sabato 27 luglio 2024

BONU E BENIDITTU ! ( di Sr. Nunzia De Gori )

                        Il superfluo lasciamolo agli ingordi. 𝘕𝘰𝘪 𝘳𝘪𝘱𝘢𝘳𝘵𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘥𝘢𝘭𝘭𝘦 𝘣𝘳𝘪𝘤𝘪𝘰𝘭𝘦!

     Tutti i commenti alla Parola della domenica e delle feste tracciati da Sr Nunzia  lasciano davvero il segno, ma quello di questa ultima domenica di luglio merita sicuramente un momento di pausa e una riflessione in più ed è per questo che lo propongo a tutti, specialmente a coloro che hanno sempre fretta o a coloro che pensano di aver tutto da dire o da scrivere e poco da leggere o da ascoltare. Dunque a me per primo! ( Bruno Demasi)

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     “𝐵𝘰𝑛𝘶 𝘦 𝘣𝑒𝘯𝑒𝘥𝑖𝘵𝑡𝘶”! Un tempo si diceva così anche di un tozzo di pane. E, se per caso, lo trovavi per terra, ti facevi il segno della croce e poi lo mangiavi. Un morso dopo l’altro. Tutto. Fino all’ultima briciola. Non sia mai che si butti il pane! E non perché, un tempo, si era più poveri, ma perché, forse, si era più umani. Viene da lontano la cultura del pane. Per gran parte del mondo. Compresa la terra di Gesù. E allora, non passi inosservato quanto accadde quel giorno. Lassù sul monte. Quando, degli “avanzi” si raccolsero fino a dodici ceste. Sì, perché quando si condivide, capita proprio questo: Che basta per tutti. E avanza pure!

     Questo viene raccontato nella pagina di Vangelo, che la Chiesa ci propone nella XVII domenica del Tempo ordinario. Badate bene, tutto il capitolo sesto del Vangelo di Giovanni, che si apre proprio con l’evento della cosiddetta “moltiplicazione dei pani e dei pesci”, lo leggeremo nel mese di agosto. In cinque parti. Come i cinque pani d’orzo. Un po’ alla volta. Per ben ruminare il grande messaggio di Gesù sul Pane di vita. E intanto, la liturgia ci consegna, oggi, questi primi 15 versetti del capitolo, lì dove si narra di quell’evento che, se non fosse per la sua portata rivoluzionaria, non sarebbe stato raccontato ben sei volte nei quattro Vangeli. E altre tre volte, espressamente evocato. Nove volte, dunque, per dirci che una infornata di pane e qualche spicciolo di pesci a lato, se non accaparrati, ma condivisi, ti danno, come risultato, quello che noi - 𝘭𝑎𝘴𝑐𝘪𝑎𝘵𝑒𝘮𝑒𝘭𝑜 𝑑𝘪𝑟𝘦 - impropriamente chiamiamo il “miracolo” che sazia tutti e raccoglie gli avanzi. Ci sta bene attento Giovanni a non chiamarlo miracolo. Ma “segno”. Che vuol dire: anticipazione, rimando, evocazione. Modello, cioè, di qualcosa che puoi e devi fare. Non è un prodigio, ma il segno di un sogno che è alla tua portata. Sì, perché “𝘴𝑒 𝑙𝘰 𝘴𝑜𝘨𝑛𝘪 - diceva Walt Disney - 𝘭𝑜 𝑝𝘶𝑜𝘪 𝘢𝑛𝘤ℎ𝘦 𝘧𝑎𝘳𝑒”. 

