Come tutti i maestri, Gerhard Rohlfs ( Berlino-Lichterfelde 1892-Tubingen 1986) è stato maestro di semplicità disarmante per quanti hanno avuto la fortuna di conoscerlo nei suoi continui viaggi in quella che a ragione potrebbe essere definita la sua seconda patria, la Calabria, percorsa numerose volte da solo o accompagnato dalla figlia. A Oppido Mamertina, dove giunse più volte per confrontare le proprie appassionate ricerche col canonico Giuseppe Pignataro, ebbe anche la fortuna di conoscere tra gli altri il prof. Rocco Liberti, alla cui penna è affidato questo omaggio doveroso come a uno dei padri della glottologia moderna studiata e costruita pezzettino per pezzettino con metodi antichissimi quanto efficaci contattando la gente, a volte a dorso di mulo, porta per porta e raccogliendone religiosamente le testimonianze parlate: un metodo intramontabile, assai distante da certe ricerche estemporanee e di seconda mano che inondano sempre di più le librerie e i social. A Gerhard Rohlfs l’omaggio , ci si augura perpetuo, di noi Calabresi, e a Rocco Liberti l’ennesimo ringraziamento degli Oppidesi sempre più grati per la generosa condivisione di questi ricordi. (Bruno Demasi)
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Ho avuto l’opportunità d’incrociare il mio passo culturale con quello del grande dialettologo tedesco per puro caso forse nell’anno 1977. Stavo passeggiando con un collega inverso Tresilico, quando, da una macchina improvvisamente fermatasi, è venuto a scendere un uomo alto e imponente, che ha chiesto delle informazioni ad alcune persone che si ritrovavano a lato della strada. Allorquando dalle scarne frasi pronunziate con un accento straniero piuttosto aspro ho capito che quegli andava cercando mons. Pignataro, ho detto subito al mio accompagnatore:
Deve sicuramente trattarsi del prof. Rohlfs, uno studioso di statura mondiale! Non mi sono sbagliato. Ci siamo avvicinati e ci siamo offerti di condurlo alla residenza di colui che così tanto gl’interessava, dove peraltro doveva esservi stato variamente. Sicuramente, tanto per cambiare, non ricordava il luogo preciso. Una volta appreso che la persona cercata al momento non si trovava in paese, è rimasto piuttosto esitante. Allora, su due piedi, senza porre tempo, abbiamo deciso di riceverlo in Comune, dove abbiamo avuto un riscontro del suo solito tipo, cioè una chiacchierata in merito ad alcune voci del vernacolo oppidese.
Non ricordo bene se è stato allora, ma credo proprio di sì, che il prof. Rohlfs a casa mia, dove successivamente ci siamo portati, mi ha parlato del dizionario dei cognomi che aveva in preparazione. Gli ho fatto presente ch’era bene nel caso tener conto che molti cognomi erano bell’e costruiti intenzionalmente anche ai nostri tempi da coloro che li appioppavano ai trovatelli e non erano davvero pochi! Li per lì ha affermato candidamente di non averci pensato e, una volta che ho provveduto a inviargli miei lavori sull’imposizione dei soprannomi a Polistena e, per l’appunto
“I figli di nessuno in Calabria”, così il 22 ottobre 1977 mi ringraziava soprattutto dalla sua ordinaria residenza di Tubingen, nella cui università aveva insegnato per tanti anni:
«il vostro lavoro non solo è del massimo interesse, ma ha tutte le qualità di profonda e seria ricerca». Si rivelava, come il suo solito, parco di parole, ma essenziale. Per contraccambiare si faceva un dovere d’inviarmi copia con dedica del suo
“Dizionario Toponomastico e Onomastico della Calabria”.
