A CERAMIDA DI BAGNARA CALABRA UNA PALESTRA DI FEDE E DI VITA
NEL SOLCO DELLA “MILIZIA DELL’IMMACOLATA”
Non è solo un’oasi di pace, perché del mondo accoglie tutte le angosce e i mille bisogni per illuminarli , è piuttosto un sentiero di fraternità che travalica il luogo in cui sorge e irrora beneficamente tutte le vie della Calabria e non solo. «Una città in cui vivere e pregare insieme, in cui accogliere i pellegrini, in cui praticare la carità. Un centro di fervida evangelizzazione in cui si respirano l’odore della terra e il profumo del cielo e del Paradiso.Questo luogo nasce dopo un lungo discernimento condotto tempo fa grazie alla guida del mio padre spirituale, monsignor Serafino Sprovieri, all’epoca arcivescovo di Benevento. Fu lui a incoraggiarmi a seguire la mia intensa ispirazione di dare vita a un luogo di preghiera con il cuore rivolto a Maria e a Gesù».
Con queste poche e scarne parole padre Santo Donato , iniziatore all’alba di questo terzo millennio dei “Piccoli fratelli e sorelle dell’Immacolata” e della Cittadella omonima descrive una grandissima realta di fede e di azione operosa nella fede, da lui fondata inizialmente a Pellegrina di Bagnara e oggi nella frazione di Ceramida dello stesso comune, nella provincia e nella diocesi di Reggio Calabria, come si ha avuto modo di raccontare su questo stesso blog qualche tempo fa ( clicca qui per aprire il link: RICORDANDO MASSIMILIANO MARIA KOLBE, VIAGGIO NELLA CITTADELLA DELL'IMMACOLATA A CERAMIDA (di Bruno Demasi)
Tanto si potrebbe ancora scrivere su cosa sia e cosa rappresenti la Cittadella dell’Immacolata, nata da una ispirazione segnata dall’esempio di San Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e francescano polacco, martire di Auschwitz, fondatore del convento di Niepokalanów a Teresin in Polonia. Idealmente la Cittadella, che la nostra terra ha la fortuna di accogliere e di custodire, ne è la continuazione e i tanti gruppi laicali che l’hanno eletta a luogo di incontro e di preghiera comune agiscono tutti nel solco di quella “Milizia dell’Immacolata” che segnò la vita intera di San Massimiliano , emblema di una fede che rifugge ogni forma di religiosità paganeggiante e trionfalistica, di cui purtroppo sono ancora molto impregnate tante nostre contrade e tante nostre realtà parrocchiali, per andare al cuore della parola e dell’esempio di Cristo fatto uomo.
In tal senso questa realtà religiosa fresca e giovane, che unisce sapientemente tradizione e innovazione, diventa ogni giorno di più emblema di quella nuova evangelizzazione e di quella testimonianza di cui si avverte il bisogno crescente in tempi in cui la scristianizzazione sotto varie maschere impregna di sé ogni realtà umana nei nostri paesi.
Qui alla Cittadella il profumo buono della terra scaturisce dagli undici ettari di distesa verde che si affaccia sullo Stretto, dagli ulivi secolari e dalla vegetazione rigogliosa e curatissima che circonda la cappella centrale, le dimore dei frati e delle suore, i numerosi suggestivi luoghi di preghiera e contemplazione. Qui nemmeno un centesimo viene accettato come finanziamento da parte di organismi politici e amministrativi e tutto è dono della Provvidenza. Qui in ogni stagione avverti un tripudio di colori e di fragranze. E’ il profumo del cielo e del paradiso incarnato dalle persone che lo abitano in una comunità spirituale mista, organizzazione che insieme all’ispirazione a padre Kolbe determina l’unicità di questa realtà in Italia. Essa è composta infatti già da oltre cinquanta fratelli e sorelle in abito azzurro , consacrati a Maria Immacolata, che ti ricordano con il loro sorriso la pace diffusa nel mondo da Padre Kolbe fino al sacrificio supremo di sè.
