La cronaca minimale di un 13 giugno contemporaneo a Fabrizia? No! La narrazione in presa diretta di un atto di devozione che diventa prodigio di quella restitutio fidei di cui siamo tutti affamati? Nemmeno! E’ “solo” il racconto fuori da ogni schema letterario di un momento trascorso a Fabrizia ai piedi dell”Avvocato” il Santo di Padova che ogni 13 giugno torna a percorrere (quasi) tutte le strade e i tratturi più poveri della Calabria dispensando a chi ne ha bisogno la sua parola di incoraggiamento e di pace. E’ il santo dei grandi, ma soprattutto dei “ piccoli”, coloro che non hanno parole per difendersi, per implorare, per chiedere. E Lui ne fa dono misteriosamente a tutti... e insieme al pane della Parola , il pane della Fede, il pane della speranza , ma anche il pane più rustico di tutti, impastato di granturco e sudore, la "pizzàta"
Non ho aggettivi per qualificare ( o forse guastare) questa pagina di Gianfrancesco Solferino, nata non a caso nella povertà di un paese, nel quale localizzo spesso la memoria sconosciuta dei miei avi, nel lirismo di una giornata e di un’ora davvero speciali. Una pagina pronta a fiorire immediatamente e a dare i suoi imprevedibili frutti nel cuore di chi la legge. (Bruno Demasi)
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Una giornata strana e tormentata quella di venerdì 13 giugno 2025. Avrei dovuto (e voluto) fare molte cose che immancabilmente - anche questa volta! - sono saltate. Tutto è diventato così faticoso, così difficile. Mah!
Mentre rientravo a casa con estremo ritardo (lambiccandomi il cervello su qualcosa di caloricamente "innocuo" da mettere in tavola) ho immaginato che in questo assolato giorno di festa avrei trovato la chiesa aperta e, soprattutto, vuota. Così è stato.
Zitto zitto, in un'imbarazzante penombra, ho fatto visita a Sant'Antonio, coperto di fiori come un divo hawaiano, circondato da ex voto, rosari, "ciancianegli", bomboniere, disegni di bambini e tanti, tanti gigli bianchi. Nulla ho pensato, nulla ho detto, certo del fatto che talune affinità elettive non hanno bisogno di parole.
Ma sporgendomi sui cestini del pane lasciati a disposizione dei fedeli mi sono accorto che di pane neanche le briciole erano rimaste! "E vabbè - ho detto tra me - anche oggi non avrò pretesti per consumare i tanto temuti carboidrati. Pazienza!"
Lasciando la chiesa pensavo, però, che per la prima volta in vita mia nessuno, ma proprio nessuno, si era ricordato di lasciarmi da parte un panino benedetto. Amara considerazione non sui carboidrati (evitati) ma sull'ormai inevitabile desertificazione dell'anima che ha bandito dal pensiero degli amici (o sedicenti tali) coloro i quali sono lontani dagli occhi e soprattutto dal cuore. Amen e così sia!
Oggi mi sono ritrovato nuovamente pellegrino sulle strade di Fabrizia, tra le giogaie boscose delle Serre, le case macchiate di abbandono e le pietre antiche di un paese pedemontano che meritò il titolo di "piccola Padova delle Serre di Calabria". Qui, infatti, il culto verso Sant'Antonio da secoli è radicato e continua a intridere di straordinario fascino la chiesa madre fabriziese, un vero "santuario" della pietà antoniana.
In queste occasioni è sempre bello ritrovare gli amici del luogo e quelle persone che ti fanno sentire comunque a "casa tua", anche quando, camminando davanti ai piedi degli affaticati portatori del Santo, nessuno ha l'ardire di allontanarti. Qui sei uno di loro! La strada è stata veramente tanta, lunga ed emozionante soprattutto laddove case e luoghi ti ricordano pagine di una storia asprissima e difficilmente cancellabile, come le alluvioni che hanno funestato Fabrizia ripetutamente nel XX secolo.
Non posso più proseguire. Debbo congedarmi dal volto settecentesco del mio dolce Avvocato che mi guarda assorto e severo nel suo abito minoritico.
"Ciao Tonino. Ti ho lasciato una lista lunghissima di urgenze. Giacchè non hai segretari, men che meno usate avvalervi di cancellieri negli spazi infiniti dell'alma Magione, ho deposto ai tuoi piedi molte richieste, una in particolare urgentissima. La luce dorata del tramonto, che vince il colore olivastro del tuo incarnato facendolo brillare di soprannaturale bellezza, mi induce a pensare che presto perorerai ciò che ti chiedo. Tanto lo so. Le "pratiche" sei abituato a leggerle tra le nostre lacrime. Le nostre implorazioni sono più che superflue, precorri ogni cosa e, attraverso Dio, tutto ti è noto... Dai, Tonì, non tardare, ti prego...".
Tra la folla brulicante mi avvio verso la macchina ma la voce di un amico mi ferma. "Già te ne vai?". "Si, Mimmo, purtroppo è tardi". Da una busta Domenico Demasi, amico fraterno che vive con spontanea affabilità il suo essere fabriziese, mi porge due "pizzate", i piccoli pani che le donne del paese impastano solo con il lievito madre e la farina di mais rosso. "Grazie Mimmetto, grazie...". Il cuore ospitale di un amico diventa strumento per un dono semplice, squisito quanto... commovente. Il panino che non ho potuto provare il 13 giugno si è materializzato tra le mie mani, segno di una carità che si fa amicizia, condivisione, fraternità.
Storie di quotidiana tenerezza che solo Antonio di Padova sa concretizzare nella vita di quanti hanno il cuore e le mani aperti...
Gianfrancesco Solferino