venerdì 25 agosto 2023

CHI CONOSCE LO SCOMODO EREMITA E PROFETA DI CAULONIA? (di Bruno Demasi)

   Non è sicuramente un caso che nella Locride in questi ultimi anni siano nate tante vocazioni monastiche singolari che riprendono analoghe fioriture del passato su questa terra benedetta da Dio. Una terra  nella quale, accanto alle ferite più profonde e turpi inflitte dalla criminalità organizzata al tessuto civile, nascono sublimi esperienze di preghiera e di impegno spirituale e sociale che riscattano in silenzio persino le derive di certa cultura attuale che vorrebbe quasi minimizzare la ndrangheta, addirittura giustificarla per le sue nefandezze passate e presenti in nome di chissà quali cervellotici teoremi.
   E’ la vita ecclesiale della Locride, malgrado le amare eccezioni che purtroppo non mancano mai, che dà testimonianza di impegno attraverso questi mistici del nostro tempo.
   Penso a Suor Mirella Mujà, l’eremita di Gerace a cui ho dedicato in passato un’ampia pagina su questo blog, che dopo i suoi fasti e nefasti sessantottini ha lasciato le battaglie del mondo per vivere una singolare esperienza di preghiera e di mediazione volta all’unificazione delle chiese.
   Penso a Suor Carolina Iavazzo che visse l’esperienza subline e drammatica della Chiesa martire accanto a don Pino Puglisi a Palermo, raccogliendone l’ultimo respiro, approdata al Bosco di Bovalino da Mons Bregantini per ricostituire quasi nel deserto un nuovo Centro Padrenostro intorno alla reliquia di Don Pino.
   Penso anche all’esperienza singolare dell’Eremo delle Querce di Caulonia, dove un gruppo di suore sta provando a ripristinare sulla nostra terra i valori del servizio al Buono e al Bello con forme di accoglienza e di preghiera immerse nella vita e nei problemi atavici della nostra terra.
  Penso anche – e perché no? - alla singolare esperienza mistica e carismatica di Fratel Cosimo Fragomeni allo Scoglio di Placanica, che richiama innumerevoli persone alla Fede e alla preghiera corale e carismatica, che è la preghiera più connaturale ai carismi della Chiesa, ma che molti - chissà perchè - osteggiano.

  Oggi però parlo di un povero eremita che tuttavia non è mai solo nel santuario rurale di Sant’Ilarione nelle vicinanze di Caulonia perché sente sempre accanto a sé la presenza di Cristo. Si tratta di Frédéric Vermorel che su questa terra ha trovato un altro amico fedele che gli fa compagnia da almeno sedici anni , il fiume Àllaro, l’antica Sagra, famosa per la battaglia tra Crotone e Locri, che nel VI secolo a.C.  si contendevano il dominio della Magna Grecia.
   Frédéric Varmorel cercava un posto solitario, ma non tanto isolato ed angusto da non accogliere chi ne avesse bisogno , un posto che richiedesse tanto lavoro e mettesse a frutto le tante energie che egli si sentiva di spendere. In questo luogo – egli dice - «Trovai tutto questo più altre due cose: un’antica storia di preghiera, interrotta solo nel 1952, quando una terribile alluvione costrinse l’ultimo monaco a lasciare il romitaggio; e il fiume, che mi ricorda le vacanze della mia giovinezza. Il fiume Allaro è una benedizione, prega e canta anche quando io non lo faccio».
   Nato a Le Mans e laureatosi a Parigi in scienze politiche, da ragazzo frequentava Taizé, dove conobbe frère Roger Schutz e uno dei suoi primi seguaci, Gianni Novello. Fu proprio quest’ultimo che agli inizi degli anni Ottanta, lo invitò a Rossano Calabro, dove aveva da poco fondato una piccola comunità religiosa. Inizia così per Frederic un percorso che lo porta alla scelta monacale, restando per quasi dodici anni a Rossano affascinato da una terra dove si percepisce l’incontro tra Oriente e Occidente cristiani. 

   Ma la comunità di Rossano per varie ragioni si dissolve e Frederic torna in Francia affascinato dall’esperienza dell’ Arche, la comunità di volontariato verso i disabili fondata da Jean Vanier che gli consiglia come un padre di continuare e perfezionare i suoi studi teologici.
    Si ritrova così a Bruxelles, presso i Gesuiti ed al termine di cinque intensi anni di studio inizia a domandarsi quale debba essere la sua strada spirituale e di impegno nella Chiesa. Prova varie esperienze, recandosi anche in Brasile nella comunità benedettina di Goiás diretta da Marcelo Barros de Sousa, teologo terzomondista già collaboratore di dom Hélder Câmara, ma più si allargano le sue esperienze, più si fa largo la scelta della vita eremitica.
    Il consiglio più importante gli giunge da don Giorgio Scatto, della Piccola Famiglia della Resurrezione di Marango, in provincia di Venezia che nella Pasqua del 2002, conoscendo il suo legame con la Calabria e il suo desiderio di deserto , lo spinge a presentarsi da Monsignor Bregantini. Un suggerimento che per Frederic Vermorel è come una rivelazione, tanto più quando Padre Giancarlo Bregantini, allora vescovo di Locri, gli propone di sistemarsi a Sant’Ilarione, nei pressi della frazione San Nicola del comune di Caulonia, dove da oltre 50 anni non viveva più nessun monaco. 

   E’ la meta che Frederic da tanti anni stava cercando, il luogo definitivo in cui realizzare i suoi tre desideri vitali : preghiera, lavoro, accoglienza, pur in mezzo a tanti problemi: mancano persino l’acqua e la corrente elettrica, ma la gente del posto lo accoglie in maniera incondizionata.
    Frederic ormai da tempo è «eremita diocesano», in base al canone 603 del Codice di diritto canonico. Le sue giornate sono scandite dalla liturgia delle ore, mutuata da quella di Bose, ma con cinque appuntamenti anziché tre, dal mattutino alla compieta. Ogni preghiera è accompagnata dal suono della cetra, nell’antica chiesetta umida e rattoppata alla meglio.

   Spesso ad ascoltare le sue salmodie, a parte Dio, ci sono solo i suoi  cani meticci, ma la preghiera ha sicuramente la capacità di espandersi e di coinvolgere tutti quelli che si portano nel cuore.
    A 64 anni Frédéric somiglia sempre più a un profeta scomodo: chi si aspettava un fraticello solo silente ed orante ha trovato un uomo di Dio che non le manda a dire quando denuncia l’inquinamento del fiume e il suo smodato sfruttamento, quando addita il malaffare che distrugge questi paesi, quado alza la voce contro la presenza mafiosa che condiziona queste terre.
    E se il paese si spopola, l’eremo non vuole affatto morire: “Sento il desiderio- dice Frederic - di lasciare un’eredità. Mi dispiacerebbe che dopo di me questo luogo fosse riconsegnato ai pipistrelli».