giovedì 26 luglio 2018

NDRANGHETA: IL PARADIGMA SEMINARA

di Bruno Demasi 

   Come, e probabilmente molto di più di altri centri aspromontani, dove il rispetto per la vita dei minori forse non è mai venuto meno salve imprevedibili combinazioni, Seminara nei giorni scorsi con l’agguato mafioso in cui ci ha quasi rimesso la pelle un bambino ha rinverdito due paradigmi vecchissimi e ancora oggi di tremenda e monotona attualità da queste parti.
     Il primo riguarda la paura di parlare della gente, direttamente proporzionale alla rozza efferatezza di chi spara senza badare neanche alla vita dei bambini: ne sappiamo qualcosa anche noi, ne sanno qualcosa coloro i quali ancora piangono sul serio e non per posa gli innocenti Cocò o Mariangela oppure Andrea, Nicholas, Marcella, Gianluca, Arcangelo, Saverio 1, Michele, Giuseppina, Francesco, Domenico Michele, Domenico1, Domenico 2 Davide, Paolo, Arturo, Saverio 2 , Gianfranco, il rosario infinitamente lungo dei piccoli e dei minori calabresi caduti per mano mafiosa.
    Il secondo riguarda invece le reazioni di un’ormai inesistente “società civile” davanti a tali gesti di efferatezza che inevitabilmente si riducono a mettere nero su bianco su un arido verbale di una riunione “aperta” dei consigli comunali una formale rinuncia a Satana, una stucchevole quanto inutile dichiarazione di distanza dalla ndragneta, dai suoi rituali, dalle sue metodologie stragiste e sanguinarie. E poi il nulla.
    Nei giorni scorsi - riferisco testualmente quanto comunicato -  “alla fine di una lunga discussione, dal Consiglio Comunale di Seminara, con voto unanime, è arrivata l’approvazione dell’emendamento che inserisce nei principi fondativi dell’Ente il ripudio della ‘ndrangheta dei suoi riti e dei suoi condizionamenti culturali che limitano la libertà e la felicità dei cittadini.”
    Non fa certo male una dichiarazione di intenti tanto lapalissiana, ma a cosa serve se non è preceduta, accompagnata e seguita da una seria azione politica e sociale di prevenzione, controllo e almeno di marginalizzazione degli atteggiamenti mafiosi? A cosa serve una formale presa di distanza, di scissione delle responsabilità sia da parte politica sia da parte della cittadinanza se non si comprende che il tessuto sociale si sfalda e si ribella proprio quando viene a mancare la consapevolezza delle proprie prima che delle altrui responsabilità individuali e di gruppo? 

    Il metodo della ndrangheta è caratterizzato da un profondo egocentriscmo operativo, da un osceno egoismo morale in base a cui ciò che conta è raggiungere il proprio obiettivo. E a qualsiasi costo, compresa la vita degli innocenti. Due dimensioni che però, mutate le responsabilità, non si allontanano affatto da quelle utilizzate da tante persone “ per bene” quando si tratta di sopraffare gli altri attraverso l’inghippo, la corruzione, la sopraffazione legalizzata, i concorsi truccati a cui tutti sembriamo assuefatti, le regalìe, gli scambi di favori che da queste parti sono l’usuale ormai, non l’extra ordinario. Due dimensioni entrambe mafiose dalle quali nessuno è immune. E se cerca di esserlo ne paga le conseguenze, lo sappiamo bene.
    Se poi allarghiamo le responsabilità e dalla stanza dei bottoni, sempre più ovattata e ammantata di privilegi e del sussiego “legalitario”, che non guasta mai, ci riferiamo all’intero tessuto umano di questi paesi, il discorso diventa ancora più orripilante. Un tessuto ormai a maglie larghissime, privo persino del connettivo costituito da una sia pur piccola classe media illuminata e operosa che faccia da ponte tra le istanze pseudoborghesi di pochissimi politici o intellettuali lontani dalla gente che pensano di sapere tutto e la miseria, soprattutto civile e sociale , di tanti.
    Dov’erano i Seminaroti e i loro rappresentanti politici e morali e spirituali allorquando negli anni scorsi è stata distrutta la scuola a Seminara dai signori della Provincia riducendo i ragazzi di questo paese o di S.Anna o di Melicuccà o di Barritteri a semplici manciate di numeri funzionali solo a mantenere in vita carrozzoni scolastici con sede a Palmi?
    E come mai i Seminaroti e gli abitanti dei paesi limitrofi che possono permetterselo, pur avendo ancora una parvenza di scuola nelle loro sedi, iscrivono i loro bambini e i loro ragazzi alle scuole di Palmi, lasciando in loco solo i paria, i figli di nessuno, coloro i quali forse nell’opinione comune non temono contagi perché già possiedono nel dna anticorpi mafiosi? 

    E perché mai le classi a “tempo prolungato” sono state decimate in questi paesi grazie alla scempiaggine di collegi di docenti poco degni di questo nome, di genitori manipolati a scegliere il peggio o anche la strada per i loro figli, di insegnanti pigri e settari che continuano a scoraggiare questa modalità scolastica validissima assegnando compiti indiscriminati sui quali valutano i pochi che a casa hanno qualcuno pagato o pronto a farli per loro?
    E quanti sono disposti ad avviare , o almeno assecondare, iniziative di aggregazione sociale, civile, religiosa e a “sporcarsi le mani” cooperando alla crescita vera e sana dei più piccoli, dei più deboli, dei malati, persino nei gruppi di preghiera?
    E  perchè mai la leva giovanile dai nove ai quindici anni, la più esposta alla dispersione scolastica e sociale, è sempre più libera di bighellonare per le strade deserte di paesi ormai abbandonati a se stessi dallo Stato, ma sempre pronti a inviare in prefettura verbali pomposi e inutili di dichiarazioni di intenti e di scissione di responsabilità che invece appartengono inesorabilmente a tutti?