mercoledì 8 luglio 2015

A PISCUPIU PURU ‘U DIAVULU SI NDI FUJIU

di Maria Lombardo
   Non era certo come oggi nell' Ottocento preunitario calabrese: allora i briganti si arricchivano sparando e uccidendo, oggi si sono evoluti e  lo fanno rubando o rapinando in silenzio, magari spesso col consenso elettorale del popolo ignaro.

                     Mercadante, il brigante di Piscopio
  Ribadisco ancora per onestà intellettuale, ma soprattutto per chiarezza, che bisogna fare netta distinzione tra il Brigantaggio pre-unitario e quello post-unitario. Durante un mio scavo storico sul piccolo centro di Piscopio oggi prov di Vibo, mi imbatto nella storia in un brigante pre-unitario uno di quelli che la Corona Francese cercò di combattere con ogni mezzo. Era uno di quei grossi omoni che infestavano i centri pre montani abitando le grotte e creando scompiglio. Nulla a che vedere con la storia dei legittimisti post unitari.Da sempre la letteratura straniera amava raccontare queste storie intrise di sangue e briganti. Le loro imboscate avevano indotto molti scrittori stranieri del tempo a raccontare di questa regione, come di una terra sauvage (1).Proprio così queste storie vere mortificavano irrimediabilmente la nostra Regione. Raccontando di questi uomini armati con fucili e coltelli, in occasioni di festeggiamenti civili e religiosi, bande di briganti terrorizzavano i pellegrini provenienti dai vari paesi ,privandoli di quanto portavano con sè da vendere ai mercati dei paesi. La situazione di Piscopio a quel tempo era davvero un male sociale, a tal punto che la Corona Napoleonica inviò nelle terre di Calabria il Generale Mahnes. Fu una vera piaga questa del banditismo che né i francesi e né i napoletani riuscirono mai a debellare malgrado il dispiegamento di forze e mezzi.
    D’altra parte, come scrive Luciano Serafino, la storia parla chiaro: tutti coloro che per motivi
politici erano costretti a rifugiarsi nei boschi o che difendevano a loro modo i luoghi nativi, si ponevano tra i clandestini e divenivano di conseguenza i fuori legge per eccellenza. 

    La situazione stava per mutare con l'800, quando i banditi lasciarono le alture e scesero a valle trovando rifugio in cunicoli e grotte e la strada che dal centro di Piscopio porta verso Santa Ruba, detta via delle Grotte, fu rifugio del brigante Mercadante del luogo, figura, descritta dalla tradizione, alto e di robusta costituzione, la cui abitazione era strutturata con feritoie per rispondere al fuoco in caso di attacco.
    Mercadante non era una figura amata dal popolo Piscopisano, anzi incuteva molta paura e si raccontano degli atti criminosi da lui compiuti davvero sui generis. Durante una delle sue scorribande verso il paese di Pizzoni, egli fu respinto dal piombo dei fucili della gente del paese. Nella circostanza egli rimase ferito al braccio destro, mentre il suo luogotenente cadde a terra tramortito.

     Il Mercadante, allora, da quanto narrano gli anziani,mise a fuoco l’intero paese e, caricandosi, poi, l’amico sulle spalle, lo portò in salvo, passando per quella che oggi è via Garciali, riparando nelle grotte, che oggi appena sono visibili in quanto ricoperte per lo più dalle frane. Una ferocia inaudita lo distingueva tant'è vero che a Piscopio decise di stringere alleanza col Brigante Friddizza per spartirsi il territorio ed il malaffare. E fu col malaffare che il bandito costruì la sua fortuna e accumulò un ingente tesoro scoperto poi alla sua morte. Distrutta la sua casa , furono infatti trovate tre giare stracolme di monete d’argento del Regno delle Due Sicilie, una parte delle quali sono custodite nel Museo Archeologico di Vibo Valentia e un’altra parte si vuole sia in possesso di famiglie di Piscopio, quasi a sottolineare una legittima  riappropriazione delle loro richezze .