venerdì 22 febbraio 2019

CHI HA PAURA DI BECKY MOSES ?

di Bruno Demasi


    Tra i morti, bruciati, massacrati di botte o di fatica , investiti con automezzi dai giovinastri del luogo per gioco o cecità o semplicemente lasciati morire di fame o di freddo nell’inferno della tendopoli di San Ferdinando il nome di Becky Moses risuona ancora, persino dopo pochissimi giorni dall’ennesimo rogo delle baracche di carta e di plastica, sulle bocche e le penne pulite dei giornalisti di costume come su quelle, sporche e spesso sanguinolente, della gente della tendopoli.
    Becky è rimasta simbolo caparbio delle contraddizioni enormi che contrappongono ( ma è solo la solita sporca posa di sempre) i ghigni perbenisti di chi sputa su questa gente e urla per mandarla via e le lacrime insipide miste ad accuse arroganti dei buonisti di mestiere che difendono a volte a spada tratta la fabbrica del business sulla pelle degli immigrati.
   Becky è lo spartiacque tra i generosi di mestiere, i vari papà o mamme Africa che trasudano altruismo esteriore e intima strafottenza verso questa gente , le mille anomalie sorde e cieche delle istituzioni, il silenzio operoso e misconosciuto e spesso avversato dei samaritani senza nome, come qualche sacerdote ossuto e dimenticato, che lavano ferite col loro stesso vino e non chiedono nulla in cambio, neanche l’approvazione silenziosa di chi urla contro il razzismo di ritorno, ma prova nausea ed orrore persino ad avvicinarsi ai “fratelli africani”.

   Era nata in Nigeria nel 1992 Becky Moses e dopo 24 anni di miseria e paure, dopo anni di desiderio di fuggire, di sfruttamento e di umiliazioni terribili era riuscita a mettere insieme le migliaia di dollari necessari che l’avrebbero portata in Europa attraverso un imbarco per ottenere il quale aveva dovuto sottoporsi senza fiatare alle angherie e alle voglie sporche di decine di bestie travestite da esseri umani. Unico conforto per lei la lettura della Bibbia che uno dei tanti pazzi della st5oria, un missionario di frontiera le aveva fatto conoscere da bambina.
   E finalmente il lungo viaggio dal golfo di Guinea fino alla costa libica, la permanenza in un nuovo orribile ghetto e alla fine del 2015 la traversata, il rituale del naufragio, nel quale perde persino la Bibbia, quello del salvataggio da parte delle nave umanitaria con equipaggio stipendiato, lo sbarco sulle coste calabre , la prima accoglienza, l’invio dalla Prefettura di Reggio Calabria nel CAS ( Centro di Accoglienza Straordinario) di Riace.
    A Riace, in attesa del permesso di asilo umanitario rimane due anni ricevendo il pocket money giornaliero di 2.5 euro, mentre alla cooperativa che la prende in carico la Prefettura invia altri 32.50 euro al giorno. Nei due anni della sua permanenza la cooperativa riceve per lei dallo Stato la cifra complessiva di 25.500 euro, ma sono in parecchi a dire , riferendosi alle intercettazioni disposte dalla Procura di Locri, che Becky, indotta di suoi connazionali nigeriani e incalzata dalla necessità di racimolare qualcosa da mandare a chi ha lasciato in Nigeria è di fatto costretta a continuare a prostituirsi con i vecchi laidi della zona anche durante il suo soggiorno nel Cas, . E la sera purifica lo sporco che si sente addosso continuando a leggere, malgrado tutto, quella Bibbia che l’affascina, la sposta in un modo di Bene, la salva… 

   A dicembre 2017 riceve il diniego alla richiesta d’asilo. E il 03/01/2018 termina per lei inesorabilmente l’accoglienza in quanto, non ricevendo più la dote di 35 euro al giorno, a Riace  non riescono più a dare asilo a Moses.
   Non sapendo dove altro andare, Becky , con una dote di effetti personali contenuta in un piccolo zaino e la sua bibbia in tasca finisce immediatamente e inesorabilmente nel giro della prostituzione che la porta alla tendopoli di Rosarno, dove trova posto solo nella baracca di carta e di plastica di una vecchia prostituta gravemente ammalata, alla quale incomincia a curare le piaghe nauseabonde con amore e generosità. La sera però legge un brano della Bibbia ad alta voce per farsi sentire dalla sua coinquilina e piano piano, di sera in sera, si accorge che a uno a uno si radunano davanti all’apertura della baracca vari ospiti della tendopoli desiderosi di ascoltare dalla voce di una di loro la Parola e il breve commento che Becky ne fa alla fine. Una catechesi intrisa di lacrime, sospiri, sensi di colpa, paura, nenie ataviche cantate senza parole e comprese da tutti. 

    L’11 gennaio 2018 festeggia il suo ventiseiesimo compleanno e il 27 gennaio muore tragicamente nel rogo, uno dei tanti della baraccopoli, mentre fa di tutto per portare in salvo dalle fiamme la vecchia coinquilina malata Almeno questo è la prima versione della storia. Ma forse non è andata esattamente così!
    Le indagini che nel corso di un anno sono state effettuate attestyerebbero invece che Becky probabilmente era stata uccisa prima, forse per errore, forse per impedirle di rivelare qualcosa , dai suoi violenti connazionali, e l’incendio successivo era arrivato propizio per nascondere le tracce dell’omicidio.
    Dicono che dopo gli accertamenti del caso da parte della Legge, chi ha composto i resti nella bara comprata anche con una delle tante raccolte di denaro effettuate in silenzio ha inserito tra le mani bruciacchiate e scarne di Becky (Amina per gli ospiti della tendopoli) una piccola Bibbia. Ma la bara, prima aperta a disposizione delle Autorità, poi finalmente sigillata è rimasta per quasi sei mesi senza sepoltura: nessun sindaco, nessun comune la voleva nel proprio cimitero!
    E’ stata poi sepolta a Riace, dove Mimmo Lucano con la pietà dei vinti  ha reperito un loculo per lei nel giugno dell’anno scorso dopo una messa celebrata in un caldo afoso nella cappella del cimitero da un prete africano,alla presenza dello stesso sindaco e di poche altre persone… 

    Una storia banale, come tante, tantissime che colorano di rosso e di nero gli orizzonti di questa terra che non sa e non ne vuole sapere del dolore altrui, una terra che però a parole ha tanti partigiani e mestieranti del Bene, dell’altruismo, tante copertine, tanti blasoni al valore della solidarietà  di mestiere...
    Ma Becky Moses è l’emblema delle nostre coscienze, è il paradigma contraddittorio e complesso di una storia che non possiamo fingere di non vedere quando non ci riesce di utilizzarla “contro” qualcuno.
   E nel bene e nel male con lei, come con le nostre paure,  dobbiamo fare i conti. Tutti!