mercoledì 11 gennaio 2023

La Calabria delle sorprese: UN RECORD DI LUNGA VITA A MESSIGNADI NELL'800 ( di Rocco Liberti)

    Un' altra pagina, nata non  a caso, in cui lo storico Rocco Liberti, partendo da un episodio di cronaca apparentemente banale, ricostruisce uno spaccato assai eloquente della vita e della società del territorio aspromontano nella Provincia Reggina con l'abituale chiarezza e meticolosità di informazioni, ma soprattutto con un'arte innata di condurre analisi storiche in modo lieve e avvincente, a volte anche ironico, senza paludamenti accademici di sorta.
   Stavolta l'oggetto della puntualissima ricerca è un singolare episodio di positiva cronaca aspromontana risalente addirittura a quasi due secoli fa, quando evidentemente la grande stampa nazionale si interessava ai nostri villaggi, ai nostri paesi non per episodi criminosi o solo per arricchire la retorica di un meridionalismo alla rovescia , come sta avvenendo in questi ultimi decenni. Ed è per questo un documento notevole che ci riguarda tutti da vicino e per tanti motivi, non ultima la necessità di  una riflessione non superficiale sui nostri contesti di vita paesana e sulla loro storia sulle falde di un Aspromonte evidentemente ancora poco conosciuto. La nuova Oppido aveva poco più di 30 anni di vita all'epoca dei fatti studiati  dal Liberti, mentre quelle che ora sono sue frazioni o contrade (Messignadi, Zurgonadio e Tresilico) vantavano già una loro, sia pur umile, storia che ogni tanto vale la pena  ripercorrere sulla scorta di studi sintetici, ma preziosi e appassionanti, come questo.
    Si tratta della notizia della morte di un pastore ultracentenario, ma si tratta anche di uno squarcio inatteso e avvincente sulla vita del nostro territorio all'alba del XIX secolo, quando l'Unificazione era ancora di là da venire, o addirittura da pensare, e con essa tutta la retorica inizialmente meridionalista / nazionalista , oggi  soltanto confusionaria che l'accompagnarono e l'accompagnano ancora.
    Leggere attentamente  per credere! (Bruno Demasi)


    Il Giornale del Regno delle Due Sicilie alla data del 27 maggio 1825 (n. 123, p. 492) rendeva noto che nel villaggio di Messignadi, nella provincia della Calabria Ulteriore, il giorno 21gennaio si era verificato il decesso di un uomo di venerandissima età. Aveva egli raggiunto nientemeno che i 116 anni. Del defunto offriva notizie abbastanza dettagliate. Aveva egli nome Leonardo Barbaro e proveniva da Zurgonadi, altro villaggio e sin dalla fanciullezza esercitava il mestiere di caprajo. Nato nel 1709, nel 1734 ha preso in moglie Teresa Sia, che gli ha regalato ben dieci figli, all’epoca di cui trattasi già deceduti. Persa la compagna nel 1771, si è risposato con Francesca Cosmo, da cui ha avuto altri quattro figli. Di questi al tempo n’era ne viveva soltanto uno. La seconda moglie se n’è andata al Creatore nel 1802. Stabilmente sano come un pesce, «Non mai soffrì febbre, o altre malattie, né mai conobbe medicamenti. Solo negli ultimi giorni di sua vita perdé repentinamente l’uso degli arti inferiori. Sino al dì del cennato mese di gennaio volle costantemente restare, e dormire in campagna presso gli armenti del figlio». L’ottimo stato di salute sicuramente sarà dipeso anche da una esistenza condotta in modo alquanto morigerato. Si scrive, infatti, che «Il suo nutrimento fu sempre eguale, cioè di fagiuoli, e pane di granone, la bevanda era di acqua e latte».

    Barbaro aveva ancora tutti i denti e la canizie era di là da venire, ma soprattutto «le facoltà intellettuali erano state sempre perfette». Il suo ambito era però piuttosto ristretto. Conosceva appena Messignadi, Tresilico, Zurgonadi e Oppido e stimava addirittura che quest’ultima fosse «la città più famosa del mondo». Il mare lo aveva visto una volta, a Pietrenere nel 1743, quando, in occasione dell’epidemia della peste, il conte Mahony aveva stabilito un cordone sanitario. Rammentava benissimo quando nel 1718 sono arrivati i Tedeschi a Oppido con uno squadrone di cavalleria e che vi si erano succeduti ben otto vescovi. Il giornale così concludeva: «Il di lui temperamento la fine era ilare e tranquillo. Ha sempre goduto la riputazione di uomo dabbene». Non c’è che dire, un bel ritratto di antico stampo delle nostre operose comunità.

   Naturalmente, un così raro avvenimento ha dovuto suscitare una vasta eco se del pari la Gazzetta di Milano di lunedì 6 giugno, una decina di giorni dopo, ha riportato integralmente l’articolo del “Giornale”. Si riproporrà più tardi nella sua edizione del 16 giugno (n. 72, p. 4) il Giornale di Firenze, che ha ripresentato l’articolo con alcune minime variazioni di carattere letterale. In realtà, tali pur importanti giornali forse 
saranno stati preceduti dall’Osservatore del Lago Trasimeno di Perugia che nell’edizione contrassegnata 30 aprile alla pag. 40 così pubblicava: «Longevità. Nel villaggio di Mesignadi, provincia di Calabria, morì il 21 dello scorso aprile Leonardo Barbaro dell’età di anni centosedici. Nacque nel 1709, e sin dalla fanciullezza si occupò al mestiere di caprajo. Non soffrì mai febbre o altre malattie, né mai conobbe medicamenti».

   Dopo simile notizia non restava che indagare in merito fra gli atti di morte dello stato civile del Comune ed ecco ciò che siamo riusciti a ricavare. Il 23 gennaio (Il documento è stilato il 25), quindi non 21, era deceduto in Messignadi Leonaldo Barbaro di anni 113, e non 116.
 
    Il Barbaro faceva di professione il pecorajo e i suoi genitori rispondevano ai nomi di Antonino Barbaro e Rosa di Brizzi di Zurgonadi. A dichiararne la morte all’Eletto Michele Lando, ufficiale dello Stato Civile per Messignadi, sono stati Santo Coletta fabricatore e Andrea Ligori bracciale. Il cognome Barbaro e il nome Lonardo risultano variamente presenti a Zurgonadi e pure nel finitimo Tresilico in precedenza. Nel catasto onciario di Zurgonadi del 1746 appare un Lonardo Barbaro di a. 7, il cui nucleo familiare è composto dalla madre, 2 fratelli e 4 sorelle, assente il cognome Brizzi, ch’era invece sufficientemente diffuso a Messignadi. Di conseguenza, la mamma sarà stata proprio di Messignadi e avrà condotto qui con sé anche la prole[1]

   Ancora nel 1901 s’insisteva sul Barbaro morto in età di 116 anni. Eppure bastava poco per appurarne quella esatta. Solo una capatina all’archivio del Comune di Oppido, ma evidentemente nessuno ci ha pensato ovvero si è assunta la briga di farlo[2].
Rocco Liberti

[1] Archivio Stato Napoli, Catasto onciario 1746, f. 349.
[2]
Alfredo Comandini, L’Italia nei cento anni del secolo XIX (1801-1900), Milano, A. Vallardi 1901, p. 1288; Filippo Tucci, Il centenario messignadese, 11 luglio 2013, blog Messignadesi nel tempo.