giovedì 2 aprile 2020

BRANCATISANO PASQUALE DI SAMO DETTO “ MALERBA “


di Bruno Demasi


   Non è uno degli idoli ammantati di medaglie e blasoni che ogni anno il 27 gennaio e il 25 aprile vengono portati in giro per le scuole di Calabria, come la statua della Madonna di Polsi, a raccontare una storia che il più delle volte non hanno nemmeno vissuto in prima persona, è stato invece  un partigiano vero Pasquale Brancatisano che vive ed è nato a Samo nell’entroterra della Locride nel 1922 e che ha combattuto in prima linea per la liberazione d’Italia con il nome di “Malerba”. Uno dei pochi, perché la lotta partigiana nella Calabria Ultra non ebbe molti proseliti come invece li ebbe il Fascismo. Vizio antico! 

   Tra le immagini possibili quella di Pasquale è l’icona del bracciante calabrese che negli anni della prima gioventù, gli anni ’40 del secolo scorso, ha il coraggio di lasciare la gleba e i suoi padroni per i quali si spaccava la schiena dall’alba al tramonto nelle campagne della Locride per andarsi a spaccare la schiena in una lotta ben più difficile e micidiale : la liberazione della Penisola. E nessuno gli aveva detto e tantomeno chiesto di farlo, ma lui, non si sa come, decideva ugualmente di impegnarsi in questo dovere e per ben due anni e mezzo andò sulle montagne a prestare la sua opera di partigiano-bracciante abituato da sempre ai rigori del freddo, ma anche a quelli del rischio estremo, della fame, dell’indigenza e della precarietà totali.
   In questi primi giorni di aprile Malerba ha ricevuto dal capo dello stato italiano in persona una telefonata di ringraziamento con cui ha voluto rendergli omaggio e ringraziarlo del messaggio di plauso che il vecchio partigiano gli ha voluto inviare a sua volta qualche giorno fa , dopo averlo sentito parlare agli Italiani in televisione per incoraggiarli, esortarli a difendersi dal nuovo nemico in una nuova lotta di liberazione che affratella – o dovrebbe affratellare - tutta l’Italia che per la prima volta nella storia sta piangendo un numero altissimo di vittime che continuano a cadere quasi senza nome e senza onore in questo tempo malato in cui persino la morte e la sepoltura sono divenute nemici da oscurare ed esorcizzare al più presto e in silenzio. 

   Malerba rompe con tutti gli schemi. Lo ha fatto fina da quando nel 1943 imbracciò il fucile e partì di notte da solo, come negli stessi giorni stavano facendo Aldo Chiantella da Reggio Calabria e Anna Condò, la staffetta partigiana della provincia reggina , che tutti conoscono o dovrebbero conoscere. Sono ancora tutti e tre testardemente vivi, caparbiamente pronti a combattere ancora per mano e per bocca dei loro ideali nipoti , da sempre in tutt’altre faccende affaccendati, per la libertà della loro terra: oggi contro il nemico invisibile che sta divorando l’Italia, ieri , e forse ancora domani, quasi da soli, contro l’altro mostro a sette teste e con sette cravatte che è stata ed è la ndrangheta che continua a divorare questa terra come sempre, ma stavolta  sotto le mentite specie di perbenismo e di falsa legalità che la criminalità organizzata sa oggi indossare con estrema disinvoltura. 

   E’ importante il messaggio di Pasquale Brancatisano al Presidente della Repubblica , non un atto di servile encomio o di stucchevole elogio, ma la consapevolezza che solo la dignità degli uomini , il rispetto per le istituzioni, possano risollevare le sorti dell’Italia e soprattutto di quel lembo di Calabria estrema dove da tempo è morto ogni valore civile e sociale sui quali è stata impostata e condotta la lotta di liberazione. 
   E Mattarella lo ha capito.
   Speriamo lo comprendano e lo tengano a mente anche i giovani calabresi quando sarà passata la furia del Coronavirus!