RIFLESSIONI, APPUNTI E NOTE SU VITA, SOCIETA', STORIA, CULTURA E RELIGIONE NELLA PIANA DI GIOIA TAURO E IN CALABRIA
mercoledì 6 marzo 2013
UNA DELLE TANTE STORIE SUI TERRENI CONFISCATI NELLA PIANA
(di Bruno Demasi)
Dal "Fatto quotidiano" di oggi:
"Nel cuore della Piana di Gioia Tauro, in Calabria, alcuni proprietari di beni confiscati, potrebbero ancora percepire finanziamenti provenienti dall’Unione Europea
sottoforma di “titoli” (plafond finanziario annuo che il produttore può
ottenere indipendentemente dalla produzione) proprio per gli stessi
terreni che lo Stato gli ha sottratto. Il presidente della cooperativa
sociale, “Giovani in vita”, Domenico Luppino, ne è
convinto. Tanto da aver chiesto alle istituzioni, ed in particolare
all’Agenzia nazionale per i beni confiscati, che ha sede proprio a
Reggio Calabria, maggiori chiarimenti in merito alla questione. Ad oggi
nessuna risposta.
Tutto nasce quando il Comune di Oppido Mamertina, decide di assegnare alla cooperativa 8 ettari di terreni agricoli di natura uliveto in località Castellace, confiscati al clan Mammoliti.
Non appena i terreni sono stati assegnati alla cooperativa di Luppino,
quest’ultimo si è recato presso un Centro Assistenza Agricola per
richiedere di inoltrare – come previsto dalle normative di politica
agricola comunitaria – la domanda di aiuto economico. Ma, in quella
sede, la risposta è stata che non si poteva procedere con tale richiesta
perché sui terreni confiscati che erano stati affidati in gestione alla
cooperativa, “terze persone continuavano a percepire gli aiuti
economici”.
Dunque le stesse persone alle quali era stato
sequestrato il bene o loro prestanome, continuano a ricevere aiuti
comunitari erogati da un ente dello Stato (Agea o Arcea, il primo
statale, il secondo regionale). Alla cooperativa sociale, per capirci,
vengono assegnati i beni, la stessa ha l’onere di coltivarli, tenerli in
ordine, occuparsi della raccolta dei frutti (olive in questo caso),
lavorare con tutti i rischi che implica la gestione di un bene che fu
dei boss. Mentre a chi quel bene è stato sottratto, resta la facoltà di
intascarsi gli aiuti economici che, sostanzialmente, sono da sempre
utili a integrare il reddito dell’agricoltore e proteggerlo da eventuali
rischi insiti nel mondo della produzione agricola. A nulla sono servite
le richieste d’aiuto di Luppino in questo senso. Né l’Agenzia dei beni
confiscati ha risposto alle tante sollecitazioni. La denuncia non è
servita neppure a fare un controllo su quei terreni per capire come
stanno davvero le cose.
Succede in Calabria, come potrebbe
accadere in ogni altro paese d’Italia. Così come accade che Luppino, che
con la sua cooperativa gestisce anche altri beni confiscati a Limbadi, a
Varapodio e a Sinopoli, rimanga isolato nella sua battaglia di
legalità. “Giovani in vita” nasce come iniziativa
socio-economica sul Piano Operativo Nazionale per lo sviluppo del
Mezzogiorno d’Italia 2002–2006, un accordo di programma che ha lo scopo
di recuperare proprio le persone che sono state in carcere per reati
minori o appartenenti a famiglie mafiose. L’unico modo per Luppino,
allora sindaco di Sinopoli, di fare qualcosa di concreto in un
territorio ad alta densità mafiosa. L’antimafia calabrese ha preso le
distanze da questa realtà, soprattutto a seguito della relazione di
scioglimento del Comune di Reggio Calabria che cita anche il Consorzio
Terre del Sole (di cui faceva parte “Giovani in vita”), accusato di
ricevere ingerenze da parte della criminalità organizzata. Non sono
state prese in considerazione le innumerevoli intimidazioni – anche
piuttosto gravi – che ha dovuto subire la cooperativa in tanti anni di
attività. Luppino,
nonostante tutto, non si scoraggia e dice: “Chi ha paura e chi deve
nascondere qualcosa si ferma. Chi no va avanti”. E va avanti anche in un
territorio in cui di antimafia spesso “si campa”.
Nel territorio della diocesi di Hagia Agathe succedeva anche questo nel lontano A.D. 2013, ma i quotidiani locali, gli esperti e ch.mi maestri dei mille convegni sulla legalità non ne parlavano...