Da quella prima occasione gli incontri si sono susseguiti. Il prof. Rohlfs è venuto a trovarmi a Oppido in vari frangenti. In uno di questi mia madre tutta allarmata mi ha avvisato che un pazzo era andato nella sua casa a chiedere di me entrando difilato dalla porta e spingendosi su per le scale interne, con lei che lo seguiva e gridava tutta spaventata:
Chi siete? Cosa volete? senza ottenere chiarimenti di sorta. Sicuramente, informato malamente da qualcuno, cui si era rivolto e rammentando che quella prima volta era salito per delle scale (ma erano esterne), pensava di aver trovato il posto che cercava. Mi ha contattato poi in piazza, dove l’ho avvertito piuttosto agitato. I suoi arrivi presagivano sempre delle frettolose partenze. Un’altra volta il cielo lanciava fulmini e saette e pioveva a dirotto, quando te lo vedo comparire alla sede dell’AVIS guidato dall’ennesimo informatore. Proveniva da Santa Cristina e Piminoro, dove si era recato per rimpinguare il suo corredo di nomignoli. Ho pensato subito bene di condurlo a Messignadi, paese dove il soprannome è di casa più che in altri posti e dall’amico Michele Brancati, dove ci siamo rifugiati, il prof. Rohlfs e un suo assistente, dopo essersi rinfrancati con un bicchierino di liquore, hanno avuto modo di apprendere altri curiosi termini. Dopo il tempo strettamente necessario, mi son sentito in dovere di guidarlo fino all’uscita di Varapodio per immetterlo sulla via per Polistena, dove avrebbe dovuto pernottare e l’ho indirizzato all’amico Giovanni Russo. È stato questi particolarmente contento per l’inatteso incontro e il giorno dopo gli ha fatto rendere i dovuti onori in Municipio. Più in là, l’8 aprile ‘79, gli farà tenere una brillante relazione sul dialetto calabrese alla Biblioteca Comunale, da lui egregiamente diretta.
Dopo quel primo scambio di corrispondenza, di cui ho inizialmente riferito, uno successivo si è verificato il 16 maggio 1978 in ringraziamento del mio estratto
“Il culto della Vergine del Pilar”. Ma il 20 agosto il Professore m’inviava una cartolina da Noja nella
“Spagna atlantica” con annuncio che sarebbe passato da Oppido
“brevemente” il 2 ottobre e avrebbe avuto piacere d’incontrarsi col suo
“amigo”, proprio alla spagnola. Appresso reiterava tra le date 31 agosto ’78 e 10 giugno ’79, sia per trattare di una breve prefazione al mio volume
“Folklore di Calabria” che per chiedermi informazioni di carattere onomastico dialettale. Avvisandomi ancora il 6 settembre susseguente che il 24 dello stesso mese forse avrebbe fatto tappa a Oppido, riscontrava così l’invio del mio lavoro:
«È una bella e simpatica sintesi del folklore calabrese, presentato senza pedanteria in un modo elegante e leggibile. Trovo nella raccolta, bene ordinata, molti proverbi e modi di dire, finora a me poco conosciuti». È seguìta alquanta sosta nel contatto epistolare. Il Prof. Rohlfs, che in precedenza mi aveva spedito due sue nuove opere, il
"Dizionario dei cognomi e soprannomi”[1] e
“Calabria e Salento-Saggi di storia linguistica”[2] non mancando d‘inserire quale dedica, come di consueto i suoi
“memori ricordi”, mi ringraziava per la recensione fatta alla seconda, che pur mi aveva richiesto, come d’altronde per la prima, con data 5 dicembre 1980. Ancora alquanta tregua e di nuovo il 19 luglio 1983 un riscontro da Noja nella
“Spagna cantabrica (in villeggiatura con mia figlia)”, col quale mi ringraziava per le condoglianze espressegli in morte della moglie, sua fida compagna per ben quattro volte nelle peregrinazioni in Calabria. Il 20 novembre ci siamo alfine incontrati a Reggio alla presentazione di un volume in suo onore materializzato dalla Deputazione di Storia Patria su proposta di Franco Mosino e contenente una serie di contributi che rendeva omaggio a
“Gerhard Rohlfs nonagenario”. Tra tanta gente non mi ha riconosciuto - i 91 anni allora contati non erano una bagattella - ma al mio declinare le generalità è subito scattato:
“ah! Oppido Mamertina!”. Prima del pranzo mi sono riavvicinato e ancora nella confusione non mi ha distinto. Allora al mio:
“Oppido Mamertina!” ha risposto senza tentennamenti:
“ah! Liberti!”. Così poi lucidamente mi ringraziava per la partecipazione alla silloge di studi linguistici in suo ossequio:
«… per il Suo gentile contributo alla miscellanea in onore del nonagenario. Le dico i miei più vivi ringraziamenti. La bella raccolta di toponimi e cognomi è una preziosa aggiunta alle nostre conoscenze, dove non mancano interessanti novità».