      Avevano lasciato il lago, quel giorno. Per salire verso “il monte”, che non sai quale sia, in una regione, come la Galilea, dove non ci sono monti, ma solo collinette. E neanche mari, ma solo piccoli laghi. Siamo evidentemente in un linguaggio altamente simbolico. Evocativo. Eccolo, dunque, questo popolo, con in testa Gesù. Una folla enorme! Dove “cinquemila” erano solo i maschi. Chissà perché si contavano solo loro. O forse, sì, si comprende, in quella logica patriarcale, a cui neanche gli evangelisti, figli del loro tempo, sfuggono.  C’erano pure le donne, siatene certi. Ed anche i bambini. Gesù attraeva tutti. Sconfinava sempre dalle “convenienze sociali”. E tutti: lui-Gesù, i suoi discepoli, quei cinquemila maschi e chissà quanti altri ancora, tra donne e bambini - 𝘶𝑛 𝑝𝘰𝑝𝘰𝑙𝘰 𝘪𝑛𝘴𝑜𝘮𝑚𝘢 - attraversano il “mare”. Come quella lontanissima volta. Al tempo di Mosè. Allora il Mar Rosso. Oggi, il “Mare di Tiberiade”. E anche ora, come allora, si parte dal pane. Quella volta, da consumare in tutta fretta. Perché bisognava partire. La schiavitù alle spalle. La terra promessa all’orizzonte. Pane non lievitato. Pane per tutti. Quanto basta! Non di più. Ed anche ora, come allora. Di giorno, però.

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    Nella logica di Dio, neanche una briciola va perduta. Logica umanissima. Perché è proprio ripartendo dal valore della briciola che si costruisce un mondo più giusto. Il mondo nuovo, sognato da Gesù. Dove non “cinquemila pani” vengono accaparrati da cinque persone, ma “cinquemila persone” condividono “cinque pani e due pesci”; quelli che la Provvidenza ci ha dato già, come beni primari. Dote di creazione! I beni universali della terra. Badate bene: Cinque + due. Che fa "sette! Lo sappiamo, nella Bibbia i numeri non sono buttati lì a caso. Hanno valore estetico, morale, teologico, simbolico. Il numero racconta una storia o dice una visione. E il sette, è indice del tutto. Segno di pienezza. Di giustizia. Di completezza. Di perfezione. Numero divino. Come il settimo giorno! Numero umano, come il destino dell’uomo. La sua vocazione. Il suo futuro. E allora sì, se tutto quello che la terra ci dà - 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘪𝘭 𝘣𝘪𝘮𝘣𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘥𝘢̀ 𝘪 𝘴𝘶𝘰𝘪 𝘤𝘪𝘯𝘲𝘶𝘦 𝘱𝘢𝘯𝘪 𝘦 𝘥𝘶𝘦 𝘱𝘦𝘴𝘤𝘪 - lo passiamo di mano in mano, se in ogni palmo ci resta una parte, un morsetto, sia pur una briciola, quel che basta insomma, senza furberie, senza far scivolare il di più nella propria sacca, allora, sì, altro che dodici ceste avanzerebbero, nelle economie del mondo!

     Lo ribadisco. Il Vangelo non parla di miracolo, ma di segno. Come a voler dire: Quello che accade qui oggi, su questa montagna, può accadere ovunque! Il miracolo non è nel prodigio della moltiplicazione dal nulla, perché Gesù di professione non fa il prestigiatore. Il miracolo è in quella benedizione. In quella presenza del Signore. In quel suo gesto che comincia a passare il primo morsetto di pane. È Lui che condivide per primo e ci insegna a condividere. E chi più di lui può insegnarci come si fa? Lui che si è fatto pane per tutti! Pane, che passa di generazione in generazione. Pane di vita! Eucarestia per tutti. Pane per sempre. E che tutti mangiano. Perché a tutti è dato. Nessuno ne è escluso. A partire da quei cinquemila uomini. Nella cultura patriarcale di quei popoli, mangiava prima l’uomo, poi, se c’erano degli avanzi, si servivano gli altri di famiglia. Bontà loro! Ma quel numero serve! È un simbolo. Perché, il “cinque” nella Bibbia ricorda il popolo di Israele. E allora, dire “cinquemila”, sarebbe come dire cinquemila Israeli! Cinquemila popoli! Tanti. Tantissimi. L’intera umanità.

