E’ un vero onore, misto a gioia, per questo web blog ospitare lo scritto di una donna straordinaria, Barbara Aiello, la rabbina di Serrastretta che ha dato e sta dando un contributo enorme alla riscoperta della cultura e dell’ascendenza ebraica nei nostri paesi. Secondo molti studi – ella afferma – prima dell’Inquisizione e delle altre persecuzioni almeno il 50% dei calabresi aveva origini ebraiche. Poi la distruzione, la paura, le catacombe, il silenzio opprimente, l’oblìo.
Pur di sfuggire alle mille persecuzioni, di cui ultima è stata solo in ordine di tempo quella del 1938-45 , molti ebrei calabri fuggirono, altri si confusero con i cattolici, altri con gli Arabi (I Marrani), altri, irriducibili, perirono. Altri ancora, specialmente le donne, le madri, coltivarono in silenzio e in segreto le memorie e le consuetudini dei padri, come quella dello Shabbat. Sembra una storia romanzesca, ma è anche storia di appena ieri, e chi l’ha vissuta direttamente attraverso i ricordi nebulosi , le nenie lamentose, le invocazioni nascoste di una nonna, sa che fino a ieri la linfa vitale della cultura ebraica, nutrita di pianto e di paura, ha alimentato molte delle nostre vene e della nostra cultura antica annegata nel conformismo dei nostri paesi.
Barbara Aiello sta svolgendo una missione instancabile e incredibile, che non riguarda solo la provincia di Catanzaro, ma tutte le Calabrie. Riguarda specialmente molti territori dell'attuale provincia di Reggio Calabria, soprattutto quella che oggi viene chiamata Piana di Gioia Tauro e, in genere, quelle terre in cui gli Ebrei della Diaspora prima dell’Inquisizione avevano trovato un terreno molto fertile e libero , sia a livello economico sia a livello spirituale e religioso. Un terreno poi imbarbarito e abbrutito nel tempo dalle mille incursioni, dalle mille shoah di cui sono costellati il nostro dna e persino le memorie più lontane e vaghe, ma sempre nitide nei cuori di chi riesce a rendersene conto.
Pur di sfuggire alle mille persecuzioni, di cui ultima è stata solo in ordine di tempo quella del 1938-45 , molti ebrei calabri fuggirono, altri si confusero con i cattolici, altri con gli Arabi (I Marrani), altri, irriducibili, perirono. Altri ancora, specialmente le donne, le madri, coltivarono in silenzio e in segreto le memorie e le consuetudini dei padri, come quella dello Shabbat. Sembra una storia romanzesca, ma è anche storia di appena ieri, e chi l’ha vissuta direttamente attraverso i ricordi nebulosi , le nenie lamentose, le invocazioni nascoste di una nonna, sa che fino a ieri la linfa vitale della cultura ebraica, nutrita di pianto e di paura, ha alimentato molte delle nostre vene e della nostra cultura antica annegata nel conformismo dei nostri paesi.
Barbara Aiello sta svolgendo una missione instancabile e incredibile, che non riguarda solo la provincia di Catanzaro, ma tutte le Calabrie. Riguarda specialmente molti territori dell'attuale provincia di Reggio Calabria, soprattutto quella che oggi viene chiamata Piana di Gioia Tauro e, in genere, quelle terre in cui gli Ebrei della Diaspora prima dell’Inquisizione avevano trovato un terreno molto fertile e libero , sia a livello economico sia a livello spirituale e religioso. Un terreno poi imbarbarito e abbrutito nel tempo dalle mille incursioni, dalle mille shoah di cui sono costellati il nostro dna e persino le memorie più lontane e vaghe, ma sempre nitide nei cuori di chi riesce a rendersene conto.
