pennestrì Domenico – Reggio C.;
Perpiglia Marco- Roccaforte del Greco  (Pietro);
Puntoriero Alba – Rossano;
Puntoriero Giulia – Rossano;
Puntoriero Tina- Rossano;
Ranieri Isolina – S.Giorgio Morgeto;
Rizzo Salvatore – Campora di Amantea (Turiddu);
Rossi Antonio - Cardeto;
Rossi Francesco -Cardeto-;
Rossi Italo - Cardeto;
Rossi Oreste - Cardeto;
Russo Giuseppina – Roccaforte del Greco
Sacerdote Emilio – Vibo Valentia;
Scarfò Cipriano – Taurianova;
Sergio Franco – Maropati (Alioscia);
Surace Antonino – Messignadi;
Tallarico Caterina – Marcedusa; 
Torello Maria-Reggio Calabria;
Tuscano Bruno – Palizzi Marina;
Vallone Raffaele – Tropea;
Venorinna Giovanna – Rossano.Fine modulo
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE

PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE
PRESENTE



domenica 12 aprile 2020

LA PASQUA CALABRESE CON I CRISTI NERI DI CARNE

di Bruno Demasi


    Una Pasqua calabrese ancora una volta terribile, e non solo per il Covid 19, se Pasqua ha ancora qualche significato per noi che abbiamo dimenticato troppo presto cosa essa sia stata e sia ancora e sarà per sempre.
    E' stata ed è una storia struggente di Resurrezione e di salvezza che però dalle nostre parti ci riporta ancora al peso di mille crocifissioni quotidiane che sfuggono alla nostra attenzione che il nostro sguardo evita persino di guardare per non infettarsi.
   Voglio quest'anno ripensare il mio augurio pasquale ricordando i mille Cristi neri di carne che ancora una volta all'inizio di questa pandemia moltissimi calabresi stavano aspettando al varco per issarli sulle croci , accusandoli di aver portato loro e diffuso il contagio. Ma il contagio li ha risparmiati e ci ha risparmiato nonostante la loro presenza.
    Voglio pensare a questi Cristi di carne, malati di fame e di freddo e di paura che nella loro miseria hanno fatto la fortuna di chi ha speculato sulla loro pelle urlando e additandoli per mesi interi solo per guadagnare voti. E li ha guadagnati.
   Voglio pensare a questi Cristi di carne, quasi sempre silenziosi che si inginocchiano ancora a chiedere lavoro e dignità, ma ricevono soltanto fatica malpagata e umiliazioni e sputi e impropèri. E in grande abbondanza, ma nessuno ne parla.
   Voglio pensare alle migliaia di disperati di Rosarno, Sibari, San Ferdinando, Riace che l'anno scorso sono stati scacciati dalle loro tendopoli reali o virtuali distrutte dalle ruspe salviniane, che credevano di sconfiggere la febbre rompendo il termometro, e che da allora a oggi vivono in gran parte come fantasmi sconosciuti nelle campagne di Calabria elemosinando un soldo. E non lo trovano. E se lo trovano è sudato dieci volte.

    Voglio pensare agli oltraggiati che nei giorni scorsi, pur essendo affamati, hanno rifiutato il pranzo loro recato trionfalmente e ostentato dalla Regione Calabria pur di dimostrare che loro non sono fatti solo di stomaco, ma soprattutto di cuore e di cervello e che la loro dignità offesa e annullata non si può nutrire con una vaschetta fredda di pasta al sugo.E lo hanno rifiutato.
     Voglio pensare con raccapriccio che 1987 anni di Cristianesimo da queste parti non hanno ancora insegnato nulla a certa gente, se è vero che abbiamo sempre bisogno di qualcuno su cui scaricare le nostre miserie: oggi gli immigrati, ieri quel bracciante che, come racconta Pasquale Creazzo,  poeta cinquefrondese, senza terra e senza speranza, al servizio del padrone ignavo, deve spaccarsi la schiena per sfamare la prole e urla e si maledice:
Non su cristianu: - ciucciu, nimali!
No ‘nc’è rispettu pe’ lu zappuni…
Chist’è misteri di lu crapuni.
Poc’anni arretu culonu o servu,
a mala ppena pipitijava
venia curatu a botti di nervu
chi lu patruni sumministrava.

