di Bruno Demasi
Chiude nella diocesi di Oppido – Palmi l”Anno della Carità” per passare il testimone all”Anno della Verità”.
Inutile domandarsi quali esiti abbia avuto il primo perché, quelli veri, positivi o negativi, sono tutti sigillati ermeticamente nel cuore di ciascuno. A meno che non si voglia parlare degli esiti estetici delle varie iniziative a livello celebrativo e formale.
Inutile anche domandarsi se e come l’Anno dedicato alla Verità ( cioè al Vangelo) potrà far risuonare le trombe dello Shemà in questa Piana ormai sempre più raggomitolata su se stessa. E non solo per quanto concerne la Fede…
Mi piace, a questo proposito, ridare un’occhiata a quel capolavoro anche di etica, oltre che di teologia e poesia che è la Caritas in veritate di Benedetto XVI, tutt’altro che superata, tutt’altro che passata in secondo piano durante il nuovo pontificato, anzi da questo esaltata e messa in pratica giorno per giorno rifuggendo ogni formalismo ed ogni esteriorità.
Insieme a Francesco, per restare in tema, occorre infatti detestare ogni artificio retorico e ritualistico che opprima la verità; rifiutare ogni veleno , curiale o laico, palese o strisciante, che inquina e tenta di distruggere
la Verità; desiderare il ritorno a una fede incarnata nel quotidiano, nella solenne semplicità minimale dell’ impegno cristiano vero, esente da ogni forma di esibizione e di interesse…
Ma come e quanto questo binomio inscindibile, Carità – Verità, può favorire o determinare l’incontro vero con Cristo di masse sempre più scristianizzate in questa Piana, in questa Calabria dalle mille povertà e dalle mille corruzioni e violenze?
La Chiesa deve intervenire in re sociali poiché, come osserva la Gaudium et Spes e come testualmente indica la Caritas in veritate, «in tutto il suo essere e il suo agire… è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo”. La Chiesa deve dunque interpretare le principali questioni di natura sociale ed economica affermando sempre e comunque non solo la dipendenza della carità dalla verità, ma anche dell’economia, delle leggi di mercato, della lotta alla corruzione, dell’etica e della legalità. La Chiesa – cioè noi - in modo disarmato e disarmante deve mettere letteralmente in crisi la cultura della morte e della sopraffazione, la cultura della corruzione e dell’intrallazzo, la cultura dell’interesse e dell’avere a ogni costo che imperano indisturbate nella Piana e nella Calabria.
Se accettiamo l’idea della dipendenza dell’uomo dalla Verità, che fa sì che anche l’economia, i rapporti civili e sociali siano mossi dal desiderio del vero, si può affermare , come già sosteneva Paolo VI
nella Populorum progressio , che l’annuncio di Cristo è «il principale fattore di sviluppo» – e che «la carità nella verità è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera».
Insieme a Francesco, per restare in tema, occorre infatti detestare ogni artificio retorico e ritualistico che opprima la verità; rifiutare ogni veleno , curiale o laico, palese o strisciante, che inquina e tenta di distruggere
la Verità; desiderare il ritorno a una fede incarnata nel quotidiano, nella solenne semplicità minimale dell’ impegno cristiano vero, esente da ogni forma di esibizione e di interesse…
Ma come e quanto questo binomio inscindibile, Carità – Verità, può favorire o determinare l’incontro vero con Cristo di masse sempre più scristianizzate in questa Piana, in questa Calabria dalle mille povertà e dalle mille corruzioni e violenze?
La Chiesa deve intervenire in re sociali poiché, come osserva la Gaudium et Spes e come testualmente indica la Caritas in veritate, «in tutto il suo essere e il suo agire… è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo”. La Chiesa deve dunque interpretare le principali questioni di natura sociale ed economica affermando sempre e comunque non solo la dipendenza della carità dalla verità, ma anche dell’economia, delle leggi di mercato, della lotta alla corruzione, dell’etica e della legalità. La Chiesa – cioè noi - in modo disarmato e disarmante deve mettere letteralmente in crisi la cultura della morte e della sopraffazione, la cultura della corruzione e dell’intrallazzo, la cultura dell’interesse e dell’avere a ogni costo che imperano indisturbate nella Piana e nella Calabria.
Se accettiamo l’idea della dipendenza dell’uomo dalla Verità, che fa sì che anche l’economia, i rapporti civili e sociali siano mossi dal desiderio del vero, si può affermare , come già sosteneva Paolo VI
nella Populorum progressio , che l’annuncio di Cristo è «il principale fattore di sviluppo» – e che «la carità nella verità è la principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell'umanità intera».
Cosa aspettarsi dunque, più in profondità, da questo nuovo anno? Non solo il ritorno ai reali principi etici dell’antropologia cristiana e della dottrina sociale della Chiesa, incarnati nell’agire quotidiano dei laici e del clero solidale e schietto, ma anche l’annuncio costante del Vangelo a tutti i livelli e in tutte le forme, senza schemi e rigidità, senza deleghe e rovinose debolezze, senza paletti soffocanti e pretestuosi, ma nello sforzo comune di incontrare e far incontrare Cristo, l’unica Verità seria. Le altre parole, tante o tantissime, sono inutili.