domenica 21 febbraio 2016

“RISPARMIARE I SOLDI SPESI IN CONVEGNI ANTIMAFIA E ASSUMERE INSEGNANTI…”

di Bruno Demasi

  Maestri di gattopardismo noi Meridionali, ma non solo noi evidentemente. Maestra assoluta di gattopardismo infatti l’ Italia intera affannata nella corsa alla legalità parolaia, verbosa, priva di contenuti reali, spesso anche danarosa nell’organizzazione di eventi – bomboniera, comunque quasi sempre fine a se stessa.
     E’ quanto nei giorni scorsi Nicola Gratteri ha voluto sottolineare in una sua intervista a Linkiesta, curata magistralmente da Lidia Baratta, mentre si accinge a preparare le valigie in vista del suo trasferimento a Catanzaro come procuratore della locale Direzione Distrettuale Antimafia e mentre ancora una volta è costretto a riflettere ad alta voce sull’inaudita escalation di agguati, bombe, intimidazioni a privati e istituzioni che in questo primo mese e mezzo del 2016 sta scombinando vistosamente tutte le statistiche possibili dei reati di ndrangheta.
   La lettura del ministro dell’Interno Angelino Alfano giunto a metà mese a Reggio Calabria è , come al solito, trionfalistica, quasi mutuata dai proclami ridicoli che il suo conterraneo Francesco Crispi faceva sornione oltre un secolo fa quando timidamente si incominciava a parlare di mafia . Per il nostro ineffabile Alfano la recrudescenza assurda dei fatti di ndrangheta che in queste settimane sta segnando vistosamente la Calabria altro non sarebbe che la reazione mafiosa alla pressione dello Stato.
    Non si capisce di quale pressione egli parli e se sia veramente convinto di ciò che afferma mentre il governo di cui egli fa parte, mai espresso dal popolo, è intento a gingillarsi a Palazzo Chigi e al Parlamento in discussioni oziose che hanno il solo scopo di spostare l’attenzione del cittadino dai problemi reali dai quali è oppresso. Compresa la pressione mafiosa. Quella si!
    E siccome tutti siamo muti, siamo tutti attenti alle sciocchezze che ci propinano televisioni, giornali e social network servi del regime, diventa più che mai preziosa ancora una volta la riflessione attenta e lucida di Gratteri che è il primo a non essere convinto dell’analisi alfano-renzi-collodiana della recrudescenza ndranghetistica e del marasma sociale in cui annaspiamo in questo momento storico del Sud. 

    Per Gratteri. «Non bisogna fare un’insalata di tutto quello che sta succedendo», dice. «È improbabile che i boss di ‘ndrangheta, visto che negli ultimi anni abbiamo arrestato duemila di loro, si siano riuniti e abbiano deciso di bruciare un po’ di pullman lì, mettere bombe carta qui, gambizzare e uccidere da un’altra parte… non tutto è ‘ndrangheta e i fatti vanno analizzati uno a uno, con le cause e le concause. Molte volte sono fatti singoli, in altri casi cinque o sei eventi hanno un unico disegno».
    Continua , senza peli sulla lingua,: “la ‘ndrangheta che conosco io non ha alcun interesse a fare rumore e ad avere uno scontro con le istituzioni…Non misuro la presenza o la pervasività delle mafie dal numero delle macchine bruciate o dai morti a terra. Non è quella l’emergenza. La ‘ndrangheta che conosco io discute, parla, dà consigli, formalmente non minaccia ma intimidisce. La ‘ndrangheta che conosco io è quella che muove tonnellate di cocaina e poi con i soldi guadagnati condiziona l’economia e quindi la libertà della gente. È quella che controlla il voto, gli appalti, che dice non solo chi vince l’appalto, ma anche dove deve essere costruita un’opera pubblica e se deve essere costruita”
    E non tace nemmeno sugli allarmi lanciati contro il presunto attacco della criminalità organizzata a politici ed amministratori, osservando che :”Tutti i candidati dicono sempre che i voti della mafia non li vogliono, lo dicono pubblicamente, anzi lo urlano. Ma spesso nelle ultime 48 ore al candidato viene il panico di non essere eletto e quindi è nelle ultime 48 ore che fa i patti col diavolo. Ovviamente nel momento in cui una famiglia di ‘ndrangheta ti consegna un pacchetto di voti che è il 20% dell’elettorato attivo, determina chi sarà il sindaco. Il capomafia quindi vorrà quantomeno cogestire il comune. Come minimo indicando chi sarà il tecnico comunale o intervenendo sul piano regolatore. Può darsi anche però che la ‘ndrangheta sbagli il cavallo vincente, ma il capomafia non starà alla finestra a guardare, farà di tutto per entrare nella spartizione della torta” Dunque – continua – “non tutti gli attentati ai pubblici amministratori sono fatti dalla mafia perché l’amministrazione si è opposta alla mafia. Molti attentati vengono fatti perché l’amministratore non è stato al gioco e al giogo della ‘ndrangheta. Alcuni attentati vengono fatti perché l’amministratore o il politico non è stato ai patti precedenti con ‘la ndrangheta. Altri attentati ancora possono non riguardare la ‘ndrangheta, ma essere problemi anche interni ai rapporti tra pubblici amministratori.Non misuro la presenza o la pervasività delle mafie dal numero delle macchine bruciate o dai morti a terra. Non è quella l’emergenza. La ‘ndrangheta che conosco io è quella che muove tonnellate di cocaina e poi con i soldi guadagnati condiziona l’economia e quindi la libertà della gente. È quella che controlla il voto e gli appalti” 