Mo pe’ lu menu, standu abbuzzuni,
sulu lignati no’ provu cchiuni.
Ma sempi schiavu com’era aghierj
Raghu la juva cu tanti sprizzi;
Cu mangia e dormi senza penzeri
Scialaquettija ntra li ricchizzi…

     Dalla Calabria borbonica a quella dell’Italietta unitaria, come dice Creazzo, non era cambiato nulla: schiavi prima, schiavi dopo. E di possidenti imbelli, inutili, parassiti che oggi sono stati molto ben rimpiazzati da tanti politici funzionali soltanto a se stessi e da tanti padroni dal falso sorriso che assoldano manovalanza mafiosa a bassissimo costo.

    
   Quegli stessi padroni molti dei quali oggi al bar, sui social sui giornali sparano a zero contro gli immigrati che arrivano ancora sulle nostre coste , che solo in piccolissima parte vivono in qualche tendopoli , ma che in grandissima parte restano Cristi di carne nelle loro capanne marce e gelate, negli aranceti, negli uliveti, nei campi a raccogliere, seminare, irrigare, trasportare per pochi euro al giorno, con la consegna di stare zitti se non vogliono rischiare di essere per caso investiti al buio dell’alba sulle piste secondarie e fuori mano di quell’inferno sociale, storico e geografico, che si chiama Piana di Gioia Tauro.
    I Cristi di carne non hanno più nomi cristiani, ma si riconoscono lo stesso.
    E la Pasqua calabrese è ancora molto di là da venire, malgrado l'amore di Cristo sia per tutti.
    Anche per coloro i quali, pur avendolo sperimentato, non lo hanno mai avvertito.

martedì 7 aprile 2020

ANCORA UN ALTRO GRAVE ATTACCO AL PROCURATORE GRATTERI

di Aaron Pettinari

   "L'ospedale regala 8000mq a Gratteri. Tutto ok?". E' questo il titolo sbattuto in prima pagina nell'editoriale di Piero Sansonetti, direttore de "Il Riformista". Un richiamo diretto, all'approfondimento interno, con un altro pezzo dedicato ad un vero "scandalo".
     "Con la delibera n. 177 del 24 marzo 2020 - scrive Il Riformista - la Commissione Straordinaria dell’Azienda Sanitaria provinciale di Reggio Calabria ha concesso in comodato d’uso circa 8000 mq dell’area del Presidio Ospedaliero del Comune di Gerace al dottor Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro. Il contratto di affitto è di 10 anni con un canone annuo di 100 euro, calcolato alla luce della tipologia e nonché del valore del terreno". Terreno in cui si trova il presidio ospedaliero di Gerace, realizzato nel 1985 e progettato per attività di lungodegenza e riabilitazione, con una capacità massima di 114 posti letto, ma da allora mai utilizzato.
    Nonostante l'atto non sia stato reso consultabile sul sito dell’Albo Pretorio "per motivi di riservatezza”, una presunta fonte avrebbe mostrato la delibera dell'Asp di Reggio Calabria.
A leggere gli articoli de "Il Riformista" l'atto viene evidenziato come se si fosse di fronte ad un favore quasi personale fatto al magistrato. Nonostante vi fosse stata, da parte del Comune di Gerace, una richiesta all'Asp di restituzione del presidio. Addirittura, a dicembre 2019, vi sarebbe stato un incontro tecnico per “adottare una decisione sull’annosa questione, rappresentando l’urgenza in considerazione del prospettato pericolo per la pubblica incolumità ed il degrado dell’immobile”.
Niente da fare. La colpa? A leggere Il Riformista, è di Gratteri che, abitando in una proprietà adiacente, è colpevole di aver presentato la richiesta.
    