La missione di Barbara è appunto questa: far prendere coscienza della loro grande eredità a decine di migliaia di calabresi nelle cui vene, senza che essi lo sappiano, scorre ancora qualche rivolo, sia pur piccolo, di sangue ebraico. (Bruno Demasi)
(Nelle foto, oltre all’immagine di Barbara mentre apre la Torah, quattro degli oggetti rituali della liturgia rabbinica: La Yad, la mano per leggere il rotolo della Torah senza toccarlo; il Tallit o Talled, il mantello di preghiera con le frange; il Kippah, copricapo che nell’ebraismo ortodosso usano solo i maschi; lo Shofar, il corno d’ariete che si suona soprattutto per Rosh-Hashanah , il capodanno ebraico)
(Nelle foto, oltre all’immagine di Barbara mentre apre la Torah, quattro degli oggetti rituali della liturgia rabbinica: La Yad, la mano per leggere il rotolo della Torah senza toccarlo; il Tallit o Talled, il mantello di preghiera con le frange; il Kippah, copricapo che nell’ebraismo ortodosso usano solo i maschi; lo Shofar, il corno d’ariete che si suona soprattutto per Rosh-Hashanah , il capodanno ebraico)
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Vorrei presentarmi. Mi chiamo Rav Barbara Aiello, sono nata negli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale e sono la prima nella mia famiglia ad essere nata in America. I miei genitori, nonni, bis nonni, bis-bis nonni e tutti i miei antenati sono nati in Calabria (e qualcuno anche in Sicilia e Sardegna).Adesso abito in Calabria, in un piccolo paese chiamato Serrastretta. Qui abbiamo costruito nel 2006 la sinagoga “Ner Tamid del Sud” (La luce eterna del Sud Italia – la prima sinagoga in Calabria dal tempo dell’Inquisizione. Seguo la corrente moderna/liberale/pluralistica, che è la corrente ebraica più numerosa al mondo e a cui aderiscono la maggioranza delle rabbine donne….
Vorrei spiegare il significato di ebraismo pluralistico, progressista o riformato. Nelle sinagoghe progressiste troviamo innovazioni e riforme. La prima cosa da evidenziare è la parità fra i due sessi. Nella sinagoga tradizionale è presente il matroneo o una barriera, in lingua ebraica mechitzah, un luogo dove stanno solo le donne, una separazione o una ringhiera da dove le donne possono solo assistere alle cerimonie, ma non partecipare. Invece per noi riformati, le donne e gli uomini siedono e partecipano insieme…
Ma è importante sottolineare che oggi questa uguaglianza si estende anche agli uomini, in particolare, ai padri. Mentre nella famiglia ebraica tradizionale solo quando nasce un figlio da madre ebrea, anche se il padre appartiene a un’altra religione, il figlio/a è considerato ebreo. Per noi progressisti, invece, quando il padre è un Ebreo, ma la madre di un’altra religione, il figlio/a è considerato allo stesso modo un ebreo. Questo rappresenta uguaglianza anche3 per l’uomo. Per questa ragione troviamo nelle sinagoghe progressiste molte coppie miste o interreligiose, in questo modo offriamo l’opportuni8tà a tutti i bambini di crescere come ebrei.
Vorrei spiegare il significato di ebraismo pluralistico, progressista o riformato. Nelle sinagoghe progressiste troviamo innovazioni e riforme. La prima cosa da evidenziare è la parità fra i due sessi. Nella sinagoga tradizionale è presente il matroneo o una barriera, in lingua ebraica mechitzah, un luogo dove stanno solo le donne, una separazione o una ringhiera da dove le donne possono solo assistere alle cerimonie, ma non partecipare. Invece per noi riformati, le donne e gli uomini siedono e partecipano insieme…
Ma è importante sottolineare che oggi questa uguaglianza si estende anche agli uomini, in particolare, ai padri. Mentre nella famiglia ebraica tradizionale solo quando nasce un figlio da madre ebrea, anche se il padre appartiene a un’altra religione, il figlio/a è considerato ebreo. Per noi progressisti, invece, quando il padre è un Ebreo, ma la madre di un’altra religione, il figlio/a è considerato allo stesso modo un ebreo. Questo rappresenta uguaglianza anche3 per l’uomo. Per questa ragione troviamo nelle sinagoghe progressiste molte coppie miste o interreligiose, in questo modo offriamo l’opportuni8tà a tutti i bambini di crescere come ebrei.
