Non capitano quasi mai tutti insieme , e neanche con tanto lampante evidenza, i tre caratteri costitutivi che hanno impregnato in maniera assoluta la produzione lirica e la vita di un poeta calabrese che varrebbe davvero la pena conoscere meglio, Giosofatte Frisina (1921 – 2021): la riservatezza totale che diventa umiltà; la ricerca costante e sofferta di senso per la vita; il lirismo del pensiero tanto più eloquente quanto più privo di smancerie emotive. Una poesia probabilmente unica nel suo genere distante mille anni luce dai labili parametri odierni di valutazione estetica e dalle ridondanze pubblicistiche fini a se stesse che rischiano di far emergere solo il vacuo a scapito di tanta letteratura vera e sofferta che rimane sommersa.
Oggi una parte piccola, ma assai significativa, della produzione di Giosofatte Frisina approda alle stampe con un prezioso volume curato meritoriamente dalla DBE-Barbaro Editore dal titolo “Nel tempo sospeso”, che costituisce di per sé un superamento della classica concezione delle cd sillogi poetiche che imperversano in tutte e per tutte le occasioni. E’ un diario lirico di un anno di guerra, il 1941, particolarmente sofferto in prima persona dall’Autore e ben delineato nei suoi caratteri fenomenologici da una riflessione storica introduttiva di Antonino Romeo. Un diario che si dipana giorno per giorno, attraverso gli scarni ma profondissimi appunti dell’Autore ai quali fanno da contrappunto a distanza di tantissimi anni le commosse e lucide osservazioni della figlia diletta del Poeta, coautrice del volume, che quasi completa a quattro mani e poi con una lirica del padre ogni momento fissato sulla carta e nel ricordo:
Salerno, 18 ottobre 1941 …prova dello sfilamento del reparto…in occasione del giuramento…
…mi chiedo cosa fossero le prove dello sfilamento…Ma mi viene da pensare a un significato più profondo …di cui parli in una tua poesia (Giusy Frisina ):
Il giuramento e il vento
Giura l’identità
Giura l’identità
giura l’onore,
giura l’amore:
son tanti i giuramenti
spazzati via come fuscelli
dai venti della vita.
Ma in fondo all’anima
giura l’amore:
son tanti i giuramenti
spazzati via come fuscelli
dai venti della vita.
Ma in fondo all’anima
c’è uno spazio arcano,
ove un giuramento convola
e nol raggiunge il vento.
ove un giuramento convola
e nol raggiunge il vento.
Di quanto sia varia e multiforme la poesia di Giosofatte Frisina, che ha sempre come comune denominatore il parametro inconfondibile del verso asciutto e nervoso che scava nella storia individuale dell’esistenza, fanno testo le antologie poetiche che già prima di questa nuova pubblicazione avevano visto la luce dando un segno di questa fertilissima e insospettata presenza lirica nel panorama letterario calabrese (e non solo) del Novecento: La punta dell’iceberg (2004); Il filo magico della ricerca (2004); Verità riflesse(2005); L’eterno vivere nel relativo assoluto (2006); L’importanza dell’uomo nel rapporto con Dio(2016); Nel segno della vita (2020). Sette tappe significative di una vocazione poetica tutt’altro che dilettantesca, tutt’altro che di maniera. A me ognuna di queste liriche offre netta l’impressione di un brandello di vita e di pensiero fissato sulla carta quasi a voler rubare all’eternità che ci trascende uno sprazzo di luce nel buio fitto del mistero che ci travalica, ma non ci opprime e che ci conduce, come osserva varie volte l’Autore, a quel Dio affannosamente cercato:
Cos’è Dio dov’è Dio?
Dio,
senza volto, senza figura:
segreta essenza
dell’immenso creato,
nel pullular delle specie,
nella stupenda alchimia,
ove il fuoco, il mare,
il vento, la pioggia
rimodellano i sassi,
nel baglior delle stelle,
traspare
nella coscienza dell’uomo,
che curioso cerca
in cotanto mistero.