Una colpa ancor più grave se si considera l'attuale stato di emergenza nazionale per la diffusione del Covid-19. Come se lo scopo della richiesta fosse stato, come insinuato dal giornale, il voler trasformare il "giardino" di casa propria in un "gran parco". Niente di più falso. Perché è ovvio che la richiesta è stata formalmente presentata dal magistrato alla Asp (lo stesso Riformista scrive che l'assegnazione è "regolarissima" e senza alcuna "violazione di legge") ma i motivi sono ben altri: ovvero la necessità di implementare le condizioni di sicurezza della proprietà limitrofa, dove c’è l’abitazione del dottor Gratteri.
Cosa assurda è che lo stesso Riformista dà atto della suddetta motivazione. I titoli ed il contenuto degli articoli, però, sono stati costruiti in modo da generare sospetti ed ombre sul Procuratore capo di Catanzaro.
    E' la solita macchina del fango che certe volte viene azionata contro le figure più scomode, perché hanno l'ardire di indagare su potenti locali e nazionali: politici, imprenditori, massoni, uomini delle istituzioni. Un leitmotiv che si ripete di continuo. Nei giorni scorsi era stata la volta del consigliere togato del Csm, Nino Di Matteo, reo di aver espresso alcune considerazioni sul provvedimento preso dal Governo sul fronte carcerario, in questo periodo di emergenza.
   Oggi è toccato al Procuratore capo di Catanzaro, finito ancor più nel mirino dopo l'inchiesta "Rinascita-Scott" che lo scorso dicembre ha portato all'arresto, tra gli altri, di una figura come l'avvocato Giancarlo Pittelli, ex senatore di Forza Italia e passato nel 2017 a Fratelli d’Italia, ritenuto dagli inquirenti come la ‘cerniera’ verso i mondi con cui la famiglia di 'Ndrangheta Mancuso voleva fare affari. Piaccia o non piaccia ai soliti commentatori di turno lo scorso febbraio il Tribunale del Riesame ha rigettato nei suoi confronti l’istanza di revoca della custodia cautelare.
Pur riqualificando il capo d'accusa da associazione a delinquere in concorso esterno, i giudici confermavano che “non appare idonea alcuna misura cautelare meno afflittiva della custodia in carcere”.
   
Anzi, i giudici del Riesame scrivevano che Pittelli sarebbe “solito commettere reati, utilizzando proprio la sua rete di connivenze e di complicità con pezzi dello Stato, reti di relazioni che gli hanno consentito di conoscere in anticipo persino le accuse che lo riguardavano”.
Ma torniamo a quanto scritto da Il Riformista contro il Procuratore capo di Catanzaro.
Perché la verità dei fatti, come dicevamo, è stata totalmente travisata e diversi dettagli importanti sono stati "omessi" nel racconto.
    

    Ed è lo stesso Gratteri a spiegarli in una nota che per una maggiore completezza proponiamo di seguito nella sua interezza. Ad esempio non è stato ricordato come, proprio dopo l'esecuzione dell'operazione Rinascita-Scott, avvenuta il 18 dicembre 2019 (quindi dopo le richieste presentate dal Comune), il Comitato provinciale dell’ordine e la sicurezza pubblica di Catanzaro e di Reggio Calabria si sono riunite più volte in quanto erano state registrate delle avvisaglie di un possibile attentato nei confronti del Procuratore capo di Catanzaro. Per quel motivo fu anche elevato il livello della scorta di Gratteri passando dal secondo al primo. Ed è in quel contesto di provvedimenti, decisi con le autorità competenti, che si arrivò alla decisione di richiedere all'Asp la concessione del terreno.
    Il motivo? Perché nel corso dei sopralluoghi, fatti dai responsabili dell’ordine e la sicurezza pubblica nei pressi dell'abitazione del magistrato, si era ravvisata quale fonte di pericolo proprio la struttura ospedaliera abbandonata. 
     Diversamente si scrivono altre parole: "Si è pensato che era meglio ren E l'accordo raggiunto non è certo quello di realizzare un parco personalizzato, ma quello di permettere una migliore attività di vigilanza. Ciò, ovviamente, finché quella struttura resterà lasciata a sé stessa.
    Come spiega lo stesso Gratteri nella nota: "Nessun pregiudizio viene recato alle esigenze di tutela della sanità pubblica. La concessione del terreno infatti non impedisce, in alcun caso, all’Autorità sanitaria di valutare il riammodernamento della struttura abbandonata. In quel caso, laddove venissero meno le esigenze di sicurezza, in conseguenza dell’utilizzo della intera proprietà pubblica, nulla osterebbe alla immediata cessazione del rapporto di comodato. Anzi ne sarei ben lieto".
Ma queste considerazioni negli articoli del giornale non compaiondere proprietà privata quel terreno in modo che eventuali attentatori non potessero entrare (è proibito agli attentatori violare la proprietà privata)".Affermazioni simili vanno oltre la libertà d'informazione o di pensiero, ma sfociano dietro la bieca ironia.    
    In passato, dopo la mancata esplosione all'Addaura, c'era chi sosteneva che Giovanni Falcone, in quanto sopravvissuto, quell'attentato se lo fosse "fatto da solo". Poi abbiamo avuto Capaci, via d'Amelio e le stragi in Continente.
    Anni dopo le parole cambiano, ma restano sempre sibilline e gravide di falsità.
E il metodo è sempre quello della delegittimazione e dell'isolamento mirato, con l'obiettivo di colpire chi, in questo momento, nell'immaginario collettivo viene visto come un simbolo della lotta alla mafia e la corruzione. "Se Gratteri continua così fa la fine di Falcone, è un morto che cammina" emergeva in alcune intercettazioni tra boss di 'Ndrangheta. A Nino Di Matteo, Totò Riina, intercettato in carcere durante l'ora d'aria, avrebbe fatto fare “la fine del tonno”.
Ma evidentemente, per Il Riformista, le loro sono vite che non contano.

