Fino a cinquant’anni fa, se si escludono alcune monografie e alcuni repertori generali curati da scuole rabbiniche e organizzazioni collaterali sulla presenza ebraica nei paesi d’Europa, gli studi dedicati agli specifici insediamenti antichi in Calabria e, in genere, nel sud della Penisola erano pressochè inesistenti. Pochissime le eccezioni, tra le quali amo ricordare un piccolo saggio di Mons. Giuseppe Pignataro che già negli anni Cinquanta del secolo scorso, precorrendo i tempi, inaugurò per la propria parte gli scavi linguistici e storici sull’ebraismo calabro con una significativa ricerca allora passata quasi inosservata: “Iscrizione ebraica di Oppido” , in Historica,n.12. 1959 .
Malgrado fossero molti gli indizi e le testimonianze archeologiche, epigrafiche e linguistiche, che peraltro ancora oggi connotano fortemente i nostri dialetti e tutta la cultura e la letteratura calabrese, occorreva giungere all’ultimo ventennio del secolo scorso perché le ricerche sugli Ebrei di Calabria assumessero una dignità propria e si inserissero in un progetto storiografico non episodico e frammentario, ma considerassero la componente ebraica fondamentale per tutta la storia di centinaia di centri della nostra regione. E pian piano sono fioriti decine e decine di eccellenti studi in questa nuova prospettiva. Senza togliere nulla a nessuno, risultano fondamentali sicuramente quelli di Cesare Colafemmina e quelli di Vincenzo Villella, le cui analisi sulla vita ebraica in Calabria sono presto diventate imprescindibili, e non solo per la cultura regionale.
Malgrado fossero molti gli indizi e le testimonianze archeologiche, epigrafiche e linguistiche, che peraltro ancora oggi connotano fortemente i nostri dialetti e tutta la cultura e la letteratura calabrese, occorreva giungere all’ultimo ventennio del secolo scorso perché le ricerche sugli Ebrei di Calabria assumessero una dignità propria e si inserissero in un progetto storiografico non episodico e frammentario, ma considerassero la componente ebraica fondamentale per tutta la storia di centinaia di centri della nostra regione. E pian piano sono fioriti decine e decine di eccellenti studi in questa nuova prospettiva. Senza togliere nulla a nessuno, risultano fondamentali sicuramente quelli di Cesare Colafemmina e quelli di Vincenzo Villella, le cui analisi sulla vita ebraica in Calabria sono presto diventate imprescindibili, e non solo per la cultura regionale.
Oggi proprio Vincenzo Villella, dopo aver squarciato un mistero durato secoli sulle “Giudecche di Calabria”, pone un’altra pietra miliare sulla conoscenza della vita e dell’attività degli EBREI DI CALABRIA ( Grafichè, 2024) con questo corposo saggio, che a ragione potrebbe considerarsi una summa ragionata di quasi tutte le ricerche fin qui condotte dai vari studiosi. Viene presentato al grande pubblico da una efficace prefazione di Giulio Disegni e una significativa postfazione di Klaus Davì che non esita ad affermare che : ” la Calabria è stata uno dei centri più notevoli e caratteristici della vita ebraica in Europa, un caposaldo dell’ebraismo mediterraneo e mondiale”.
EBREI DI CALABRIA non è solo un manuale per addetti ai lavori, ma è il racconto di una parte commovente della nostra storia rivolto a tutti, uno studio-testimonianza davvero appassionato che in otto avvincenti capitoli offre una visione sotto vari aspetti esaustiva della storia ebraica calabrese, a partire dall’analisi ragionata dalle testimonianze e dalle ricerche elaborate nell’ultimo cinquantennio fino all’approfondimento della vita degli Ebrei di Calabria nel periodo normanno; dalla documentazione dell ”Antigiudaismo canonizzato” dal quarto concilio lateranense fino alla discriminazione e all’accoglienza degli Ebrei sotto il regno di Federico II; da un’analisi particolareggiata e completa del ruolo delle giudecche nell’economia calabrese lungo il periodo angiono e poi in quello aragonese fino alle concessioni di Alfonso il Magnanimo, per arrivare poi allo studio della decadenza e della fine delle giudecche , del “rimpianto per gli Ebrei” e del tragico fenomeno dei ghetti. Una ricostruzione documentaria meticolosa, una serie di sintesi serrata che si pone come pietra miliare per gli studi che verranno in futuro.
Peraltro l’Autore documenta in modo ineccepibile l’importanza della presenza ebraica in Calabria non solo a livello qualitativo per la vita delle città e dei paesi, ma anche per la forte presenza numerica che nel 1500 in vari centri della Calabria raggiungeva addirittura il 40% della popolazione. E insieme a questo dato del tutto insospettabile l’Autore ne fa emergere vari altri che non bisogna dimenticare, perché si tratta di veri e propri primati: la stampa nel 1475 a Reggio Calabria dei Commentari al Pentateuco di Rashi con caratteri ebraici mobili, usati per la prima volta in Europa a cura del tipografo Abraham Garton; l’analisi dei motivi per i quali la sinagoga di Bova Marina è ritenuta unanimemente la più antica dopo quella di Ostia; la stampa a Cosenza nel 1478 a cura dell’ebreo Salomonio del “Dialogo dell’origine e dell’immortalità dell’anima” di Jacob Canphora, uno dei membri più importanti del circolo neoplatonico di Marsilio Ficino; i manoscritti copiati nel secolo XVI nelle giudecche di Crotone oggi custoditi nella Biblioteque Nationale de France.
Forse però la storia più importante e commovente che Vincenzo Villella sta facendo riemergere dall’oblìo di secoli riguarda la straordinaria fioritura di arti, mestieri, scuole di pensiero con cui gli Ebrei resero fertile e grande questa regione, imprimendo il timbro della loro operosità dovunque.
Una storia di cui andare fieri come Calabresi, che sicuramente aprirà ulteriori scenari di studio e di ricerca perchè, come afferma Disegni, «…oltre a proseguire nella valorizzazione e nella ricerca, che non ha mai termine, vi è l’impegno a costruire, attraverso la narrazione della vicenda ebraica, una cultura della legalità con il mondo delle istituzioni e quello ebraico uniti per combattere odio, pregiudizio, razzismo e antisemitismo».
Bruno Demasi