di Bruno Demasi
Bastano alcuni flashs malamente scopiazzati sui social networks per
far finta di ricordare, ma in realtà solo per rimettere nel tritacarne, anche
un’altra ricorrenza, quella del
ventitreesimo anniversario dell’ uccisione del giudice Rosario Livatino.
Un magistrato, un’esistenza, un esempio che
ci interpella fortemente come cittadini della
Piana e, se non altro da quando la Chiesa l’ha dichiarato Servo di Dio e
ha imbastito il suo processo di beatificazione,
anche come credenti.
Ci interpella come cittadini della Piana
perchè a 23 anni dal suo sacrificio, lui, il più giovane dei magistrati (classe
1952) vittime di mafia rappresenta
specialmente per noi, oltre che per la sua terra di origine e per
l’Italia intera, un altro emblema, di quelli veri e non al servizio delle fazioni politiche, che non possiamo liquidare come forma di eroismo gratuito e basta, come molti hanno tentato di fare con don Pino Puglisi, ma un
esempio vivente di coraggio e di reale presa di distanza della società civile
da ogni forma di malaffare, da ogni connivenza e da ogni convenienza, da ogni perversione di potere,
qualunque essa sia.
Ci interpella come credenti, in una realtà ecclesiale estremamente
composita e sfilacciata, se non stucchevole, nella quale l’hobby di molti “
addetti ai lavori” , di molti credenti
sembra diventato quello di fare congetture e gossip sulle motivazioni che
ispirano l’operato amministrativo del
Vescovo, le cui azioni pastorali non spetta certo a noi valutare o,
peggio, giudicare.
Il messaggio di Rosario Livatino è chiarissimo e limpido per tutti, per la società civile
come per la chiesa locale: essere credibili e non soltanto credenti. Credibili
nell’operato quotidiano a tutti i livelli, in tutti gli uffici pubblici, in
tutte le pieghe della politica e dell’aministrazione o della sanità o della
scuola o del commercio.
Credibili come credenti ( si perdoni l’apparente bisticcio) che riescono
ancora a stupirsi davanti alle meraviglie di Dio, ai carismi della chiesa e al
loro esercizio libero e santo per il
bene della gente, senza intromissioni e giudizi interessati, soprattutto senza stucchevoli forme di clericalismo che, come laici, non
ci competono affatto!