giovedì 13 marzo 2025

“LA FORZA NON E’ MIA”: I VERSI DELL’INDIGNAZIONE E DEL RIMPIANTO DI CINZIA PANUCCIO (di Bruno Demasi)

     Con il titolo della lirica scritta in omaggio a padre Hanna Jallouf, vicario apostolico e faro di pace per la città di Aleppo, tormentata  per  molti anni dalle violenze di un cieco terrorismo sanguinario, vede la luce  per l'abituale sensibilità di  "Città del sole Edizioni " di Reggio Calabria questa non convenzionale raccolta poetica di Cinzia Panuccio, che dà ragione, anche nell’uso della parola e del pensiero, di un carattere fuori dagli schemi e  da ogni forma di banalità e di supino adattamento al male che nelle sue varie dimensioni dilania i nostri giorni. La forza non è mia sembra ripetere ancora dietro questi versi padre Jallouf, sorpreso egli stesso dalla propria capacità quasi sovrumana di resistenza, ma l’eco sgomenta di questa espressione ritorna insistente anche sulla bocca dell’Autrice che vuole diventare portavoce del numero impressionante di persone che in questi tempi malati trascinano ovunque la propria esistenza ai limiti della sopravvivenza e di tutti coloro che in un modo o nell’altro cercano di alleviare la pena e la sofferenza che impregnano troppe vite. 

     Quando l’otto marzo scorso l’Autrice è stata insignita, anche per questo bel libro, del prestigioso "Premio Emanuela Setti Carraro”, mi è venuto spontaneo pensare che ancora forse c’è  motivo di sperare che l’indifferenza del nostro tempo ogni tanto possa lasciare qualche piccolo spazio alla sensibilità per la condizione degli altri e produrre almeno un rigurgito di ammirazione e di commozione per tutte quelle persone che riescono a fare della propria generosità e del proprio impegno quotidiano verso gli ultimi e i sofferenti, se non una ragione , certamente una costante di vita.

  E’ il caso di Cinzia Panuccio e un’attenta lettura di queste composizioni lo lascia intendere senza possibilità di equivoco: ogni suo verso unisce sempre i due estremi: il canto e la lode per ogni manifestazione della bellezza e la denuncia contro ogni aberrazione o insensibilità che rischia sempre di annientarla. Non a caso tra queste liriche affiora spesso il tema eterno, ma oggi sempre più spesso dimenticato, della lotta tra il Bene e il Male, intesi quasi come due persone, che si concretizza amaramente nei disagi e nelle grandi frustrazioni del nostro tempo, come l’aborto, la dimenticanza verso  Dio, la disabilità marginalizzata, le migrazioni di massa, la ricerca affannosa o la perdita di un lavoro, l’amara constatazione che l’evoluzione della storia, anziché migliorare e perfezionare la convivenza degli esseri umani, rischia solo di aumentare ogni sorta di sfruttamento:

Siamo tutti trafficanti di idee e di sogni,
mercanti di false felicità…  
 
                                                (Trafficanti di anime) 

   In tali dimensioni in La forza non è mia c’è spazio anche per l’ammirazione verso chi ha votato la propria vita alla divulgazione culturale e scientifica, ma anche per cantare gli affetti familiari, inseguire i propri sogni, decantare le ricchezze di questa terra, guardarsi intorno senza trascurare nessuno degli aspetti che possono colpire lo sguardo acuto, la riflessione attenta e generosa di idee e di entusiasmi dell’Autrice. E tante sono le liriche che si fanno spontaneamente leggere e rileggere, come quelle dedicate al tema, ripreso da varie angolazioni, della violenza sulle donne, al quale Cinzia Panuccio sembra riservare un solco profondo della propria sensibilità femminile, quasi una corsia privilegiata della propria indignazione e della propria commozione:

Sogni turbati e un futuro rubato
con l’inganno affollano la mente.
L’inferno ha tolto la magia all’amore
brividi d’estate e ghiaccio dentro il cuore.
Respiri pian piano mentre tutto dentro muore.

                                             (L’amore rubato)


     Versi permeati da una pietas antica , che l’Autrice sa far riaffiorare con una semplicità quasi disarmante offrendo al lettore i modi e i mezzi per perdersi a sua volta in uno sguardo commosso alla nostra terra, ingenuo come quello di un fanciullo, ma coraggioso e forte come l’animo delle donne di Calabria: 
 

                              Delicate maree non tolgono le impronte
                                       Dei piedi di chi lì affonda 
                                    E delle vesti che galleggiano… 
 
                                                                 (L’altro vollto del Mediterraneo) 
 
     E  proprio per le  donne e per gli gli uomini   di Calabria  questi versi  possono essere  un dono.

Bruno Demasi