mercoledì 25 dicembre 2013

BUON NATALE, PIANA!!!

              (di Michele Scozzarra e Bruno Demasi)


      Mai nel secondo  dopoguerra la piana di Gioia Tauro,  è sembrata   socialmente sfibrata, come in questo tempo di crollo di entusiasmi e di valori, ma anche di crisi economica: non solo sembra essersi abbattuto su di noi un disastro  finanziario di cui non abbiamo colpe, ma pare che non si veda e neanche si cerchi   una via d'uscita.
     Al di là dell'accusata inefficienza dello Stato e delle istituzioni locali ,  per trovare la strada giusta per fare riemergere questi paesi, ridotti ormai pressochè a colonia di chi produce altrove, per uscire  da questo ormai lungo e deleterio periodo di grave difficoltà, sono da impedimento un’atavica coltre di paura, un vago sentimento di inferiorità e  certamente l’incapacità o quasi di relazionarsi sul serio con le realtà produttive e politiche europee.
      Sembra quasi che anche  la speranza abbia raggiunto, in questi mesi, il massimo del suo  impoverimento, specialmente dalle nostre parti, dove un’economia di sopravvivenza, cui siamo da secoli abituati, la saldezza, nonostante tutto, dei legami familiari, attenuano almeno  quel senso di vuoto e di  fragilità che magari si respira altrove e ci inducono spesso a rifugiarci nelle tradizioni antiche, anche a livello ecclesiale, in quelli che a torto forse vengono bollati come devozionismi di maniera.
       In effetti, accanto ai dilemmi economici e sociali, c’è anche la difficoltà vecchia e nuova di ricostruire e indossare un’identità cristiana vera. "Non chiudiamoci nel nostro Natale" recitava un serioso manifesto  visto sui muri di una città qualche tempo  addietro. Come se il problema  fosse  solo di un giorno o due all’anno e,passate le feste, ci si potesse dileguare  nell’anonimato spicciolo  dei  nostri paesi .
      Che cosa maledettamente complicata, la fede cristiana, penseranno in tanti. E che strana gente hanno incontrato quei pastori, quelle persone semplici in cerca di Cristo... sembra gente "auto-occupata" in attività e discorsi che non hanno nessi reali con la vita normale. "Professionisti dell'entusiasmo" (Come annotava Pavese nel suo diario: "la più nauseante delle insincerità"). Difficile dar loro torto. D'altronde è la medesima impressione che ha manifestato, tempo addietro, l’allora cardinale Ratzinger: "E' diffusa oggi qua e là, anche in ambienti ecclesiastici elevati, l'idea che una persona sia tanto più cristiana quanto più impegnata in attività ecclesiali. Si spinge ad una specie di terapia ecclesiastica del darsi da fare. A ciascuno si cerca di assegnare un comitato, o in ogni caso, almeno un qualche impegno all'interno della Chiesa. In qualche modo così si pensa, ci deve sempre essere un'attività ecclesiale, si deve parlare della Chiesa o si deve fare qualcosa per essa o in essa... E' un pò una perversione dei fattori umani e crea quell'autoccupazione della Chiesa con se stessa, che non è più disponibile alla testimonianza".
      Una volta chi si riaccostava alla Chiesa, dopo mesi o anni di latitanza, percepiva un messaggio semplice e chiaro. C'erano i dieci comandamenti da rispettare, e soprattutto un confessionale che dispensava il perdono anche ai peccatori più incalliti. Per il resto il battesimo e la partecipazione al precetto festivo abilitavano anche la povera casalinga con la quinta elementare ad essere membro a pieno titolo della comunità cristiana. E se un cristiano molto incoerente del V secolo fosse entrato in una chiesa, sicuramente non sabbe stato  bombardato da una lista astratta e complicata di cose da fare, ben altro accento di speranza avrebbe percepito nelle parole di Leone Magno: "Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c'è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita... Nessuno è escluso da questa felicità... Esulti il santo perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano perché è chiamato alla vita".
     Fu tutto più semplice per i nostri avi che hanno vissuto di stenti su queste contrade, come tutto fu più semplice anche per  quei poveri pastori della Palestina. Nessuno  chiese loro di essere più buoni. Di impegnarsi di più. Di ripetere discorsi. Si imbatterono, mentre erano dediti alla loro normale occupazione, in una presenza straordinaria, ma umanissima: una ragazza aveva dato alla luce un bambino. C'era solo da andare a vedere. Tutti quanti... nessuno escluso! 
      E tutti quanti, nessuno escluso anche qui, in questa Piana che di notte assume spesso l’aspetto di una landa desolata e fredda, possiamo affacciarci a quella piccola grotta per scaldarci il cuore ...ma anche per aprirci la mente e  dirci con  maggiore convinzione...
                                  Buon Natale…!