Di seguito le recensioni pubblicate sulle due opere del Rohlfs sul “Corriere di Reggio” rispettivamente il 10 novembre 1979 e 25 ottobre 1980.
«Dopo la pubblicazione del “Nuovo Dizionario Dialettale” e del “Dizionario toponomastico e onomastico”, due grossi studi basilari sulla dialettologìa calabrese, il prof. Gerhard Rohlfs, amico della Calabria da più di 55 anni, presenta ora un ulteriore saggio del suo notevole impegno culturale, il “Dizionario dei Cognomi e dei Soprannomi”, invero un altro ponderoso lavoro, che, unito ai precedenti, rappresenta certamente un ampio e invidiabile “thesaurus lessicale”. L’ennesima fatica dello studioso di Oltralpe, il quale ogni anno puntualmente fa la sua rapida apparizione fin in ogni più sperduto paesello per annotare, controllare antecedenti appunti ed anche per offrire un suo prezioso contributo a quanti amano ascoltare dalla sua viva voce i travagli storici di un dialetto pur sempre vivo malgrado gli attacchi portati dalla lingua nazionale, si suddivide in due sezioni. Nella prima sono compresi più di 15.000 cognomi tratti dalle fonti più varie, documenti e diplomi del tardo medioevo, registri parrocchiali e comunali, platee e pubblicazioni di ogni tipo. All’altra fanno invece capo i soprannomi, circa 10.000, che rappresentano un vero campionario dei nomignoli appioppati in Calabria sin da remote generazioni.
La nuova opera non va assolutamente considerata, come potrebbe a prima vista sembrare, alla stregua di una semplice raccolta di nomi e di ingiurie, peraltro già degna di lode, perché al suo autore, specialista di glottologìa romanza, di lingua e letteratura italiana, francese e spagnola, vanno riconosciuti ben altri meriti, che sono arcinoti a chi si occupa di dialettologìa calabrese. Tra l’altro, l’esimio studioso, oltre che presentare ogni nome nella sua diffusione locale, ne viene a spiegare l’origine, accennando, per quanto possibile, anche al suo eventuale cammino storico.
L’odierno dizionario, nel quale si ripropone con maggiore forza la teoria cara al Rohlfs sul dualismo tra Calabria greca e Calabria latina, due territori ormai ben riconosciuti e delimitati, riuscirà senza dubbio, ne siamo certi, di notevole utilità a tutti, ma si rivelerà particolarmente indispensabile agli studiosi, per i quali sarà un manuale di sempre frequente consultazione ed un continuo stimolo ad un’ulteriore e più completa ricerca”.
“Calabria e Salento”, che documenta appieno l’interesse del Rohlfs per la regione calabra e parte di quella pugliese, non è, come potrebbe apparire, un nuovo saggio di ricerca dialettale, ma, fatto assai più importante, si rivela quale una raccolta, in cui sono presenti, aggiornati ed ampliati, tutti quegli articoli che, pur occupandosi della stessa materia, si trovavano dispersi in opuscoli e riviste, risultando, quindi, di difficile reperimento.
