Il sistema proporzionale, ma non solo esso, a Oppido Mamertina nelle elezioni amministrative dei decenni passati sembrava fatto apposta per fomentare non solo accordi sottobanco e battaglie accese ( o presunte tali) tra antagonisti durante la tornata di votazioni, ma soprattutto lotte intestine nei vari partiti per le scelte delle candidature: il quadretto che ne traccia magistralmente Rocco Liberti in questa pagina, che rievoca vicende da lui vissute con coerenza e in prima persona nell’agone politico, è puro divertimento , tanto più spassoso quanto più vero fin nei minimi particolari, molti dei quali misericordiosamente sottaciuti per ragioni fin troppo ovvie. Era la politica del calcolo centellinato del voto, della ricerca affannosa dell’ approvazione popolare, ma soprattutto del desiderio di legittimazione ideologica della quale in fondo non fregava niente a nessuno. Era sicuramente un’ubriacatura di personalismi, di frasi roboanti, di ostentazioni familistiche che prendeva il posto del decisionismo fascista che fino a pochi anni prima aveva completamente impedito alla gente di pensare in proprio. Era soprattutto l’Italietta provinciale della Democrazia di cui tutti si riempivano la bocca, ma che davvero pochi esercitavano con coerenza e vero slancio verso il bene comune.(Bruno Demasi)
Ma non erano soltanto i consiglieri dotati di estrema bonomia ad attirare i curiosi perché c’era dell’altro. Negli interventi spesso si trascendeva e i capi partito non stavano a lesinare nel dirsene di cotte e di crude. Per fatti personali si è arrivato perfino a minacciare denunzie alla magistratura, ma il tutto è presto rientrato. Una volta nei primi a. ‘70 dal pubblico è intervenuto con un’espressione triviale un certo galoppino e il sindaco del tempo ha immediatamente invitato a chiamare i carabinieri, ma anche in tal caso con la pace dei buoni tutto è finito e, come scherzosamente si dice: “a tarallucce e vino”.
A Oppido, nonostante la contrapposizione tra i diversi schieramenti risultasse piuttosto estremistica, non ricordo particolari di sorta circa avvenimenti che abbiano potuto trascendere il normale rapporto tra i cittadini. Peraltro, a elezioni concluse ogni alzata di scudi rientrava sempre nel normale alveo comunitario. Una volta purtroppo sono stato testimone di qualcosa che avrebbe potuto produrre gravi conseguenze, ma in seno agli adepti di un solo partito, la DC, quello che, per la particolare costituzione, avrebbe dovuto invece dare l’esempio a tutti! Era il 1974 e si qualificava il turno di nuove elezioni amministrative. Consigliere eletto nella trascorsa tornata, non mi è venuta più la voglia di proseguire, anzi debbo dire che mi ero sentito obbligato ad aderire dietro l’insistenza di quotati amici. Non ero entusiasta d’immischiarmi in un agone politico anche perché m’immaginavo tanti possibili e poco nobili retroscena. Per fare il politico ci vuole davvero un fegataccio ed essere rotto a iniziative non sempre encomiabili. Ma veniamo a noi. Fuori dalla corsa a nuove elezioni di mia spontanea volontà, ero però rimasto vincolato nel direttivo del partito come consigliere. Non volevo romperla tutta, ma, col senno di poi, vi avrei di certo ottemperato.
