mercoledì 6 marzo 2019

LA CROCE E LE CENERI NELLA TENDOPOLI DI SAN FERDINANDO

                                di Bruno Demasi            


    Cosa resta stasera, oltre alle ruspe che rimuovono e seppelliscono tutto, della tendopoli di San Ferdinando appena sgombrata ? Quella tendopoli, diventata nel tempo una sterminata baraccopoli nella quale per almeno quindici anni si è consumata sotto gli occhi di tutti, persino di quei benpensanti che si sono accorti della sua esistenza soltanto dallo scorso giugno in poi, una delle più clamorose ecatombi di carne umana proveniente dall’Africa che la storia recente d’Italia ricordi: morti bruciati, uccisi in scontri a fuoco o volutamente presi a bersaglio inerme, investiti per caso o per calcolo da automezzi fantasma, malati di Aids, di tubercolosi polmonare, di gravi MST, di freddo, di fame, di dissenteria, di patologie sconosciute o non accertate? Un rosario lunghissimo di cadaveri di cui pullulano i cimiteri della Piana che frettolosamente di volta in volta, per pietà o perché costretti, hanno accolto questi sacrifici umani tracciando sul cemento grezzo che sigilla questi corpi appena un nome e dei precari riscontri anagrafici, spesso tutti da accertare.
    Stasera restano soltanto due segni, enormi, eloquenti, che però qualcuno sicuramente continuerà a considerare melensi e sentimentali, banali.
   Il primo è  una rozza croce di legno intorno a cui in una capanna-chiesa, costruita con le loro mani  insieme alla stessa croce, si radunavano nelle domeniche senza luce di questo orrendo ghetto alcuni Africani cattolici per la celebrazione della messa o della preghiera (fin quando è stata autorizzata). Una croce che oggi, durante lo sgombero frettoloso e improvviso alcuni di loro non hanno abbandonato alle ruspe, ma hanno preso sulle spalle e hanno portato nella chiesetta del Bosco di Rosarno per consegnarla a don Roberto. 


    A lui , che in questi anni ha visto e vissuto di tutto , è stato anche consegnato il secondo segno, un sacchetto di cenere prodotta dall’ultimo incendio nella tendopoli nei giorni scorsi, bagnata e impregnata idealmente del sudore e del pianto di tanta gente con la quale stasera , nel giorno dedicato alle Sacre Ceneri, nella stessa chiesetta è stato celebrato il rito di imposizione che la Chiesa ci offre ancora malgrado tutto, malgrado i silenzi pesanti quanto macigni di chi invece avrebbe dovuto parlare, malgrado le parole di circostanza sprecate a fiumi da chi avrebbe dovuto soltanto tacere, malgrado la paura di questi morti ingombranti, di tanta fame mai appagata da nessuno, neanche dai Samaritani di mestiere o dai filantropi di circostanza autoeletti santi, almeno per definizione.



    Qualcuno potrebbe pensare che nel trambusto di oggi, nella fretta ossessiva con cui la baraccopoli è stata sgomberata dando appena il tempo ad alcuni disperati di salvare qualche masserizia e di ricoverarla in luoghi di fortuna, nell’affanno di radere al suolo tutto e di purificare con l’opera delle caterpillar tutto ciò che nemmeno il fuoco era riuscito a purificare, ci sia stata una regìa quasi divina proprio nel giorno in cui inizia la Quaresima 2019, sebbene l’ordinanza di sgombero sia stata emessa dal Comune di San Ferdinando addirittura il 27 febbraio scorso, addirittura 9 giorni fa, durante i quali le operazioni convulse effettuate oggi sia sarebbero dovute e potute pianificare, effettuare in modo parcellizzato e mirato senza exploit che fanno bene solo a chi anche da queste situazioni spera di ricavare consensi elettorali.
    Per San Ferdinando, Rosarno, la Piana, la Calabria intera tuttavia la giornata dedicata alle Sacre Ceneri è talmente dura e difficile quest’anno che sarebbe abominevole pensare che anche Cristo, quel Cristo vivo e presente nella storia di tutti, ma soprattutto degli umili e degli ultimi, abbia abbandonato alla loro sorte infelice centinaia di corpi dagli occhi spenti che stamane all’alba si son visti mandar via dai loro orribili tuguri di freddo e immondizia nei quali molti di loro hanno trascinato la loro vita di stenti sotto lo sguardo indifferente di decine di governi dimentichi della loro sorte subumana.



    Cristo è sicuramente ancora con loro, in quell’abbozzo di Croce che da stasera è su una parete di quella povera chiesa di campagna, in quel mucchietto di cenere intriso di sangue e di paura di cui stasera è stato imposto un pizzico prezioso sul capo di chi è stato presente a condividere in questa tremenda giornata una preghiera muta e dolorosa. 
    Non so invece quanto Cristo sia ancora con noi che, al di là delle nostre filippiche e delle nostre opinioni di gente perbene e paladina del Bene, oggi abbiamo iniziato la nostra rituale Quaresima tra le comodità e le certezze di sempre, nei silenzi colpevoli al posto delle poche parole che andrebbero dette, nelle troppe parole seminate al vento al posto dei molti  silenzi  che andrebbero rispettati.