di Bruno Demasi
Con la sua orografia armoniosa, caratterizzata dalla presenza di aree collinari , pedemontane, montane e
pianeggianti, con i suoi cultivar di antica e nobile stirpe ( ottobrarica,
scialoria/sinopolese), la Piana di Gioia Tauro ha espresso per secoli attività
di eccellenza e di guida nell’olivicoltura, e non solo per noi, ma per tutto il
bacino del Mediterraneo.
Le casuali e
dissennate politiche UE degli ultimi 30 anni, favorite dall’insipienza dei
nostri rappresentanti a Bruxelles (Vd, ad esempio l’onorevole Pittella ancora
una volta plurivotato nella recente tornata elettorale più per il suo impressionante cosmopolitismo espressivo che per la sua
effettiva conoscenza degli immani problemi in cui si dibattono i contadini del
Sud), le strambe o inesistenti politiche dei governi italici, che hanno
letteralmente mandato in rovina tutte le aziende agricole del Mezzogiorno, il
nulla elevato a sistema nei governi regionali, hanno fatto si che anche l’olivicoltura
nella Piana diventasse solo un’espressione nostalgica e null’altro.
Al problema
strettamente politico si è combinata in quest’opera di distruzione
tutta una serie di concause
che varrebbe la pena studiare anche per gli effetti
dirompenti sulla situazione idrogeologica del Territorio. In effetti l’abbandono, ormai diffusissimo, della pratica olivicolturale, non più
remunerativa, da parte degli abitanti della Piana con la conseguente distruzione di moltissimi
ettari di ulivi rasi al suolo per
ricavarne appena appena legna da ardere
e l’aggressione perenne del fuoco hanno inciso in modo determinante
sulla stabilità del territorio, al punto che esso oggi è interessato per oltre
il 60% da livelli gravissimik di attenzione per rischio idrogeologico.
In ogni caso è possibile evidenziare come l’intera Piana
versi ormai in condizioni di marginalità socioeconomica rispetto al
territorio regionale e nazionale,
collocandosi da tempo agli ultimi posti
della
graduatoria stilata in base agli indicatori economici e strutturali anche
pet quanto concerne appunto l’olivicoltura che rappresentava non solo il principale comparto
produttivo nel contesto dell’economia agricola locale, ma svolgeva anche un
ruolo di primo piano nella valorizzazione paesaggistica e nella difesa
idrogeologica del territorio.
Appena appena
quattordici anni fa (dati del V censimento generale dell’agricoltura del 2000, in
Calabria) l’olivo risultava diffuso praticamente in tutti i comuni della Piana,
ad eccezione di qualche lembo di
territorio comunale ubicato tutto oltre gli 800 m s.l.m., e in alcuni l’incidenza
dell’olivicoltura raggiungeva il 90%,
malgrado molto del territorio olivetato fosse ubicato in
aree interne caratterizzate da condizioni climatiche e morfologiche difficili e problematiche. In effetti ben il 20-25 % degli oliveti era coltivato su terreni con pendenze da 0 al
5%, il 29% su terreni con pendenze variabili dal 5 al 15%, infine il 18% dei terreni
olivetati erano caratterizzati da
pendenze superiori al 30%.
Oggi invece gran
parte degli oliveti, specialmente nelle zone non pianeggianti non esiste quasi
più.
A
scoraggiare i proprietari dei piccoli o
grandi appezzamenti di terreno un tempo
benedetti dall’ombra di questi alberi secolari intanto il crollo del prezzo
dell’olio di oliva voluto dalle politiche puerili e delinquenziali di cui ho
detto sopra, poi la difficoltà per il
piccolo coltivatore di investire denaro in acquisti, sempre più onerosi, di
reti per la raccolta, concimi, mezzi per la lavorazione, materiali per la
difesa fitosanitaria, oneri per il trasporto e la molitura delle olive e per lo
stoccaggio e la commercializzazione dell’olio.
E’ pur vero che
sulla Piana più interna circa il 50% degli oliveti si stima fossero ultrasecolari, con piante spesso di dimensioni
notevoli, a volte obsolete, con tronchi cariati, forme di allevamento e sesti
irregolari, ma è pur vero che gli aiuti comunitari e regionali per la
modernizzazione o il rinnovo degli impianti sono stati disseminati negli ultimi
30-40 anni con criteri assolutamente clientelari, che hanno penalizzato solo i
piccoli proprietari,ma non i grandi speculatori che hanno fagocitato risorse e
miliardi…!
In ogni caso ormai il
problema non esiste più: la malattia è
stata eliminata uccidendo il paziente!