Ho saputo dopo, vero o non vero, che il padre del principale antagonista era intervenuto da una casa vicina con un coltello, ma, conoscendo colui che riferiva la notizia, non c’è da credervi eccessivamente. Farfugliava di essere stato ferito a una mano, ma il giorno dopo non si notava alcunchè. In realtà, tutta la massa di gente ha fatto ressa nel locale e non si è capito più nulla, quando di colpo è venuta a mancare la corrente elettrica (fatto voluto?). Immaginarsi la confusione a che punto sarà arrivata. Mi diceva l’indomani un egregio esponente del Partito: ci siamo ritrovati d’improvviso con tutto il paese dentro e non è stato per nulla agevole potersi districare da quella massa. Sedata ogni cosa, fuori fino a tarda notte si sono formati tanti capannelli nei quali ognuno diceva la sua. Non è mancato il lato comico. Dopo di me frettolosamente era uscito altro personaggio, ma, non essendosene accorti o volutamente, in tanti hanno declamato che quegli, che nella congiura era parte in causa, era scappato per primo e in breve era già pervenuto sulla costa Viola. Quando si dice la brutta nomèa! Il giorno dopo non mi restava altro da fare che recarmi all’ufficio postale e presentare con raccomandata le dimissioni al Direttivo Provinciale. Altri lo hanno fatto, ma soltanto in sede comunale, per cui ne hanno passato di cotte e di crude prima che si arrivasse a una soluzione. Plaudivano al mio gesto, ma, nonostante li avessi consigliati opportunamente a imitarmi e di mandare tutto e tutti a quel paese, non avevano avuto il coraggio di farlo. Qualcuno, dopo averne passate ancora tante, si diceva pentitissimo per non avermi dato ascolto. Così è finita in gloria la mia brevissima e forzata carriera politica.
Qual è stata la conclusione? Si è trovato un posto altolocato per uno degli antagonisti e la contesa alla fine è sbollita e così DC e PSI, dopo tante lotte anche furibonde, hanno amministrato assieme. Però, quel che non ti aspetti! Ammalatosi gravemente il sindaco, in seguito non è stato tutto rose e fiori. Tramontato l’idillio, sono ricominciate le tresche. Dopo appena alcuni anni (1975-1978) quegli, ancora giovane, ha terminato inopinatamente la sua vita e tutto è finito nelle mani del consigliere male incappato in occasione del tafferuglio nella sede della DC. Si è tirato bene o male fino alla fine della legislatura, quando si è dato il via a nuove elezioni. L’ex-sindaco non riproposto ha presentato una sua lista all’insegna di un Libro. Risultato: non si è qualificata alcuna maggioranza, per cui non restavano che le dimissioni. A questo punto, dopo la fase commissariale, ritorna in campo colui che per tantissimi anni, dal 1952 al 1964, aveva guidato eccellentemente il Comune. Date le difficoltà partitiche, si è fatto nuovamente ricorso all’alleanza col PSI, ma stavolta senza mene sottobanco. Da parte di tutti si è chiesta un’alleanza con canoni ben precisi controfirmata dai segretari dei due partiti e da due persone rispettabili. Era il 15 novembre 1980.
Anche se io ero stato al corrente come tutti dei vari maneggi intercorsi, sono venuto a conoscenza del documento appena nel giugno del 2009. Mi è stato offerto come cimelio storico dal defunto amico prof. Antonio Musicò, uno dei firmatari. Data la poca leggibilità dello stesso, ne ripropongo qui la parte iniziale:
considerato che con lo scioglimento anticipato del Consiglio Comunale incombe ai partiti politici il dovere primario ed ineludibile di proporre soluzioni meditate ed adeguate alla gravità della crisi medesima, il segretario democristiano e il segretario socialista sono concordi nel ritenere indispensabile sin da ora l’impostazione di un serio discorso tra i due partiti al fine di assicurare le maggiori garanzie di governabilità del Comune nell’ambito di precise e chiare scelte politiche”.
Dal 1980 al 1989 tutto è scorso piuttosto liscio, ma nell’ultimo anno ancora una mazzata, la morte improvvisa del sindaco, per cui si è dovuta ripetere l‘ennesima soluzione. Anche questa non è durata a lungo perché il solito sindaco, per ragioni legali, è stato costretto a dimettersi. Di nuovo un ricambio e via daccapo. È successo di tutto. Hanno fatto amicizia perfino oppositori storici come comunisti e missini. E fermiamoci qui!