La nota integrale di Gratteri

   Con riferimento all’editoriale e all’articolo de Il Riformista del 31 marzo 2020, il cui titolo è “L’ospedale regala 8000 mq a Gratteri. Tutto ok?”, corre l’obbligo di precisare quanto segue.
   L’editoriale, in prima pagina, in maniera fuorviante, evidenzia come, in piena emergenza Coronavirus, la competente ASP, anziché assumere iniziative per migliorare la tutela della salute dei cittadini, avrebbe concesso allo scrivente un terreno adiacente alla mia proprietà.   Detto terreno, pertinenziale all’edificando ospedale di Gerace, evidentemente, a dire del direttore responsabile della testata, avrebbe potuto essere destinato a finalità pubbliche. In realtà, a dire del direttore responsabile, la concessione del terreno allo scrivente contribuirebbe a far divenire gli spazi a mia disposizione - il giardino di mia proprietà e il terreno datomi in comodato - “un gran parco”. Si aggiunge poi che il comune di Gerace avrebbe chiesto la concessione del terreno ma che detta richiesta sarebbe stata respinta.
    
Nell’articolo, a pag. 9, si menziona una delibera della ASP di Reggio Calabria che avrebbe dato in comodato oneroso (100 euro annui) il terreno allo scrivente, per implementare la sicurezza; che detto terreno insiste, secondo quanto evincibile dalla delibera di cui l’articolista è venuto in possesso da fonte anonima, in un’area ove è stato realizzato nel 1985 un presidio ospedaliero completato, ma mai utilizzato; che il comune di Gerace aveva chiesto la restituzione dell’area con esito infruttuoso; che la ASP stava assumendo iniziative per adottare una decisione sulla proprietà in questione, anche per la tutela della pubblica incolumità e il degrado dell’immobile; che la ASP, dopo istanza dello scrivente, avrebbe ottenuto la concessione del terreno attiguo alla struttura ospedaliera per ragioni di sicurezza; che lo scrivente, interpellato, avrebbe evidenziato che l’iniziativa sarebbe partita a seguito di una sollecitazione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica; che, ad onta di questa situazione, lascia perplessi che una struttura ospedaliera nata per rappresentare un polo di eccellenza sanitaria, non sia stata mai utilizzata, né venga riconvertita per un uso pubblico, ma venga assegnata in parte a un privato per 10 anni (e ciò in un momento in cui vi è una esigenza sanitaria che sta richiedendo ogni sforzo per riconvertire strutture pubbliche da adibire a plessi ospedalieri per l’emergenza Coronavirus). La sintesi dell’articolo e dell’editoriale lascia trasparire come in un momento di emergenza sanitaria, si sia preferito favorire lo scrivente, in luogo di salvaguardare la salute dei cittadini, peraltro facendo apparire come pretestuosa la ragione sottesa alla assegnazione del terreno (si veda il titolo dell’articola pag. 9, dove si specificano le ragioni di sicurezza seguite dai puntini di sospensione).

