Rischia di passare ancora una volta in assoluto silenzio la memoria festiva del Beato Pino Puglisi, ucciso il 15 settembre 1993. Passarono venti anni prima che la Chiesa e la società civile prendessero piena coscienza del significato epocale costituito da quell'omicidio in un grande evento rappresentato dalla commovente beatificazione di questo martire a Palarmo. Una beatificazione che rappresentò indubbiamente una pietra miliare nel cammino di affrancamento di un intero Sud ( e non solo) dal cancro della mafia e della mafiosità di cui sono ancora intrise le coscienze di tanti, forse tantissimi nei nostri paesi e nelle città del Meridione. Un cancro sommerso dalle diatribe pseudopolitiche verso il quale si registra sempre di più un opprimente silenzio bipartisan.
Quel giorno a Palermo, tra centomila e oltre persone accorse da ogni dove si respirava questo impaccio di restare ancora impastoiati in un modo di pensare e di agire apparentemente innocuo e spontaneo eppure ancora sotto molti aspetti caratterizzato per noi meridionali da tanti schemi pseudomafiosi.
Ci si chiede se la Piana di Gioia Tauro il contesto aspromontano, dove questi schemi sono ancora più che mai tenaci, dove i piccoli respirano e succhiano ancora insieme al latte materno una strana concezione della libertà e del rispetto, sia possibile formare generazioni veramente libere, capaci di impegnarsi nel lavoro e per il lavoro, nella pace e per la pace, nell'operosità e per il bene comune.
E' quanto andava predicando con l'esemio e con pochissime parole Pino Puglisi, è quanto dopo un giorno dalla beatificazione ribadì con coraggio Papa Francesco all'Angelus:
“I mafiosi e le mafiose si convertano a Dio”. “Non possono fare di
noi fratelli schiavi”. “Io penso a tanti dolori di uomini e donne, anche di bambini, che sono
sfruttati da tante mafie, che li sfruttano facendo fare loro un lavoro che li
rende schiavi, con la prostituzione, con tante pressioni sociali. Dietro a
questi sfruttamenti, dietro a queste schiavitù, ci sono mafie. Preghiamo il
Signore perché converta il cuore di queste persone. Non possono fare questo.
Non possono fare di noi, fratelli, schiavi! Dobbiamo pregare il Signore!
Preghiamo perché questi mafiosi e queste mafiose si convertano a Dio”.
“Don Puglisi è stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla
pastorale giovanile. Educando i ragazzi secondo il Vangelo li sottraeva alla
malavita, e così questa ha cercato di sconfiggerlo uccidendolo. In realtà,
però, è lui che ha vinto, con Cristo Risorto”.
“Il nostro Dio non è un Dio 'spray', è concreto, non è un astratto, ma ha un nome: ‘Dio è amore’. Non è un amore sentimentale, emotivo, ma l’amore del Padre che è all’origine di ogni vita, l’amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l’amore dello Spirito che rinnova l’uomo e il mondo. Pensare che Dio è amore ci fa tanto bene, perché ci insegna ad amare, a donarci agli altri come Gesù si è donato a noi, e cammina con noi”.
“Il nostro Dio non è un Dio 'spray', è concreto, non è un astratto, ma ha un nome: ‘Dio è amore’. Non è un amore sentimentale, emotivo, ma l’amore del Padre che è all’origine di ogni vita, l’amore del Figlio che muore sulla croce e risorge, l’amore dello Spirito che rinnova l’uomo e il mondo. Pensare che Dio è amore ci fa tanto bene, perché ci insegna ad amare, a donarci agli altri come Gesù si è donato a noi, e cammina con noi”.
E' lecito sperare, dunque, senza un impegno serio e aperto delle istituzioni, della Scuola, della Chiesa, di tutte le coscienze libere un cambiamento anche per la Piana di Gioia Tauro, per i paesi aspromontani, dove tutto, o quasi, sembrerebbe ormai immutabile, dove tutto in questi ultimi anni sembra tornato agli anni di piombo e al silenzio più divisivo e opprimente?