Non so quanti si ricordano ancora di Umberto Zanotti Bianco e se in Calabria , a parte l’intitolazione di qualche strada o di qualche scuola, ci siano degli alunni che abbiano mai sentito parlare dai loro docenti di questo grande meridionalista, che fu anche un vero antifascista , archeologo innamorato della nostra terra per la quale spese e si spese fino alla fine. E non so nemmeno se sulle piazze calabre di ogni torrida estate qualche municipalità abbia sentito il bisogno di ricordare accanto a tanti personaggi effimeri un uomo che tanto bene ha dato a questa terra.
Umberto Zanotti Bianco nasce nel 1889 nell’isola di Creta da padre italiano con funzioni di console e da madre di origine scozzese, compie i suoi studi nel collegio Carlo Alberto di Moncalieri retto dai padri Barnabiti. Si forma nel culto di Mazzini e degli ideali del Risorgimento, innamorandosi presto anche dei libri di Tolstoj e di Romolo Murri. Allo scoppio della prima guerra mondiale, seguendo l’esempio di Gaetano Salvemini, si arruola volontario. Nel 1939 Achille Storace protesta violentemente perché la sua associazione ANIMI è ancora in vita e quindi dimostra che il fascismo non ha affato risolto tutti i problemi del Sud. Zanotti chiede l’aiuto della principessa Maria Josè che non esita ad assumere l’alto patronato dell’Associazione ponendo fine a ogni possibile forma di ritorsione. Nel 1941 viene tuttavia arrestato e mandato al confino nei pressi di Sorrento. Erede del Cattolicesimo Liberale, partecipa in seguito alla lotta di liberazione. Nel 44 assume la presidenza della Croce Rossa. Nel 1952 è nominato senatore a vita da Luigi Einaudi. Fonda assieme ad Elena Croce “ Italia Nostra”. Nel 1963 si spegne a Roma all'età di 74 anni spesi interamente per i suoi ideali e per le plebi del Sud.
Oltre sessanta anni fa lo stesso Zanotti Bianco raccontava del proprio approccio iniziale con la Calabria e la Magna Grecia, un incontro dettato da una precisa scelta di vita, una vera e propria missione: “Sarà tra poco mezzo secolo che percorro in tutti i sensi le terre dell’antica Magna Grecia. Per quanto istintivamente attratto da ogni testimonianza artistica e dal fascino delle ricerche archeologiche, tuttavia la miseria ed i dolori di questa regione, ingigantiti dalla spaventosa tragedia del terremoto che prese nome da Reggio e Messina, occuparono nei primi anni di lavoro quaggiù tutta intera la mia vita… Fu Paolo Orsi, il grande, perseverante archeologo roveretano, che con la descrizione dello stato miserando dei monumenti superstiti della Calabria, mi fece sentire il dovere della pietà per le creazioni d’arte del passato, silenziose educatrici degli spiriti nel futuro, e mi spinse a creare nel 1920, in quel desolato dopoguerra, la Società Magna Grecia”. Fu infatti Paolo Orsi che gli presentò Carlo Felice Crispo, storico eminente della civiltà magno-greca della Calabria ed in particolare di Vibo Valentia, già chiamata Hipponion. Subito dopo giunse anche la conoscenza con il marchese Enrico Gagliardi che si trasformò subito in amicizia vera perché entrambi coltivavano il gusto per il bello ed i valori irrinunciabili della libertà e della onestà. Nacque il primo nucleo di quella società cui aderirono , oltre a questi illustri vibonesi , altre importantissime figure di primo piano sulla scena dell’impegno per l’ elevazione sociale e culturale della Calabria : il conte Vito Capialbi, il prof. Eugenio Scalari, Pietro Tarallo, Vincenzo Cremona, Mario Micalella, Mario Cordopatri, Leonardo Donato ed altri.
Occorre a tale proposito comprendere che Zanotti Bianco, fine storico e convinto meridionalista, concepiva il problema politico come problema etico lontano da ogni moralistico pour parler, una ricerca del vero impegno civile per il Meridione ed in particolare per la Calabria. Ne rimane esempio inconfondibile il saggio “Martirio della scuola in Calabria” dove etica ed impegno civile sono un tutt’uno: una dimensione nella quale Zanotti Bianco metteva a frutto l’esempio del suo maestro di meridionalismo Gaetano Salvemini che gli aveva insegnato l’ottimismo nella storia “fatta di piccoli sforzi, che accumulandosi fanno le grandi soluzioni”. Salvemini e Zanotti Bianco si incontravano in maniera fortissima nella fondazione etica della politica ed era comune la consapevolezza che “nessun popolo che non valga moralmente riesce a farsi valere”. Un ferreo convincimento che durò per entrambi tutta la vita, permeandola fino all’osso.
Gaetano Salvemini e Zanotti Bianco si erano conosciuti nel gennaio del 1909, dopo il rovinoso terremoto di poco più di un mese prima che aveva distrutto insieme a Messina mezza Calabria. Fra i volontari accorsi da ogni parte d’Italia e del mondo c’era proprio Zanotti Bianco poco più che ventenne, mentre Salvemini in quel disastro aveva perduto la moglie e i cinque figli e vagava tra le macerie alla disperata ricerca di Ugo, il figlio più piccolo di cui non si era trovato il corpo. Era accompagnato in quella drammatica odissea dell’amico Giovanni Malvezzi e da Giovanni Gallarati Scotti in una esperienza terribile che avrebbe segnato indelebilmente tutta la sua vita consacrandolo ad una vera e propria missione di riscatto del Sud Italia mai più abbandonata per il resto dei suoi giorni. I due si incontrarono di nuovo nel 1910 a Roma per fondare l’Associazione Nazionale per gli Interessi Morali ed economici del Mezzogiorno d’Italia (ANIMI) della quale gia facevano parte uomini come Giustino Fortunato,Giuseppe Lombardo Radice, Pasquale Villari, Antonio Fogazzaro e Tommaso Vallari Scotti. In una lettera scritta a Fogazzaro, Zanotti Bianco a proposito di Salvemini, così scriveva: “Si è mostrato fautore entusiasta”. Qualche tempo dopo comunicava a Giustino Fortunato che “un gruppo di giovani e di vecchi decideva di mettere su un’associazione pel mezzogiorno col fine immediato di concentrare gli sforzi intorno al problema della scuola e della istruzione e della emigrazione in provincia di Reggio Calabria. Gli uomini autorevoli danno l’ indirizzo e i giovani sgobbano. Saremmo lieti e orgogliosi di averti tra di noi.”
Cosa resta oggi in Calabria di Umberto Zanotti Bianco ? Sicuramente rimangono i grandi segni e sogni di riscatto da lui lasciati in tanti paesi riscoperti nella loro miseria e nella loro terribile arretratezza, dalla quale a stento cercano ancora di uscire, in tanti cantieri archeologici promossi insieme a Paolo Orsi, ma soprattutto nel modo di intendere e di praticare concretamente il Meridionalismo e quell’antifascismo che oggi purtroppo è stato ridotto in molti casi a parodia di se stesso. Non ne resta invece l’ammirazione e il ricordo nelle nuove generazioni alle quali colpevolemnte la scuola calabrese non sa e non vuole insegnare nemmeno i nomi di queste grandissime figure che hanno fatto, pur con tutti i suoi enormi limiti odierni , la nuova Calabria.