lunedì 17 febbraio 2020

IL J’ACCUSE DI SALVATORE FILOCAMO : “LU PREPOTENTI NCATASTAU DINARI…”

di Bruno Demasi
   Appressandosi il Carnevale, non posso fare a meno di ricordarne uno dei cantori più grandi della nostra terra, Salvatore Filocamo. Cantore anche della  nostra civiltà contadina nella quale non c’è distinzione tra ricco e ladro: nell’immaginario popolare i grandi beni si acquistano solo col latrocinio, non esiste la santa opulenza che per i Calvinisti è premio di Dio, ma esiste la ricchezza soltanto come frutto della prevaricazione, del furto, del raggiro, della prepotenza.
    E, di rimando, chi non sa rubare , ‘ u spagnusu – dice Filocamo, che ho avuto il grande onore di conoscere – si accontenta di vivere o di sopravvivere solo con l’odore del denaro che a stento arriva alle sue narici abituate al sudore e al tanfo della fatica che non paga e che non appaga…
    Una concezione estremista – si dirà – probabilmente antitetica ai tanto decantati valori di democrazia e di divisione “ legale” della ricchezza cui lo stesso poeta della Locride aveva creduto in una stagione della sua vita.
    Sicuramente una concezione ancora oggi disperata della nostra gente che nel corrotto o nel prepotente di turno – e a tutti i livelli – non vede tanto il disvalore da rigettare o da abbattere, quanto forse il modello da imitare, o almeno da vagheggiare e invidiare e ancora oggi…magari da votare, malgrado tutto, nel silenzio ovattato e promettente dell’urna…
   Un capolavoro, questa lirica accorata, dalla quale qualche anno fa i Mattanza hanno ricavato un altro grandissimo capolavoro che mi piace riportare a corredo di questa pagina invernale  di memoria...
        RICCHI E POVARI

           Stu mundu chi criau nostru Signuri          
cu la so’ menti chi non d’avi uguali,
fu criatu cu li reguli e misuri:
lu cielu, a terra, l’omu e li nimali.

Prima li beni eranu an cumuni
ca l’omini n’tra iddi eranu uguali
prìncipi non d’aia, mancu baruni
non patruni, non do’, non principali.

Lu prepotenti ‘ncatastau dinari
senza cuntu, non pisi e non misuri
e lu spagnusu, chi non seppi fari,
si cuntentau mi campa cu l’aduri.

E mo’ pi chissu nui simu spartuti
e simu ricchi e poviri chiamati:
li ricchi ‘ngurdi e di novu vistuti
li poviri addiunu e spinnizzati.

Poviri e ricchi non simu ‘cchiù frati
comu na vota nenti ‘cchiù ndi liga
non paura i diu e non caritati
lu riccu mangia e u povaru fatiga.

E vui Signuri, chi tuttu viditi
pirchi sti cosi storti i suppurtati?
Dui sunnu i cosi: o vui non ci siti,
oppuru vui di ricchi vi spagnati!

      Francesco Salvatore Filocamo è nato a Siderno Superiore in provincia di Reggio Calabria, il 9 gennaio 1902, da famiglia contadina. Nel 1933, per consentire ai propri figli di proseguire gli studi e offrire loro così un futuro migliore, si trasferì con la famiglia a Locri (allora ancora Gerace Marina), lavorando, in qualità di impiegato, alle dipendenze di varie ditte private. A Locri ha vissuto una tranquilla vecchiaia, circondato dall’affetto della sua famiglia, sebbene rattristata dall’immatura scomparsa, nel 1972, della «cumpagna fidili», ispiratrice e consolatrice degli anni duri, con la quale ha sempre condiviso dolori e gioie ed a cui sono dedicate gran parte delle sue poesie, dalla tenue vena elegiaca.
       La sua esperienza terrena si è conclusa il 22 settembre del 1984.
     La passione per la poesia dialettale si manifestò sin dall’adolescenza, affondando le radici in una tradizione di cultura popolare che allora, molto più di oggi si respirava nell’aria. Le sue prime composizioni furono di carattere giocoso e satirico, traendo origine e spunto da episodi di vita vissuta. La prima raccolta di poesie “Ricchi e povari” è stata pubblicata nel 1975 dalla Frama Sud di Chiaravalle Centrale con la prefazione di Saverio Strati, riscuotendo un immediato successo di pubblico e di critica. 
      La maggior parte della sua produzione è sparsa su giornali e riviste. Nel 1985 è stata pubblicata postuma, dall’editore Rubbettino, l’opera “Farse Carnevalesche”. Nel 2014 è stato pubblicato il volume “Voci e valori del mio tempo” (Opera Omnia) a cura di Ugo Mollica e della figlia dell’autore Iolanda Filocamo.