In realtà la scansione dei fatti è la seguente.
 
- A seguito di avvisaglie di un possibile attentato alla mia persona, avvisaglie che si sono accresciute dopo la esecuzione della operazione Rinascita Scott il 18 dicembre u.s., il Comitato provinciale dell’ordine e la sicurezza pubblica di Catanzaro e di Reggio Calabria si è, più volte, riunito e, in quella sede, si è deciso di elevare il livello di sicurezza della mia persona dal 2° al 1°;
- Nel quadro delle misure intraprese, oltre ad assegnarmi due fuoristrada corazzati, resistenti agli esplosivi, si sono adottati una serie di presidi volti a prevenire attentati nel tragitto che percorro quotidianamente da casa all’ufficio e viceversa
- In questo contesto, il Questore di Reggio Calabria e il Dirigente del Commissariato di PS di Siderno hanno effettuato una serie di sopralluoghi nella mia proprietà;
- La mia proprietà, insistente nel Comune di Gerace, è composta da un fabbricato e, sulla parte retrostante, da un giardino;
- La mia proprietà è presidiata dalle FF PP da diversi anni: vi è una garitta blindata ai lati del cancello di casa, con agenti del Commissariato di PS di Siderno presenti h 24; vi è poi un sistema di videoripresa per monitorare accessi e confini della mia proprietà;
- La mia proprietà confina, sul retro, con un’area pubblica composta da una struttura ospedaliera abbandonata dal 1985 e da un terreno pertinenziale della stessa;
- Nel corso dei sopralluoghi, fatti dai responsabili dell’ordine e la sicurezza pubblica di cui sopra, si è ravvisata quale fonte di pericolo la suddetta struttura ospedaliera diruta;
- E infatti il plesso de quo, composto da un fabbricato di 3 piani (abbandonato e i cui accessi sono aperti), si presta quale possibile sito dove agevolmente appostarsi per attentare alla mia persona con un fucile, poiché, come detto, distante pochi metri dalla mia proprietà, e, soprattutto perché, grazie alla sua altezza, consente a chiunque una ampia visuale degli spazi di mia proprietà e, consequenzialmente, di attentare alla mia persona nel momento più propizio;
- Pare evidente che la presenza di questa struttura abbandonata, dove chiunque possa introdurvisi agevolmente, renda inutile i presidi di sicurezza già esistenti (vigilanza fissa con agenti e telecamere);
- Il Comitato provinciale, all’esito dei suddetti sopralluoghi, ha reputato estremamente vulnerabile la mia proprietà, proprio in presenza dell’ospedale abbandonato e del terreno recante piante erbacee incolte e alte che consentirebbero a chiunque di accedere eludendo controlli;
- Si è pertanto valutata la necessità di contenere i rischi legati alla introduzione clandestina di potenziali attentatori nella proprietà pubblica sopra menzionata;
- Pertanto il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica ha sollecitato la assunzione di iniziative, affinché si provvedesse alla implementazione delle misure di sicurezza;
- La ASP ha manifestato la possibilità di concedere il terreno in comodato gratuito allo scrivente proprio per attuare le esigenze di sicurezza evidenziate;
- sono stato invitato dal Questore e dal Dirigente del Commissariato di Siderno, in esecuzione della delibera medesima, a chiedere alla ASP la concessione del terreno, al limitato ed esclusivo fine di assicurare l’attuazione delle misure in questione;
- l’oggetto dell’accordo di comodato d’uso, ratificato dalla ASP, prevede la concessione del terreno (art. 1) (4000 metri e non 8000) per implementare le condizioni di sicurezza della proprietà limitrofa (la mia); l’obbligo del comodatario prevede (art 4 comma 1) che lo scrivente si serva dell’immobile per implementare le condizioni della sicurezza, ed esclusivamente per lo scopo per cui è stato concesso (art 4 comma 3);
- il canone di 100 euro annui è conforme alle vigenti tariffe (che vanno, per quel terreno, da un minimo di 50 a un massimo di 150 euro annui);
- gli oneri di manutenzione del terreno sono a carico del comodatario (art 4 comma 7).