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   Ma perché questo accada, è importante che il mondo riparta dal valore del “piccolo” e che nessuna mano si fermi a se stessa, deviando nella propria tasca, tutto quel che riceve. Uno lo mangio io. Uno lo passo a te. È la logica del “poco che basta”. Il piccolo che vale. Ricordate? Pure un capello del capo conta. Pure due passeri valgono. Che fai, trascuri la monetina che ti è caduta non sai dove? No, la cerchi. Abbandoni alla sua sorte la pecorella “sgarrupata”. No, le vai incontro, anche fosse in fondo alla scarpata. E quei due spiccioli che la vedova getta nel tesoro del tempio, credi siano niente? No! Sono il tutto di quel tesoro! Sì, 𝘢𝑚𝘪𝑐𝘩𝑒 𝑒 𝑎𝘮𝑖𝘤𝑖 𝑐𝘢𝑟𝘪𝑠𝘴𝑖𝘮𝑖. È la logica del Vangelo. Logica che costruisce il Regno di Dio, il futuro, la speranza. Dal basso. Dal poco. Dal piccolo. Dal mio gesto. Partiamo dai nostri cinque pani e due pesci. E i gesti si moltiplicano. Come la rete di Lilliput. Credeteci!

   Si situa qui, l’utopia della giustizia. Ricordando sempre che l’utopia non è una chimera, ma un’energia vitale, che, quando c’è, spinge dal di dentro cuori e popoli. Individui e società. Sì, è l’utopia che muove il mondo! E il Vangelo è l’utopia più bella! Difficile, certo, ma possibile. L’unica possibile! E anche l’unica percorribile. Perché il contrario, è il caos. Oggi ne sappiamo qualcosa. Gesù, questa "utopia" ce l’ha lasciata in eredità, come impegno. Come esigenza. Per questo, nelle prime comunità cristiane, “tutto si metteva in comune”. Nessuno teneva per sé il sovrappiù. E quando questo succedeva, quella coppia o quella comunità si disgregava. Ricordiamo la sorte di Anania e Saffira (Atti 5,1-11), che sono il simbolo di quelle società, egoiste e rapaci, che né la giustizia, né la condivisione promuovono, ma l’accaparramento e l’egoismo di sistema. Oggi, meno del 20% di uomini e donne nel mondo, sono come quella coppia ricordata dagli Atti degli Apostoli. Trattengono per sé, oltre l’80 % dei beni della terra. Il “molto” nelle mani di pochi. Mi impressionano sempre le catechesi di Alex Zanotelli. Cerchiamole. Il web ne mette in circolo tante. E allora, sì, 𝘢𝑚𝘪𝑐𝘩𝑒 𝑒 𝑎𝘮𝑖𝘤𝑖 𝑐𝘢𝑟𝘪𝑠𝘴𝑖𝘮𝑖. Ripartiamo da noi. Dal basso. Dal poco. Dal piccolo. Dal mio gesto. Da quel segno, cioè, che mi dice che è la condivisione il moltiplicatore, non il suo contrario.
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   Faccio un inciso. Mi colpisce tanto che il racconto dei cinque pani e due pesci, Giovanni lo colloca entro un quadro di «𝑡𝑎𝑛𝑡𝑎 𝑒𝑟𝑏𝑎». Siamo sul monte. In un luogo dove anche se hai molti soldi - e duecento denari in mano ai discepoli erano davvero un bel gruzzolo - non ti servono a niente, per sfamare quella moltitudine, se intorno a te, e soprattutto dentro di te, c’è il deserto! Dove compri, se non ci sono botteghe intorno? Dove attingi, se nel tuo cuore non c'è il vangelo? Beh, mancava tutto lì, è vero! Ma c’era lui, il Signore! Lui che anche in terra inospitale, ti fa sentire come fossi in un giardino. Tra aiuole verdeggianti. «𝐹𝑎𝑡𝑒𝑙𝑖 𝑠𝑒𝑑𝑒𝑟𝑒», ordina ai discepoli. Che sarebbe come dire: Mi stanno a cuore! Fateli stare comodi. Prendetevi cura di loro. Il testo, con sottigliezza precisa: 𝘍𝘢𝘵𝘦𝘭𝘪 𝘴𝘥𝘳𝘢𝘪𝘢𝘳𝘦. Era la maniera di mangiare dei ricchi signori. Comodamente distesi sui molleggianti triclini. Tra fontane e frescura. Lasciatemelo dire! In quel “comando” del Maestro, c’è tutto il sogno di un mondo migliore. L'attesa di una primavera della storia. Perché se c'è tanta erba, vuol dire che c'è tanto risveglio. Anche se, e lo sappiamo bene, il mondo non è ancora uscito dal suo lungo inverno. Basta guardarsi intorno, dove c'è ancora tanta gente, a cui se parli di Dio, direbbe Gandhi, se lo immagina subito col volto a forma di pane.