Un aspetto del rituale che invece è comune fra i tradizionalisti e i progresssisti, è la cerimonia chiamata Bar Mitzavah. Bar è una parola aramaica che vuol dire “figlio di”, mentre Mitzavah significa “comandamento”. Dunque “Bar Mitzvah è un termine per indicare un evento del ciclo della vita. Quando un ragazzo raggiunge il tredicesimo anno di età, è considerato un Bar Mitzavah, un “figlio del comandamento” e può partecipare ai riti della sinagoga come un adulto. Per i progressisti anche una ragazza ha la stessa opportunità. Al compimento dei dodici anni diventa Bat Mitzavah, cioè “figlia del comandamento” e viene introdotta nel mondo degli adulti come il ragazzo. Nella sinagoga progressista, i ragazzi e le ragazze leggono la Parashah – una suddivisione ordinata in brani della Torah (Il Pentateuco ebraico) – letti durante il servizio dello Shabbat.
Anche in campo teologico ci sono delle differenze. E’ importante, a questo punto, soffermarsi sulle mitzvòt, cioè sui comandamenti. Nella religione ebraica abbiamo 613 mitzvòt o precetti! Mentre per la religione tradizionale hanno tutti uguale importanza, nella corrente progressista c’è invece una gerarchia. I comandamenti più importanti sono quelli che riguardano la sfera dei rapporti interpersonali e la dignità della vita umana…
Io ho un grande rispetto per la corrente progressista, specialmente perché sono cresciuta nella sinagoga tradizionale, dove le donne non hanno avuto l’opportunità di partecipare al culto insieme agli uomini. Quando ero bambina, ho imparato molto dalla mia tradizione ebraica, ma non ho avuto il modo di servire la mia gente. Come molte altre donne, dopo la laurea all’università ho fatto molte altre cose…ma ho sempre voluto seguire il mio cuore e diventare una rabbina. Mio padre, un calabrese che è cresciuto a Serrastretta (vicino a Nicastro) e molti altri della mia famiglia italiana sono stati “ebrei in segreto…” (In inglese Crypto-Jew). Mia nonna ha insegnato qualcosa della religione ebraica al mio papà...
Ma dopo cinquecento anni senza una sinagoga in Calabria, non le era rimasto molto della tradizione ebraica da trasmettere a suo figlio. L’inquisizione ed altre persecuzioni hanno distrutto la nostra tradizione religiosa. Per esempio per la festa dello Shabbat, che si commemora ogni venerdi sera, mia nonna celebrava il rito in segreto. Lei aveva trovato due candelabri d’argento e li aveva portati giù in cantina. E lì aveva acceso la luce dello Shabbat! In seguito, quando è arrivata negli Stati Uniti, il primo venerdi sera, ha fatto la stessa cosa! Invece mio padre le ha detto :” Mamma sta’ attenta! Questa è l’America…la terra della libertà!”. Ma la nonna ha scosso la testa: “Non ne sono sicura”. E anno dopo anno, ha continuato ad accendere le candele nella cantina! L’inquisizione, insieme ad altre persecuzioni, ha portato la paura e ha anche distrutto la nostra tradizione ebraica. Infatti gli storici ritengono che prima dell’Inquisizione il 50% dei Calabresi e dei Siciliani fossero ebrei.
Ma nonostante queste tragedie, una cosa è rimasta: la luce nei nostri cuori, la luce della nostra religione. Per questo ho studiato molto e, quando sono diventata più grande, ho scritto questo lavoro! Oggi viviamo insieme ad altre donne e uomini appartenenti ad altre religioni, e ogni religione ha una prospettiva speciale.Ma io credo che la speranza del mondo è per noi trovare una terra comune.
Ogni religione è diversa, ma il fatto di vivere una vita spirituale ci accomuna sulla nostra terra. Quello che voglio intendere con il concetto di “terra comune” è che esso ci dice qualcosa in relazione alla persona di ogni fede – che sia cristiana, islamica, ebrea…e anche della persona che non ha fede. Esiste, infatti, una differenza fra religione e vita spirituale: la vita spirituale c’è comunque (è la prima e fondamentale), dopo di che, le singole religioni offrono l’opportunità di celebrare la spiritualità che abbiamo nel cuore (cfr. Salmo 133, canto Hinei ma tov “Quanto è buono e piacevole che i fratelli stiano insieme…”). Questa è la nostra terra comune, su cui è possibile lavorare tutti insieme e portare il bene per il mondo.
Rav Barbara Aiello