venerdì 29 maggio 2015

LA SQUADRA DEI NERI: UNA SCOMMESSA CON DIO. ANZI TRE

di Bruno Demasi

   Quando si parla del Koa Bosco, la squadra di immigrati neri creata, per scommessa con Dio e con tantissima fatica, da don Roberto Meduri al Bosco di Rosarno si rischia sempre di infastidire i benpensanti che hanno il  miele sulla bocca e il veleno nel cuore. Specialmente quelli che si dicono cattolici  a oltranza e magari addetti ai lavori.
   Allora è bene continuare a farlo, se non altro per togliersi questo sfizio.
  E per rincarare la dose vale la pena aggiungere che la squadra del Koa Bosco qualche settimana fa sul campo di calcio di Maropati ha disputato la finale di playoff che le ha consentito di uscire vincitrice del campionato di terza categoria.
   Un evento che ha scatenato l’entusiasmo dei disperati che sopravvivono nella tendopoli tra Rosarno  e San Ferdinando, dove da qualche anno don Roberto, senza trascurare minimamente la sua parrocchia di S.Antonio a Bosco, va a impastarsi di fango in inverno e di sudore in estate per condividere con i numerosissimi inquilini delle tende della protezione civile ( e delle tende improvvisate con brandelli di plastica e di cartone) il niente che possiede e il tanto che la Provvidenza gli manda ogni giorno non si sa da dove.
   Un evento che in qualche modo riscatta anche le terribili umiliazioni subite dai calciatori del Koa nei mesi scorsi su alcuni campi di calcio della zona a cura delle tifoserie avversarie che contro di loro, contro lo stesso don Roberto, avevano scatenato tutto il repertorio di cianfrusaglie razziste e ingiuriose nel peggiore stile salviniano, ma con le più pittoresche e schifose imprecazioni dialettali.
   Non so se don Roberto con questa vittoria abbia vinto – limitatamente al Koa – la sua scommessa con Dio, ma sono sicuro che la sfida continuerà. Anzi sta già continuando.
   Nella tendopoli, dove c’è tanto bisogno di cibo, indumenti, medicine, ma soprattutto di un sorriso e di tanta solidarietà, si  è fermata  la preghiera ecumenica che questo piccolo sacerdote insieme ai suoi volontari e al popolo della disperazione celebrava ogni domenica sera rinnovando la scommessa con Dio, con la complicità di quel Cristo che si fa carne tra i poveri.

   Ed è ferma perché il container che serviva da cappella è inspiegabilmente chiuso da qualche tempo e le chiavi non si trovano più malgrado le reiterate richieste di questa gente che nella preghiera domenicale si ritrovava unita e dimenticava per un’ora il freddo, la fame e la stanchezza.
  Nella chiesa di Bosco è ferma anche l’Adorazione Eucaristica del lunedi sera, che , per ulteriore scommessa con Dio, con la complicità di quel Cristo che si fa sangue tra i sofferenti, richiamava gente da ogni parte della Piana , senza etichette e senza appartenenze  se non alla Croce, per pregare accoratamente e intensamente insieme a don Roberto e all'instancabile cantore Ippolito. E al suo posto c’ è ora una stucchevole e zuccherosa catechizzazione da parte di un movimento ecclesiale politically correct.
   Tre scommesse ancora in gioco per questo umile sacerdote di periferia che parla al cuore di Dio e deve lottare per poterlo servire: la prima vinta ( almeno per questo campionato); la seconda e la terza probabilmente quasi perse se non interviene presto e con forza il Complice di cui parlavo prima per dare una pedata solenne… di incoraggiamento. Anzi più di una. 
    E non solo al pallone!