 
    E mentre Alfano sostiene senza molti pudori che la recrudescenza mafiosa è il segno che le cosche stanno perdendo la partita di fonte al pugno di ferro dello Stato, Gratteri non esita ad affermare: “..stiamo pareggiando la partita. Per vincere davvero bisogna cambiare le regole del gioco. Come dicono nei teatri di guerra, bisogna cambiare le regole di ingaggio: il codice penale, il codice di procedura penale, l’ordinamento penitenziario, sempre nel rispetto della Costituzione. È necessario fare tante di quelle modifiche finché delinquere non sarà più conveniente. Sono tutte proposte che abbiamo messo nero su bianco nella Commissione voluta dal governo, che ho presieduto a titolo gratuito chiamando i migliori esperti …In Italia ci sono 44mila uomini della polizia penitenziaria. Ogni giorno diecimila di questi vengono impegnati per trasferire i detenuti. Se a Reggio Calabria si tiene un processo con 40 imputati detenuti che devono rispondere di concorso in associazione di stampo mafioso, bisogna impiegare gli uomini che scortino fino a Reggio i detenuti di massima sicurezza, che in genere stanno da Roma in su. Nel tribunale di Reggio questi detenuti stanno insieme sette-otto ore. Qui hanno il tempo di incontrarsi, parlare, fare affari, trasmettere attraverso gli avvocati messaggi di morte o richieste di mazzette, minacciare i testimoni. Per otto-nove mesi vengono tenuti nelle carceri tra Reggio, Palmi e Vibo Valentia. Poi torneranno a Reggio magari dopo sette-otto mesi per l’appello. Questo giochino in tutta Italia costa 70 milioni di euro. Quello che abbiamo proposto noi è che tutti i detenuti di alta sicurezza sentiti a qualsiasi titolo, come indagati, testimoni, o anche se si devono separare, non vengano trasferiti, ma restino dove sono sfruttando le videoconferenze. Con una sola modifica si eviterebbe che i detenuti possano continuare a nuocere e minacciare e si risparmierebbero 70 milioni di euro l’anno. Immaginiamo quanti uomini della polizia penitenziaria potremmo assumere con questi soldi”
    Dov’è il decisionismo di questo “Governo del fare” di questo governo che issa ancora la propria logora e trionfalistica bandiera su riforme che hanno smantellato la Costituzione repubblicana, la Scuola, la Sanità, ma che non hanno minimamente preso in considerazione le proposte della Commissione Gratteria che ha concluso i propri lavori oltre un anno fa e si aspettava che almeno un decreto legge seguito da ulteriori disegni di legge provvedesse subito a bloccare queste abnormi incongruenze nel sistema penale e penitenziario? 

    E’ orripilante pensare al trionfalismo di Alfano quando un addetto serio ai lavori come Gratteri continua ad affermare: “Con la ‘ndrangheta stiamo pareggiando la partita. Per vincere davvero bisogna cambiare le regole del gioco: il codice penale, il codice di procedura penale, l’ordinamento penitenziario. È necessario fare tante di quelle modifiche finché delinquere diventerà non conveniente”
    E’ orripilante pensare che ancora oggi si consumano milioni in sciocchezze e in progetti-vetrina , si chiudono classi e scuole a tempo pieno o prolungato lasciando bambini e ragazzi sulla strada, quando – conclude Gratteri – “bisogna anche investire in istruzione e in cultura. Basta risparmiare i soldi spesi in convegni antimafia e assumere gli insegnanti calabresi che stanno andando in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana. Avremmo bisogno di in una scuola a tempo pieno. I giovani in Calabria sono sempre più ignoranti, così vengono affascinati dall’onnipotenza che può dar loro l’affiliazione alla ‘ndrangheta: è su di loro che bisogna lavorare. Certo, con le modifiche normative vedi i risultati già dopo quattro o cinque anni. Se investi in istruzione e cultura hai bisogno di molto più tempo per vedere i risultati. E il politico purtroppo non fa progettazione di lungo periodo: il politico fa progetti i cui risultati devono vedersi al massimo tra un anno e mezzo. Sarà molto dura”.
    Pensiamoci sul serio!
   Oppure continuiamo , come ormai siamo soliti fare,  a discutere del sesso degli angeli!