mercoledì 22 luglio 2015

L'UOMO BOUTIQUE

Di Enza dell'Acqua 
    Brandelli della vita incredibile di quelle  persone considerate ormai  soltanto elementi di un  paesaggio  senza storia.
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   Sono quasi le quattro del pomeriggio. La calura è impietosa: sulla spiaggia si trova riparo sotto l’ombrellone hawaiano o direttamente nelle acque del Tirreno. Immersi in un “meriggiare pallido e assorto”, ecco che i vacanzieri intravedono avanzare all’orizzonte una strana figura: marcia ballonzolando sotto un sole che non perdona, in un caleidoscopio di colori estivi. Si tratta dell’uomo boutique: un ragazzo porta un appendiabiti munito di due ombrelloni alle estremità a cui bordi sono attaccati abiti per signora, d’ogni genere e sorta: prendisoli, camicette, tubini alla Audrey Hepburn, costumi da bagno.
     A reggere l’insolito e variopinto negozio di abbigliamento ambulante è Mohamed, un algerino di vent’anni: occhi neri, pelle scura, magrolino ed emaciato che non sospetteresti possa avere tanta forza per trasportare sulle gracili braccia, nella spiaggia bollente e scoscesa, il suo negozio e l’unica fonte di sostentamento. Il ragazzo, con la sua impresa itinerante, fa delle pause, poggia la pesante struttura sulla sabbia, beve un sorso d’acqua e riparte. I turisti, sprofondati nelle loro comode sdraio, lo osservano divertiti. Nei suoi pit stop si guarda intorno sperando che qualche signora si avvicini per visitare la sua boutique e comprare qualcosa; osserva un gruppo di ragazzi giocare al pallone, magari avrebbe voluto unirsi alla squadra, fare un goal di destro, improvvisandosi calciatore, ma la timidezza lo blocca e poi il lavoro lo chiama, e mettere insieme il pranzo con la cena è dura impresa da intraprendere ogni santo giorno.
     Se ci avviciniamo a parlare con lui, scopriamo che è gentile e sorridente, nonostante la lunga marcia con il fardello di vestiario sulle spalle. E’ un abusivo, non vuole farsi fotografare, ci dice solo di essere diplomato, di credere in un futuro migliore e di pensare sempre agli amici e ai parenti che ha lasciato in Algeria. Mohamed è riuscito a piazzare un prendisole. Un’esigente signora ben piazzata, dai capelli di un mogano acceso, ne ha provati decine prima di effettuare l’acquisto. Alla fine il ragazzo ha messo in cassa 5 euro. Riprende fiducioso la sua marcia: ha un’aria dolorante, sembra un Cristo che porta la sua croce, e piano piano lo vediamo sparire, inghiottito dalla lontananza, con quel suo incedere traballante e insicuro.
    L’uomo boutique è solo uno dei tanti esempi di commercio itinerante estivo. Come tanti suoi colleghi, si aggira per le assolate spiagge, tra i turisti che cercano sole, relax e divertimento, per tentare di racimolare qualche soldo. Sugli arenili adibiti a lidi privati, in un florilegio di ombrelloni dai diversi colori, ne sfilano tantissimi ogni giorno.
    Provengono quasi tutti dall’Africa, sono extracomunitari, e vendono la loro merce contraffatta poiché non trovano niente di meglio in un territorio assai avaro di lavoro e possibilità per i residenti, figurarsi per i cugini africani. Sfidando la calura estiva passano con i loro espositori di occhiali, fermagli per capelli, mollettine e foulard. Altri con le spalle ricolme di asciugamani di spugna d’ogni grandezza e colore. Ragazze thailandesi propongono massaggi, mentre alcuni pakistani oltre a vendere cavigliere, phasmine e vistosi anelli degni di una notabile sunnita, promettono si realizzare sulla pelle dei disegni, da scegliere in un apposito catalogo, con una speciale penna all’hennè.
    In questa passarella di uomini e donne alle prese con una vita grama e incerta, quello che rimane impresso agli occhi dell’osservatore è Mohamed: la sua giovane età, quegli occhi neri in cui ci leggi paura e speranza, e soprattutto quel suo ingombrante negozio ambulante, che porta a spasso nei mesi estivi. In inverno, il ragazzo cerca di arrabattarsi come può, con i lavori più disparati. Ma intanto vende abiti femminili sulle spiagge affollate e assolate. Dopo una giornata di lavoro, rimette la sua merce nei sacchi scuri, che adagia in un angolo al fresco e vi si adagia sopra per dormire profondamente, stanco morto com’è. L’indomani mattina, ricomincerà la dura marcia.