( di Madre Stefania Stanojkovic)
Dopo due anni di semplificazione dei riti imposta dal Covid quest'anno anche la Pasqua ortodossa viene celebrata in tutto il suo splendore a Seminara, dove rivive ancora una volta il suo culmine annuale la vicenda davvero miracolosa del più volte morto e risorto monastero greco bizantino e infine ortodosso di questa antica città.
Ad essa è stata a lungo indissolubilmente legata la vicenda umana e spirituale, altrettanto incredibile, dell’igumena Madre Stefania Stanojkovic, che quando conduceva la comunità di Seminara, ha voluto fare dono a questo blog, in occasione della Pasqua Ortodossa, del suo commovente e commosso racconto in prima persona in cui rievoca la santità antica della nostra terra e la grandezza di quel Dio che ella ha seguito in silenzio, con grande sacrificio e con forza in questi luoghi di antichissima tradizione cristiana sui quali fiorì e rifiorisce ancora per merito prevalentemente suo la vita monastica ortodossa.
Madre Stefania oltre che monaca e già gumena del monastero è anche una valente artista di icone sacre, è esempio vivente di umiltà e silenzio, ed è maestra, insieme con i suoi successori, in quella preghiera del cuore, l’Esicasmo, che è un baluardo di pace e di guarigione in una terra oppressa da mille ferite e da mille egoismi. (Bruno Demasi) .
Il glorioso monastero dedicato ai Santi Elia e Filarete è situato nell’antica Vallis Salinarum (Valle delle Saline), l’attuale Piana di Gioia Tauro, due chilometri a nord-est di Seminara.
Secondo la biografia su sant’Elia, una visione avuta in Antiochia di Siria indica al Santo dove edificare l”ascetica palestra” e il monastero. La costruzione, inizialmente concepita come asceterio, fa accorrere i primi discepoli, fra i quali il monaco Saba.
L’imperatore d’Oriente, Leone VI il Saggio, dona alla fondazione beni e rendite cospicue e gli storici datano all’anno 884 la ostruzione del cenobio.
Nel periodo normanno il monastero continua a rappresentare un importante luogo di culto, meta di innumerevoli pellegrini desiderosi di venerare le miracolose reliquie dei santi protettori del cenobio. Ma fu anche centro culturale e sede di una delle biblioteche più ricche del territorio, nella quale si conservavano importanti testi liturgici ed opere di letteratura profana.
Nel 1602 il monastero imperiale di Sant’Elia viene assegnato da Roberto il Guiscardo all’abbazia benedettina di S.Maria, nella valle di Nicastro, nel luogo detto di S.Eufemia. Dieci anni più tardi divenne luogo di culto per San Filareto e successivamente intitolato anche al nuovo Santo: compare difatti come monastero di Sant’Elia il Nuovo e San Filareto sia nel diploma di RuggeroII (febbraio 1133) sia nell’atto datato 3 ottobre 1329 in cui Neofito è identificato come egùmeno dello stesso monastero di Seminara. Altri documenti comprovano la sua esistenza dal XII al XV secolo.
Il monastero, dopo essere stato uno dei principali centri di fede e cultura ortodossa, nel 1579 diviene sede del primo Capitolo generale della Congregazione basiliana d’Italia. La chiesa romana utilizzerà la congregazione per latinizzare i monasteri greci del Mezzogiorno, assecondando la scomparsa del rito ortodosso dall’Italia Meridionale.
Il terremoto dell’11 gennaio 1693 distrugge gran parte del convento e i monaci sono costretti a trasferirsi in un edificio “fuori le mura” della città di Seminara. I religiosi, dopo aver trascorso vent’anni in un ospizio per la cura degli infermi, nel 1711 si spostarono in un nuovo edificio fatto costruire all’interno della città. Un ulteriore terremoto, quello del 1783, non risparmia Seminara.
Il governo di Ferdinando IV di Borbone sopprime i piccoli monasteri e i loro beni vengono assegnati alla neo-costituita Cassa Sacra, con il fine di metterli in vendita e poi utilizzarne il ricavato per sopperire alle ingenti spese di ricostruzione delle aree colpite dal sisma.
