sabato 28 dicembre 2024

WALTER PEDULLA’, L’ULTIMO ARTISTA POLITICO E INTELLETTUALE DELLA MAGNA GRECIA ( di Bruno Demasi)

      E’ scomparso il 27 dicembre di questo 2024, a 94 anni di età, un calabrese di pochissime parole parlate, ma di molti fatti vissuti, narrati e descritti con il dono rarissimo della sobrietà linguistica e quello del rifiuto categorico di ogni esibizionismo. A lui l’omaggio di chi lo ricorda per aver reso bella la terra del sidernese, e della Calabria tutta, in tempi in cui la stampa nazionale faceva – e fa ancora -  soltanto carne di porco della dignità di questa regione ridotta nell’immaginario collettivo soltanto a strada tortuosa del malaffare criminale e politico, appena ingentilita dallo sterco delle capre aspromontane.

    A lui il ricordo commosso e doveroso di quanti, come chi scrive, rispettandone sempre gelosamente la riservatezza, per tentarne un sia pur scarno ricordo, va ad attingere al suo ultimo libro di memoriie, pubblicato pochissimo tempo fa da Rizzoli con il titolo assai significativo Il pallone di stoffa – Memorie di un nonagenario, un regalo che egli ha pensato di fare per i suoi novanta anni a tutti i suoi amici e a noi Calabresi spesso pigri, quasi sempre dimentichi di chi ha arrecato bene alla nostra terra . Una miniera di spunti, di riflessioni, di ricordi stratificati in una vita molto interessante, e non solo di critico letterario, ma anche di narratore, di giornalista, di  politico militante e persino di presidente della più grande industria moderna dell’informazione in Italia, la RAI.
   
    Walter Pedullà è intellettuale complesso e  nella critica letteraria raggiunge l’acme della sua prova artistica: l’arte della narrazione è infatti per lui  fortemente insita in  quella di critico e di esegeta . Ne dà prova la sua spiccata capacità, che molti romanzieri di professione sicuramente gli invidierebbero, di tracciare dei ritratti e dei bozzetti fulminanti, come quando in poche battute dipinge in modo esauriente i  mostri sacri  della scena politica italiana da lui conosciuti in modo diretto: “Oscar Luigi Scalfaro, busto fiero, quasi marmoreo, cordiale conversatore dall’eloquio ciceroniano … Cossiga sprizzava intelligenza dagli occhi e dalla bocca, ed era parlatore facondo e brillante, con una lingua ad alto tasso di metafore: figura retorica con cui non si nomina una verità ma se ne suggeriscono almeno due, forse false … Andreotti era di una cortesia impeccabile ma ritrosa. Non stringeva la mano, allungava la punta delle dita di una mano pendula, restia al contatto. Quando ingobbito alzava lo sguardo, gli occhi erano di ghiaccio e il sorriso era appena accennato dalle labbra sottili”.

    Sicuramemte un grande narratore, se solo avesse voluto versare la sua penna in questa materia, ma, come si diceva,  ha preferito dedicarsi più spesso alla critica e alla saggistica. Le sue doti di affabulatore tuttavia emergono in modo evidentissimo proprio nel “ Pallone di stoffa” , una vera e propria autobiografia sui generis , che è narrazione della parabola calante  della letteratura calabrese, ma nello stesso tempo saga familiare e romanzo della letteratura Italiana del Novecento, saggio della critica letteraria dello stesso secolo, racconto della vita di un uomo che ha attraversato sicuramente da protagonista quasi l’intero secolo più lungo della storia recente.
    La prosa di Pedullà è sempre elegante, ha un ritmo e una musicalità che ti conquistano in tutti i passaggi della sua rievocazione, specialmente quando parla della propria della famiglia d’origine e dei luoghi dell’infanzia, raggiungendo spesso vette di puro lirismo, senza mai scadere nel sentimentalismo: il padre sarto,  grande lavoratore e grande narratore di fatti familiari e locali; la madre tenace figura di maestra “ di casa” nella formazione dei figli, da lei indotti con le buone e con le cattive a studiare duramente per salire su quell’ascensore sociale che da secoli dimenticava di imbarcare  i figli della plebe meridionale.

   Dopo i primi capitoli dedicati alla saga familiare, il racconto di Pedullà si focalizza sugli ambiti in cui egli è stato protagonista per ben oltre un cinquantennio: dall’insegnamento, a tutti i livelli, dai tecnici a quelli  liceali e classici, fino  all’università, all’insegnamento e alla critica della letteratura contemporanea, per non parlare delle attività correlate (le numerosissime giurie di cui ha fatto parte: “qualcuna soltanto in meno di Carlo Bo”), senza contare la politica culturale o meglio la “critica militante”, che lo ha visto acceso protagonista; la politica tout court; la fondazione e direzione di prestigiose riviste e collane editoriali; la Presidenza della Rai e poi quella del Teatro di Roma.
   Walter Pedullà è significativamente calabrese poliedrico e politico fine col dna del filosofo che non scende a patti neanche con se stesso: “Ho combattuto per il Fronte Popolare nel ’48, contro la ‘legge truffa’ nel ’53, per la nazionalizzazione dell’energia elettrica, per lo Statuto dei lavoratori, per la Riforma della RAI, per divorzio e aborto. E sono stato il primo a scendere in guerra contro ogni tentativo di restaurazione dell’ancien régime, che aveva lo zoccolo duro nella destra DC. Lo stesso dicasi delle battaglie letterarie: neorealismo, neosperimentalismo, neoespressionismo, neoavanguardia, ‘franchi narratori’, ‘selvaggi’, ‘cannibali’ e latri divoratori di lingue che l’abuso ha reso inespressive.”

  
   Durante la contestazione studentesca si rivolgeva ai suoi studenti, definendo in poche battute un vero e proprio manifesto programmatico di ciò che deve essere l’insegnamento: “I libri si scrivono solo se si ha qualcosa di nuovo da dire, e il nuovo che ambisca alla svolta culturale non scende nel cervello come l’acqua. Il mio dovere è quello di venirvi incontro, ma il vostro è quello di avvicinarvi al mio linguaggio: se, più che chiaro, è banale, trasmette solo banalità.”

    E tutto è stato Walter Pedullà sulla scena politica, artistica e culturale italiana meno che banale!