      Fateli sdraiare! E’ l’ “𝘐 𝘤𝘢𝘳𝘦” di Gesù! La sua compassione, certo. ma anche la sua visione. Che trova risonanza nella disponibilità di quel ragazzetto. Sì, perché Dio fa niente, senza la tua collaborazione. Mettici del tuo, se vuoi cambiare il mondo ... Un “mocciosetto”, certo. Per dirla col greco popolare usato dall’evangelista. Lo scugnizzo di turno. Piedi scalzi e toppe allo striminzito calzone. Il “piccirillo”, di napoletana memoria, direbbe una certa letteratura. Quello che, se qualcosa possiede, possiede se stesso. Sì, perché quel ragazzo, prima che la sua "dispensuccia" di pani e di pesci, è il suo cuore che mette a disposizione ... 𝘓𝘪 𝘷𝘰𝘭𝘦𝘵𝘦? 𝘏𝘰 𝘴𝘰𝘭𝘰 𝘲𝘶𝘦𝘴𝘵𝘪! Provate a immaginare la scena. Cos’erano cinque pani e due pesci, per una immensa folla? Ma erano tanti per la sacca di quello scugnizzo. Tenete conto che in quella cultura contadina, con cinque pani si sfamava, per un giorno, una famiglia intera. E non tanto piccola. È evidente il segno! In quel ragazzetto, c’è quella parte di umanità che ha cuore … e che sa che, nella sua “saccoccia”, non può trattenere per i suoi bisogni indotti, quel che serve a tutti gli altri per i loro bisogni primari. 𝘚𝘪𝘨𝘯𝘰𝘳𝘦, 𝘧𝘢’ 𝘤𝘩𝘦 𝘪𝘰 𝘴𝘪𝘢 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘲𝘶𝘦𝘭 𝘮𝘰𝘤𝘤𝘪𝘰𝘴𝘦𝘵𝘵𝘰 … Perché tutto questo, mi fa pensare a quella logica tanto vera, quanto dimenticata, che ci viene sempre dal quell'antico popolo - 𝘢𝘯𝘵𝘦𝘯𝘢𝘵𝘰 𝘥𝘪 𝘲𝘶𝘦𝘪 𝘤𝘪𝘯𝘲𝘶𝘦𝘮𝘪𝘭𝘢 - quando era nel deserto. Penso alla sua esperienza della manna. A quel “cibo”, che, se ti veniva in mente di accaparrartene oltre i tuoi bisogni, il giorno dopo te lo ritrovavi imputridito (Es 16,19-20).

     Il superfluo lasciamolo agli ingordi. 𝘕𝘰𝘪 𝘳𝘪𝘱𝘢𝘳𝘵𝘪𝘢𝘮𝘰 𝘥𝘢𝘭𝘭𝘦 𝘣𝘳𝘪𝘤𝘪𝘰𝘭𝘦!

                                                                                                                   Sr Nunzia De Gori