Per cui, contrariamente a quanto si legge nell’articolo:

a) nessun favore è stato concesso allo scrivente. La richiesta da me formulata è stata sollecitata dal Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica di Reggio Calabria;
b) altro è l’uso del terreno pubblico, strettamente ed esclusivamente legato ad:
1 - attività di vigilanza del personale di polizia ivi comandato h 24;
2 - attività di manutenzione, consistente nel taglio delle sterpaglie (peraltro a mie spese).
c) Nessun pregiudizio viene recato alle esigenze di tutela della sanità pubblica. La concessione del terreno infatti non impedisce, in alcun caso, all’Autorità sanitaria di valutare il riammodernamento della struttura abbandonata. In quel caso, laddove venissero meno le esigenze di sicurezza, in conseguenza dell’utilizzo della intera proprietà pubblica, nulla osterebbe alla immediata cessazione del rapporto di comodato. Anzi ne sarei ben lieto.

Questa è la verità dei fatti.

                                                                       Aaron Pettinari (caporedattore “Antimafia 2000”)

lunedì 6 aprile 2020

LA PANDEMIA DI ASIATICA DEL 1957/58

                                            di Riccardo Carbone

     L'attualissima composizione poetica di Riccardo Carbone qui presentata  dà modo di ricordare che nel secolo scorso si sono verificate ben tre pandemie influenzali: nel 1918, 1957, e 1968, che sono identificate comunemente in base alla presunta area di origine: Spagnola, Asiatica e Hong Kong. Delle tre, la Spagnola fu la più terribile, si propagò rapidamente intorno alla fine del I conflitto mondiale in contesti nazionali e internazionali prostrati dalla povertà e non in grado di autoproteggersi e di contenerla, tanto che causò ben cinque milioni di morti. 


   La più simile all’attuale pandemia causata dal Coronavirus fu però l’epidemia dell’Influenza Asiatica che esplose nel 1957, per concludersi a livello mondiale nel 1958. Costituì un evento molto istruttivo perché per la prima volta il mondo moderno, anche forte di una medicina capace e innovativa, riuscì a contenere l’epidemia .
   Il virus della pandemia del 1957 fu infatti rapidamente identificato, grazie ai progressi della tecnologia scientifica, e già nell'agosto dello stesso anno fu disponibile un primo vaccino. Gli esperti dell’OMS si resero conto che i Paesi coinvolti maggiormente furono quelli dove si tennero i maggiori raduni pubblici, dalle conferenze ai festival. E che la chiusura delle scuole fosse fondamentale per evitare le aggregazioni.
   Nel dicembre del 1957, la pandemia sembrava volta al termine, soprattutto negli Stati Uniti. Tuttavia, tra gennaio e febbraio del 1958, ci fu un'altra ondata di contagi tra gli anziani. Fu un chiaro esempio di quanto sia pericolosa la "seconda ondata" di infezioni che può svilupparsi durante una pandemia, quando la soglia di attenzione inizia a calare. La malattia colpisce prima un gruppo di persone, le infezioni sembrano diminuire, ma poi aumentano in modo virulento in una diversa fascia di popolazione.
    Gli effetti dell’Asiatica nei nostri paesi non furono devastanti malgrado la mancanza di condizioni igieniche adeguate e la presenza diffusa di numerose sacche di povertà. Tuttavia la paura fu grande e là dove non giungevano né la scienza né la capacità di arginare scientificamente il contagio, arrivavano il buonsenso della gente e soprattutto l’ironia e la capacità di reagire di tutti.
   Di quella situazione, che per tanti versi somiglia a quella odierna,sicuramente molto più drammatica, ci offre uno spaccato magnifico Riccardo Carbone, poeta di Varapodio e universale col suo verso sempre misurato e mai artefatto, con la sua vis comunicativa spiccata e spontanea che coinvolge il lettore e ne stimola i migliori sentimenti.
   Anche in questo caso Riccardo Carbone riesce a sdrammatizzare una situazione di per sé difficilissima e all’epoca pregna di preoccupazioni per tutti e lo fa addirittura con due versioni dello stesso componimento concepito quattro anni fa, una vernacola e una in lingua, entrambe esempi di una magistrale padronanza del verso e della metrica con non comune perfezionismo nell’uso dell’interpunzione e del lessico puro sia del dialetto sia dell’Italiano. (Bruno Demasi)





