giovedì 2 gennaio 2014

LA DIGA SUL METRAMO: RISORSA D’ECCELLENZA O MINACCIA ECCELLENTE PER LA PIANA?

di Michele Scozzarra

      Calcolando dal lontano 1973, quando se ne ipotizzò concretamente la realizzazione sulla base di vari studi effettuati negli anni precedenti, fino al 6 aprile del 2013, quando è stata inaugurata, la diga sul Metramo ha impiegato esattamente 40 anni, o giù di lì, per vedere maldestramente la luce.

      Realizzato con questi tempi biblici in contrada Castagnara, tra l'Aspromonte e le Serre vibonesi, nel

territorio di Galatro e San Pietro di Caridà, progettato da Giuseppe Baldovin, per l’approvvigionamento idrico di quello che avrebbe dovuto essere il cd Quinto centro siderurgico, ma che rimase in sostanza solo uno dei tanti blasoni di letame all’occhiello della prima Repubblica, il bacino più alto rilevato in terra (100 metri) mai realizzato in Italia, domina il centro termale di Galatro e la Piana di Gioia Tauro ed ha cambiato nel corso degli anni destinazione, attraverso una gestazione caratterizzata da blocchi prolungati dei lavori, rifinanziamenti pesantissimi ,ma a singhiozzo, delle opere e che ancora deve essere completato con le indispensabili opere di canalizzazione verso valle dell'acqua . Costi
dunque quasi decuplicati rispetto ai calcoli preventivi, spesso giustificati in modo generico e frettoloso con la forte inflazione registrata a fine anni Settanta e agli inizi degli anni Ottanta nonchè dalle crisi economiche susseguitesi ed esplose a catena nell’ultimo decennio.

    Il Consorzio di bonifica per la piana di Rosarno , proprietario della struttura, attraverso i suoi tecnici accredita la diga sul fiume Metramo come la più grande d'Europa nel suo genere, in quanto dotata di un muro di sbarramento alto 102 metri e capace di contenere oltre 26 milioni di metri cubi di acqua. Un'infrastruttura di eccellenza , dunque, ma la cui realizzazione – si dice - è stata resa ancora più difficile dalla scarsità di materiali presenti nell'area e con un invaso ricadente in un territorio ad «alta sismicità» . Un’opera che sarebbe venuta a costare , sempre secondo i calcoli fatti dai tecnici del Consorzio, 388.750.000.000 di lire, tra perizie di variante, costi aggiuntivi dovuti a cantierazioni discontinue e a lunghi contenziosi che si sono trascinati. Un’infrastruttura che allo stato attuale potrebbe però apparire sostanzialmente inutile, se non potenzialmente pericolosa, se lo stesso Consorzio non avesse individuato tre possibili destinazioni dell’opera: uso irriguo, uso industriale per l'approvvigionamento di

acqua potabile in un bacino che può andare molto al di là del territorio provinciale, e uso energetico, con il possibile posizionamento di una centrale idroelettrica di cui da tempo si parla e che l’ENEL si sarebbe dichiarata disposta a realizzare a costo zero per la collettività, unitamente a buona parte delle opere di canalizzazione ancora mancanti.

     Se questo è vero, se queste tre destinazioni (ed altre sbrigativamente trascurate, come quella turistico-paesaggistica) e le soluzioni che emergono sono realmente possibili, si abbia il coraggio di attuarle , e subito, bandendo ogni forma ulteriore di dubbio o di preoccupazione che le cittadinanze interessate, anzi l’intera Piana, stanno nutrendo. E non solo nella reale volontà di rendere efficace un’opera tanto imponente , ma anche per quanto concerne la certificazione concreta della sua sicurezza sotto tutti gli aspetti , compresi i sistemi di monitoraggio della struttura , dell’invaso e dell’area a

valle, i piani e i sistemi di allarme e di emergenza in caso di calamità naturali in un territorio notoriamente ad alta valenza sismica, i piani di controllo e di predisposizione di quanto necessario nell’ipotesi – ci si augura remota – di necessità di evacuare le aree più immediatamente interessate.

     Grande dibattito, dunque, ancora aperto, molti fiumi di inchiostro, di parole e ...di acque poco o punto controllabili...al punto che tergiversare ancora, perdere pretestuosamente tempo significherebbe realmente non solo vanificare la valenza residua di quest’opera come un volano dell’economia locale, ma anche aumentare in modo colpevole l’entità di questo che allo stato dei fatti è già un grande e preoccupante problema non solo per Galatro e i paesi vicini, ma per l’intera Piana.