(di Bruno Demasi)
Mi piace far mia , anzi della Piana, una
lucidissima riflessione postelettorale dell’amico Saverio Pazzano, apparsa in questi giorni su Zoomsud.
“ Questa terra è persa. Bisogna dirselo, se
si vuole riprendersela. Nella retorica del dopo elezioni faccio la conta dei
caduti: un intero popolo facebook pronto all'addio, ad andar esule, a prendere
la via della montagna. Sono battute, ché tutto resterà com'è e l'andar via, se
avverrà, sarà la solita chiamata di mamma emigrazione per cercare lavoro. In
realtà siamo andati via ben prima di andarcene...coi semplici numeri, si
rischia di ficcarsi in ragionamenti sconvenienti. Servono a governare, ma non è
detto che siano il riconoscimento di aver ben governato: a volte esprimono
fiducia, è vero. Ma più spesso sono l'espressione di una terra disperata: che
sommersa dalla spazzatura, abbrutita da un abusivismo incontrollato, bastonata
dalla delinquenza, imbarbarita da un'ignoranza profonda che abita i “palazzi
delle decisioni”, non riesce a immaginarsi diversamente, non ne ha il coraggio.
La resa, prima ancora che abitare nel
tracollo dei vari partiti, si riconosce nel silenzio degli intellettuali e dei
giovani, nei commenti ironici e sarcastici che abbondano online e che però non
sanno farsi, a questa latitudine, stile di vita in grado di scardinare dal di
dentro il sistema. Questa è un'altra forma, più pervicace e nociva, di
contiguità: gli onesti che si lasciano vivere – con un po' di frustrazione-
dentro l'innaturale avaria della giustizia, della politica, della democrazia. È
quanto scriveva Alvaro: “ La disperazione più grave che possa impadronirsi di
una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile”. Questa è per me la
sintesi esplicativa di alcuni successi elettorali, anche a venire; questa è la
sintesi di quanto capita di sentire fra molti giovani; questo è il racconto dei
mille e mille precari di qui che, presi per fame e per bisogno, accettano
l'inaccettabile... a chi deve insegnarla?
Forse Alvaro ha profetizzato quel che oggi
è avvenuto. L'ho pensato. Poi ho visto i festeggiamenti dei soliti noti per i
successi elettorali in Calabria, la felicità degli ex e i loro sogni di gloria
e ho capito che ce la faranno ancora e ancora e ancora se si rivotasse domani e
domani e domani l'altro.
Le
cose però stanno così: se c'è spazio per distruggere ce ne deve essere anche
per ricostruire. E sono tornato a sperare..”
Fin
quando la coscienza civica e la passione civile continueranno ad essere
confezionate sotto vuoto o surgelate nelle
sole redazioni dei giornali, nei salotti massonici o in quel che resta di essi, nei talk show
televisivi o nelle sedi dei partiti e
delle cosche malavitose e non verranno invece cucinate, spolpate e condivise nelle aule
delle scuole e delle università, nei magri posti di lavoro che ancora sopravvivono
da queste parti, nel ventre delle case e
delle famiglie oggi frammentate e
avvelenate dai media, ci resterà ben poco da sperare...!