L'INFLUENZA "ASIATICA" 1957/58

‘Ndo millenovecentocinquatottu
‘nci fu ‘na gran ‘mpruenza bestiali
‘na cosa chi ndi scòppiàu di bottu
e fici nu fracellu generali.
E fu n’assai potenti malatìa
chi pe lu mundu fu ‘na pandemìa.

 
’Na frevi forti cu doluri assai
ndall’ossa, l’anchi, ’u pettu e ’u ciaraveiu
sentivi nu brusciuri ed autri guai
cchjù ti curavi e cchjù tu stavi peju.
Ti ‘ndebuliva e ti jettava ‘nterra
nda tutt’u corpu tòi n’cera ‘na guerra.

Veniv’e ll’Asia (e ‘n primu locu a Cina),
li ceji la portaru, er’aviaria,
e siminàu ‘ccà sta gran rrovina
jettandu tanta genti all’anc’all’aria.
Nda tutt’u mundu e tutti li Nazioni
si la guagghiaru quattru milioni.

Duràu quattru, e cu dici tri, anni
nda tutti quasi i cincu cuntinenti
e procuràu tanti i chji malanni
ca genti sa stutàva comu nenti.
E nci fu puru cu perdìu ‘na figghia
e a cu nci scumpariu tutt’a famigghia!

’Nda sti paisi non ci furu morti,
ma centinar’e genti eran malati.
Nci fu cu tenni aperti li so porti
ca tutti da famigghia eran curcati.
Nessunu era in gradu ’u si izava
mu jàpr’a porta a cu spisa portava.

E cu pigghiava aspirini a muzzu
e cu curcatu non pigghiava nenti,
e cu mbiviva acqua sul’i puzzu
pecchì pa frevi dju battiv’e denti.
A Oppitu era chinu lu spitali
non c’era postu mancu pè Natali.

I cchjù nda frunti avìanu ‘na pezza
vagnata d’acqua frisca e poi spremuta,
serviva ’u cala ’a frevi e mu ’rripezza
pè tutt’u tempu chi venìa tenuta.
Nu familiari ‘i latu po’ rinnovu

‘a rivagnava e la mentìa di novu.

E nc’era puru cu campava sulu,
cercava ‘u si difendi! E comu fici?
Cu delirava e tutti a vaffanculu
mandava senz’o sapi chju chi dici!
Comu succedi sempri nda li guai,
i ‘cosi lordi’ non suffriru mai.

‘A cchjù fricata era ‘a genti onesta,
pariva co Signuri ‘a faci apposta!
I delinquenti sani e sempri a festa
giravanu pè strati a faccia tosta!
Signuri, approfitta ’i st’occasioni,
pulizzandi di mali e dassa ‘i bboni!

Eu cuntu sempri tuttu e lu sapìti.
Cull’autri studenti mi cogghiva,
Gugliermu, Rroccu e ‘Ntoni Scupelliti,
Ciccillu, Enzu e Mimmu chi ’rridiva.
‘A sira ndi cogghivam’a rradunu
facendu schiticchiati a casa di unu.

Trovammu nui ’na cura tantu bella
nommu ndi pigghia ’u morbu chi curriva:
satizzi, supprizzati e mortatella,
cu vin’i gutti e piatti chin’i liva!
Ed ogni santa sira chi veniva
du morbu ognunu ’i nui s’indi futtiva.


Sta cura funzionàu pè tanti misi
e ndèppimu cusì soddisfazioni.
Nessun’i nui rrestau cull’anchi tisi
dopu sta cura e sti culazioni!
‘U medicu Diacu seppi tuttu,
‘rridendu sutt’e baffi, ’nd’issi bruttu:

-figghi di gran pputtana, approfittati
puru du morbu chi ‘mpettàu sta genti!
Vi riuniti e tuttu vi mangiati
a facci ’i chju chi mali avòi si senti.
Comunque … non cadìstivu malati,
a cura è bona e … cuntinuati!