Nel primo capitolo, dal titolo La Magna Grecia (nunc deleta?), l’autore viene a ripresentare una sua nota teoria e, quindi, a riaffermare che sia in Calabria come nel Salento le isole di grecismo ivi esistenti non hanno avuto la loro origine dal bizantinismo, bensì dai tempi gloriosi della Magna Grecia. A romanizzazione imperante, il popolo, vinto e sottomesso dalle armi, aborrì di parlare la favella dei vincitori, assai inferiore alla sua e continuò a servirsi di questa in barba ad ogni imposizione. I greci di Bisanzio, tutt’al più, poterono apportarvi nuova linfa e permetterne così una maggiore resistenza all’imbarbarimento. Una tale tesi, che trova la sua completezza nel capitolo successivo, Dalla Magna Grecia a Bisanzio, malgrado vari oppositori, è ancora sostenibile ed il Rohlfs offre in proposito una miriade d’illuminanti esempi.
Proseguendo nella trattazione, ripropone un’altra sua pur valida opinione, che è quella dell’esistenza di due Calabrie, la latina, che corrisponde pressappoco all’odierna provincia di Cosenza e la greca, che si configura nelle restanti circoscrizioni. A tal riguardo egli si fa forte dell’antagonismo rivelato dal linguaggio parlato nonché dei numerosi toponimi e viene a dimostrare come una barriera linguistica insormontabile divida le due predette zone. Anche per il Salento dialettale il Rohlfs manifesta le stesse attenzioni avute per la Calabria. La parte linguistica propriamente detta del volume ha termine con un saggio sull’origine e formazione dei cognomi nell’estremo mezzogiorno d’Italia, ma l’opera si completa con un interessante lavoro imperniato sul remoto giuoco degli astragali, che risulta comune a Grecia, Calabria e Salento e ch’è una variante primordiale di quello dei dadi. Un tale passatempo non fa che confermare ancora come Calabresi, Salentini e Greci siano accomunati da una medesima scaturigine e, quindi, dar piena ragione allo studioso tedesco». Gerhard Rohlfs, il grande studioso cui nel 1968 il Comune di Bova ha concesso la cittadinanza onoraria (Candidoni lo farà nel 1979) e l’Università della Calabria la
laurea honoris causa nel 1981, ha avuto contro un altro talento della dialettologìa, il calabrese Giovanni Alessio, che sosteneva le tesi opposte.
Un vivo plauso merita per gli ultimi tempi l’amministrazione comunale di Badolato, che, unica, ha pensato bene di onorare l’illustre personaggio dedicandogli il 14 luglio 2002, a 110 anni dalla nascita, una piazza. Nella relativa lapide, ove figura così gran nome, è stata aggiunta l’indovinatissima espressione
“Il più calabrese dei figli di Germania”. Alla cerimonia erano presenti, oltre a tanti studiosi, i di lui figli Ellen ed Eckart. A Rohlfs risulta intestata anche un’associazione culturale di Catanzaro, fondata dal poeta Achille Curcio, che si propone giustamente il recupero del dialetto e dei testi dialettali. Il 2 maggio 2016 gli è stato infine intitolato il Museo Civico della Lingua Greco-Calabra di Bova, paese prettamente grecanico dove spesso si è ritrovato a conversare con la sua gente. Opportunamente una sala dello stesso è stata dedicata allo studioso Franco Mosino (1932-2015), storico, grecista e folklorista d’impegno, che amava autodefinirsi
“filelleno” e all’istituzione ha donato la sua biblioteca e materiale di natura folkorica. Anche da parte del Rohlfs sono pervenuti a Bova interessanti reperti offerti dal figlio Eckart.
Rocco Liberti
* Alcuni contenuti di questo studio sono apparsi in altra veste in “Calabria Letteraria”, LIII (2005), nn. 7-8-9, pp. 123-125.
[1] Longo editore, Ravenna 1979; in essa aveva tenuto ad inserire il lavoro sui figli di nessuno nella bibliografia della provincia di Reggio Cal. con l’espressione Riguarda l’onomastica dei neonati esposti in zona di Oppido con interessanti ed abbondanti esempi ordinati secondo alcune categorie.
[2] Longo editore, Ravenna 1980.