Nel buio di Auschwitz, tra grida soffocate e fili spinati, brillò un gesto di pura luce. Maximiliano Kolbe, frate francescano polacco, durante l’occupazione nazista, rischiò tutto: diede rifugio a ebrei e partigiani, ben sapendo a cosa andava incontro. Aveva origini tedesche, che avrebbero potuto proteggerlo, ma rifiutò ogni privilegio. Era polacco, e da polacco voleva morire. Fu arrestato e deportato ad Auschwitz, dove tra fame, paura e disperazione, continuò a essere un pastore. Condivideva il poco cibo che aveva, pregava con i prigionieri, li consolava. Lo picchiavano per aver aiutato i più deboli. Non si lamentava mai. Non si arrese mai.Un giorno, dopo una fuga dal campo, i nazisti scelsero dieci uomini a caso per farli morire di fame. Uno di loro, padre di famiglia, scoppiò in lacrime. Kolbe fece un passo avanti e disse: «Voglio morire al posto suo».L’ufficiale accettò lo scambio. Fu rinchiuso in una cella senza cibo né acqua. Pregò ogni giorno con gli altri condannati. Uno dopo l’altro morirono… lui fu l’ultimo a resistere. Quando, dopo qualche giorno, i soldati aprirono la cella, era ancora in piedi. In silenzio. A pregare.Fu ucciso con un’iniezione di acido fenico il 14 agosto del 1941. Morì in pace e senza odio. Il suo corpo insieme a quello dei compagni fu cremato il giorno dopo, proprio in quella festa dell’Assunta che egli tanto amava.
Oggi, padre Kolbe è un simbolo eterno di amore e sacrificio.Nel luogo dove l’uomo dimenticò l’umanità… lui ricordò al mondo cosa vuol dire essere umano.
Qui alla Cittadella il profumo buono della terra scaturisce dagli undici ettari di distesa verde che si affaccia sullo Stretto, dagli ulivi secolari e dalla vegetazione rigogliosa e curatissima che circonda la cappella centrale, le dimore dei frati e delle suore, i numerosi suggestivi luoghi di preghiera e contemplazione. Qui nemmeno un centesimo viene accettato come finanziamento da parte di organismi politici e amministrativi e tutto è dono della Provvidenza. Qui in ogni stagione avverti un tripudio di colori e di fragranze. E’ il profumo del cielo e del paradiso incarnato dalle persone che lo abitano in una comunità spirituale mista, organizzazione che insieme all’ispirazione a padre Kolbe determina l’unicità di questa realtà in Italia. Essa è composta infatti già da oltre cinquanta fratelli e sorelle in abito azzurro , consacrati a Maria Immacolata, che ti ricordano con il loro sorriso la pace diffusa nel mondo da Padre Kolbe fino al sacrificio supremo di sè.
Nel buio di Auschwitz, tra grida soffocate e fili spinati, brillò un gesto di pura luce. Maximiliano Kolbe, frate francescano polacco, durante l’occupazione nazista, rischiò tutto: diede rifugio a ebrei e partigiani, ben sapendo a cosa andava incontro. Aveva origini tedesche, che avrebbero potuto proteggerlo, ma rifiutò ogni privilegio. Era polacco, e da polacco voleva morire. Fu arrestato e deportato ad Auschwitz, dove tra fame, paura e disperazione, continuò a essere un pastore. Condivideva il poco cibo che aveva, pregava con i prigionieri, li consolava. Lo picchiavano per aver aiutato i più deboli. Non si lamentava mai. Non si arrese mai.Un giorno, dopo una fuga dal campo, i nazisti scelsero dieci uomini a caso per farli morire di fame. Uno di loro, padre di famiglia, scoppiò in lacrime. Kolbe fece un passo avanti e disse: «Voglio morire al posto suo».L’ufficiale accettò lo scambio. Fu rinchiuso in una cella senza cibo né acqua. Pregò ogni giorno con gli altri condannati. Uno dopo l’altro morirono… lui fu l’ultimo a resistere. Quando, dopo qualche giorno, i soldati aprirono la cella, era ancora in piedi. In silenzio. A pregare.Fu ucciso con un’iniezione di acido fenico il 14 agosto del 1941. Morì in pace e senza odio. Il suo corpo insieme a quello dei compagni fu cremato il giorno dopo, proprio in quella festa dell’Assunta che egli tanto amava.
Oggi, padre Kolbe è un simbolo eterno di amore e sacrificio.Nel luogo dove l’uomo dimenticò l’umanità… lui ricordò al mondo cosa vuol dire essere umano.