-Trovammu nui, dotturi, ’ a medicina,
mu prevenimu bbonu ‘a malatìa:
pinnuli ‘i gucceria - sciruppu di cantina
nci voli cuntra a chista pandemìa!
Cusì nescimmu sani da rrovina!
Nci jmmu ‘ncùlu a tutti e pur’a Cina! 


L'INFLUENZA "ASIATICA" 1957/58


Nel millenovecentocinquatotto
ci fu un avvenimento molto brutto
scoppiato all’improvviso come un botto
che mise molta gente in grande lutto.
Fu una grande brutta malattia
che diventò nel mondo pandemia. 


Con febbre alta e con forti dolori
in ossa, gambe e pure nella testa,
e molta sofferenza e gran bruciori
che t’impedivan far qualunque gesta.
T’indeboliva e tutto ti prostrava
e il corpo sofferente ti restava.

Dall’Asia proveniva, dalla Cina,
portata dagli uccelli, er’aviaria.
Da noi provocò ’na gran rovina
gettando ogni famiglia a gambe in aria.
In tutto il mondo e in tutte le nazioni
perirono diversi milioni.


Durò per circa tre o quattro anni,
e ne fu invaso ogni continente;
e provocò grandissimi malanni,
la gente ne moriva facilmente.
Ci fu a cui morì l’unica figlia
e ad altri, addirittura, la famiglia!

A Varapodio non ci furon morti,
diversi nuclei eran’ ammalati,
e videro segnate le loro sorti
con tutti i componenti coricati.
Non c’era un familiare che si alzava
per aprir porta a chi cibo portava.

Alcuni eran curati in modo rozzo,
ed altri a letto non prendevan niente,
qualcun beveva acqua sol di pozzo
e in bocca gli batteva ogni suo dente.
Ad Oppid’era pieno l’ospedale
non c’era posto manco di Natale.


In molti sulla fronte avean ’no straccio
bagnato d’acqua fresca e poi premuto.
Dicevano: -in qualche modo faccio
calar la febbre fin che vien tenuto!
Accanto un familiare a rinzupparlo
per ribagnarlo e poi posizionarlo.

E c’era chi testardo come un mulo,
prendeva a stento qualche uovo sodo.
Qualch’altro delirava e a vaffanculo
mandava sempre tutti e in malo modo,
ma come sempre, quando ci son guai,
i delinquenti non soffriron mai!

La più colpita era gente onesta,
sembrava che Gesù facesse apposta.
I delinquenti sani e sempre a festa
giravan per le strade a faccia tosta.
Signore Iddio, sfrutta le occasioni!
Toglici i cattivi e lascia i buoni!

Con certi amici miei, di quelli buoni,
tutti studenti, allor mi riunivo:
Guglielmo, Rocco e Scopelliti ’Ntoni,
Ciccillo, Enzo e Mimmo assai giulivo.
Ed ogni sera era un bel raduno

per far cenette a turno a casa d’uno.

Riuscimmo a trovar ‘na cura bella
per evitare il morbo che correva:
salsicce, soppressate e mortadella
olive e vin di botte che scorreva!
Ed ogni santa sera che giungeva
dell’influenza ognun se ne fotteva.

Diversi mesi funzionò ’sta cura
e fummo allora molto soddisfatti.
Nessun di noi patì la gran paura
con questo susseguirsi di piatti!
Il medico Diaco seppe il fatto
e con cipiglio falso, esterrefatto:

-figli di gran puttana, approfittate
dell’influenza che ammazza la gente!
Vi riunite e tutto voi mangiate
in barba a chi distrutto oggi si sente!
E…comunque, la prova è superata,
la cura è giusta e …va continuata!

-Abbiam trovato noi la medicina
per prevenire questa epidemia.
PILLOLE DI CUCINA-SCIROPPO DI CANTINA
ci vuole contro questa pandemia!
Così uscimmo indenni da rovina
andando in culo a tutti ed alla Cina!

                                                                                                     Riccardo Carbone - 2016