(Da “Il filo magico della ricerca”)
Dio,
senza volto, senza figura:
segreta essenza
dell’immenso creato,
nel pullular delle specie,
nella stupenda alchimia,
ove il fuoco, il mare,
il vento, la pioggia
rimodellano i sassi,
nel baglior delle stelle,
traspare
nella coscienza dell’uomo,
che curioso cerca
in cotanto mistero.
(Da “Il filo magico della ricerca”)
E , se è vero che la forma da sola non è poesia, è pur vero che una poesia in apparenza concettuale e “ di contenuto” non basterebbe a esprimere la vitalità dirompente del verso di questo Autore finora quasi sconosciuto e negletto che varrebbe davvero la pena conoscere meglio e far conoscere. Lo stile lirico di Giosofatte Frisina viene infatti da lontano, percorre una sterminata messe di poeti antichi e moderni da lui avidamente assorbiti e dai quali ha tratto il gusto non solo per la profondità delle illuminazioini poetiche, ma anche per l’economia rigorosa di un verso, di una sintassi, di una forma che, pur prediligendo il verso libero, sfiorano la perfezione metrica e formale con una ricchezza lessicale oggi quasi smarrita che appare classicamente pulita e coerente in tutte le occasioni come davvero pochi sono in grado di padroneggiare:
Il ponte
Quanto è pauroso l’impeto del fiume
che tracotante invade la campagna;
scende potente e infuriato Nume
dalla montagna.
Tal della vita è il corso inusitato,
o mia diletta, e sotto il nostro ponte
pur passerà quel fiume irato
che vien dal monte.
Così ci troveremo faccia a faccia
scende potente e infuriato Nume
dalla montagna.
Tal della vita è il corso inusitato,
o mia diletta, e sotto il nostro ponte
pur passerà quel fiume irato
che vien dal monte.
Così ci troveremo faccia a faccia
noi con la fede nell’amore nostro
lui con la bieca livida minaccia,
il vile mostro.
Quale il periglio?...Il sole par non osi…
poi squarcia la fitta nuvolaglia…
par d’oro il ponte nell’apoteosi
della battaglia.
( Da “Il sogno della vita” )
lui con la bieca livida minaccia,
il vile mostro.
Quale il periglio?...Il sole par non osi…
poi squarcia la fitta nuvolaglia…
par d’oro il ponte nell’apoteosi
della battaglia.
( Da “Il sogno della vita” )
E’ comunque nell’indagine del rapporto tra umano e divino che l’Autore, le cui riflessioni tradotte in poesia non sono mai di maniera, mai convenzionali, raggiunge il massimo del lirismo critico, creando quasi un nuovo strumento di speculazione teologica.
Non voglio essere blasfemo, e men che mai lo avrebbe voluto lui, ma non si può trascurare il copernicano capovolgimento dell’indagine sulla scienza di Dio che opera Giosofatte Frisina ritornando in modo dirompente e libero alla posizione di Agostino di Ippona: Diò è perché c’è l’uomo, un’umanità sofferente che lo cerca e lo testimonia senza stancarsi e che reca impresse nella propria anima e nella propria carne le stigmate del sacro. Una poesia cristocentrica , come cristocentrico è il cuore dell’uomo, persino di quell’uomo che combatte a oltranza Dio, ma, senza saperlo, in quel preciso momento ne rende testimonianza a tutti:
“In verità vi dico”
Cristo
Cristo
l’uomo o Dio
e l’uno e l’altro.
Tanto non conta
quanto la sua parola
che generò il sociale
Con commento infinito
agli apostoli in poi:
viatico certo
per l’umanità.
Tanto non conta
quanto la sua parola
che generò il sociale
Con commento infinito
agli apostoli in poi:
viatico certo
per l’umanità.
(Da “L’importanza dell’uomo nel rapporto con Dio”)
Bruno Demasi