Infine il monastero è stato ricostruito nella prima metà del 2000 grazie all’interessamento del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e ad un finanziamento concesso dalla Provincia di Reggio Calabria. La chiesa di Cipro ha poi contribuito ad arredare gli interni e nell’opera iconografica.
Il 30 ottobre 2005 il cenobio, fondato undici secoli prima da Sant’Elia di Enna, riapre con la benedizione di Sua Eminenza Gennadios, Metropolita Ortodosso d’Italia e Malta.
Il monastero,oggi femminile, è sotto la giurisdizione ortodossa d’Italia e Malta, del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, ed abitato da me, unica monaca e igumena Madre Stefania. Ogni domenica è possibile assistere alla Divina Liturgia così come durante la settimana. Celebrata dal sacerdote, padre Elia Iaria e da padre Igor nel Katholikon.
Il nostro monastero è uno dei rari casi del sud Italia, dove dopo secoli e secoli si è tornati a celebrare la liturgia dell’epoca di Sant’Elia, secondo il testo di San Giovanni Crisostomo, la celebrazione eucaristica più in uso nella chiesa ortodossa. Questo ai nostri occhi è un vero e proprio miracolo, dato che in un territorio come quello di Seminara e Palmi (RC), davvero Dio ha voluto rivivificare la Tradizione passata ma appartenuta a questo popolo e a questa terra benedetta.
Mi reputo solo un semplice strumento del Suo volere, in quanto, nata a Niksic in Montenegro, nel 1963, ho vissuto la mia cristianità in un periodo che vedeva la Serbia sotto l’influenza del comunismo: era impedito ai religiosi insegnare nelle scuole, i beni ecclesiastici confiscati e monaci e sacerdoti erano soggetti ad uno stretto controllo da parte dello Stato.
Sono entrata in monastero a 19 anni, contro il parere di mia madre; rifugiatami a sua insaputa nel monastero della Santa Trinità a Koropi, nei pressi di Atene, sono in seguito rientrata in Serbia a Celije, dove sono rimasta per quattro anni come novizia. Da Celije sono stata inviata al monastero di Santo Stefano di Pipersci in Montenegro, lì, ordinata monaca, ho prestato il mio servizio per otto anni. Con altre sorelle siamo poi state trasferite al monastero di San Luca a Zupa, un antico luogo religioso occupato dai non credenti e trasformato in un albergo. Noi monache lo abbiamo interamente ricostruito e riportato al suo splendore spirituale.
Un giorno, per volere del mio metropolita Amfilohije Radovic, contattato dal metropolita Gennadios Zérvos dall’Italia, mi è stato chiesto di spostarmi al monastero di Sant’Elia e Filarete in Calabria, appena ricostruito e riaperto. Non conoscevo la lingua italiana né tanto meno dove si trovasse la Calabria; ma la storia mi ha insegnato che quando il nostro popolo slavo non era ancora battezzato, in queste terre da secoli si viveva da Cristiani.
Ormai da dodici anni vivo in questo luogo in attesa di altre sorelle che stabilmente vogliano condividere con me un’esistenza spirituale sulle tracce di Sant’Elia. Si tratta di una vera e propria missione fatta di una quotidianità piena di difficoltà, ma ricca di una benedizione che i nostri Santi siculo-calabri per primi ci manifestano ogni giorno. Il monastero è inoltre un centro di accoglienza e di pace spirituale per tutti i cristiani ortodossi stranieri, immigrati, ortodossi italiani, che vivo nei dintorni e anche in Sicilia.
Rifondare la chiesa ed il monastero di Sant’Elia e Filarete significa per noi tenere una fiaccola accesa, una luce che sembrava essere stata spenta, ma è anche come un piccolo rivolo di acqua sotterrato, che riemerge e si ricongiunge al grande mare dell’antica fede cristiana.
Queste stesse terre sono quelle abitate da sant’Elia e dai suoi fratelli che qui e nei dintorni aprirono centinaia di cenobi, qui si muovevano per i campi e le città benedicendo la natura e le genti; la loro opera non è mai tramontata, ma ha lasciato vivo lo spirito cristiano greco ed orientale che ancora si respira e che caratterizzò la Sicilia e la Calabria di una spiritualità fervida che tuttora si riflette nei cuori di chi la conosce e di chi la ricerca.