domenica 18 dicembre 2022

LA FESTA EBRAICA DI HANNUKAH OGGI E NELL’ANTICA OPPIDO ( di Bruno Demasi)

   Inizia al tramonto di oggi , 18 dicembre, per il mondo ebraico, la festa irrinunciabile di Hannukah, detta anche Festa delle Luci, dell’anno 5783 ( 2022/2023 per il mondo e per la datazione cristiani). Una festa antichissima di sicuro celebrata anche nell’antica Oppidum o, per meglio dire nel suo mellah, dove, tra l’altro, viene documentata con ragionevole sicurezza la presenza di una giudecca ( plausibilmente con la propria sinagoga) (Cfr. : Rocco Liberti “Gli Ebrei nella piana di Terranova” in “L’alba della Piana”, settembre 2017, pp.24-26). 


   Hanukkah è una festività della durata di otto giorni che commemora la consacrazione di un altare nel Tempio di Gerusalemme dopo la ricostruzione  avvenuta in seguito alla vittoria del popolo ebraico, sui Seleucidi guidati dal re Antioco III , che aveva costretto gi Ebrei ad abiurare alla loro fede ed aveva profanato il sacro edificio destinandone una parte  ai riti di nuovi culti pagani. Dopo la riconquista, per purificare il luogo sacro, fu comandato di ripristinare l’Arca dell’Alleanza e di accendere per otto giorni di fila le luci della Menorah ( il candelabro a 7 bracci, simbolo di Israele) e per alimentarlo si cercò olio d’oliva puro. Secondo la tradizione però, la quantità di olio reperita non sarebbe bastata neanche per un giorno, ma, come per miracolo essa durò per tutti gli otto giorni previsti per i festeggiamenti, per i quali dunque si inaugurò un apposito nuovo candelabro ( La Channukiah) a 9 bracci (uno per ognuno degli otto giorni di festa, più uno centrale di servizio per l’accensione di tutti gli altri) . 
 
    La festività di Hanukkah, dopo quella che commemora il dono della Torah, è ritenuta unanimemente la più importante per la religione ebraica. Essa inizia il 25 del mese di Kislev e prosegue per 8 giorni concludendosi nel mese di Tevet (il 2 o 3 a seconda che Kislev duri 29 o 30 giorni). E’ dunque una festa mobile come per la Pasqua cristiana, cioè non ricorre ogni anno nei medesimi giorni, ma ricade, secondo il calendario ebraico luni-solare, in un giorno da calcolare tra la fine del nostro mese di novembre e quella di dicembre (coincidenti infatti grosso modo con i mesi di Kislev e Tevet).

   Una festa che anche nell’antico mellah -  il nome di derivazione araba dato alle giudecche poste rigorosamente al di fuori dei centri abitati più importanti -  di Oppidum e del circondario cui detta città faceva capo a partire dall’epoca tardo bizantina ( all’incirca la cosiddetta “Tourma” delle Saline) veniva celebrata dal mondo ebraico in maniera riservata, quasi familiare, con la puntualità e la precisione nell’osservanza dei precetti tipica da sempre del mondo ebraico, mentre nelle stesse settimane e a poche centinaia di metri più a monte, a S-E dallo stesso mellah, si celebravano gli splendori del Santo Natale nella cattedrale cattolica di Oppidum. 

   Ci si chiede come mai , al di là delle residue testimonioanze epigrafiche e onomastiche di cui parla il Liberti (Art. cit.) e di poche altre, non esistano  fonti documentarie più precise che ci riportino a un passato decisamente importante per queste balze aspromontane sulle quali il mondo ebraico ha intessuto con intelligenza le proprie attività innovative a livello artigianale, economico, medico e scientifico. Una domanda  quasi angosciosa alla quale potrebbe dare risposta in parte il decreto del luglio 1510  di Ferdinando II d’Aragona che, come aveva già fatto per la Sicilia 18 anni prima, espelleva brutalmente dalle Calabrie e da tutto il Regno gli Ebrei, molti dei quali, per sfuggire alle poersecuzioni, anche a Oppidum furono costretti ad abiurare alla loro fede e a convertirsi in modo coatto al Cattolicesimo, assumendo la denominazione più o meno spregiativa di “Marrani”. Tuttavia tale espulsione, sia pure violenta e burrascosa, non avrebbe cancellato completamente le tracce lasciate sicuramente dagli Ebrei nel loro fiorente mellah se non fossero intervenuti nei secoli successivi, e a più riprese, terremoti di consistente potenza che hanno via via squassato il territorio oscurando le vestigia non soltanto dei culti e delle attività ebraiche, ma anche delle precedenti civiltà che avevano lasciato sicure tracce in quello stesso luogo.

   Sic transit gloria mundi! Ma anche la memoria più povera e scarna può restituirci  rinnovati motivi di orgoglio  e di commozione.