Dopo secoli di oblìo il mosaico della storia ebraica nell’attuale provincia reggina diventa sempre più elaborato e chiaro via via che progrediscono studi e ricerche anche attraverso l’impulso fortissimo impresso da Cesare Colafemmina , da Vincenzo Vilella, da Felice Delfino e da vari altri ricercatori. Tanto rimane però ancora da scrivere e da ricordare, come, ad esempio, la vicenda singolare di decine e decine di famiglie ebraiche locridee riparate nei secoli passati in Grecia, dove – come ricorda Klaus Davì - “… sopravvisse per secoli un piccolo e importante pezzo di Calabria, ma i primi a non saperlo sono i Calabresi”. Torneremo su questa incredibile storia perché interessa tutti da vicino, ma intanto la parola passa , al prof Augusto Cosentino, di ascendenti oppidesi, profondo conoscitare del mondo e delle lingue classiche, ma anche studioso attento delle vicende ebraiche nella nostra terra di cui viene qui presentata una sintesi rigorosa e lucida. Un excursus omnicomprensivo forse non tentato prima, sicuramente mai considerato nei suoi collegamenti con i tempi e i modi dell’evangelizzazione cristiana di questo territorio. Ringrazio il prof. Cosentino per questo dono speciale a questo blog e auguro vivamente che i suoi brillanti studi su questa materia continuino a produrre frutti come questi e sempre più abbondanti. ( Bruno Demasi)
La sinagoga di Bova Marina è datata ai secoli IV-VI d.C. Si tratta di un periodo in cui è avvenuto forse uno spostamento dei gangli vitali ed economici della regione. Sembrerebbe che Scyle, che dovrebbe corrispondere al nostro centro bovese ubicato nella zona di San Pasquale, avrebbe avuto il sopravvento sui più antichi centri di Leucopetra e Decastadium (rispettivamente Lazzaro e Melito). Il quarto secolo sembra inoltre un’epoca cruciale per la storia degli Ebrei della zona, ma anche per quanto riguarda la cristianizzazione della Calabria. Nello stesso secolo abbiamo altre due testimonianze che, seppur di minor importanza monumentale rispetto alla sinagoga bovese, rappresentano pur sempre due segni coevi di presenze ebraiche nella zona: da un’area cimiteriale di Lazzaro abbiamo una lampada in terracotta con il simbolo evidentemente giudaico della menorah[1]. Da Reggio proviene invece un frammento di iscrizione in greco[2], leggibile [Sunagwgh t]wn Ioudaiwn[3]. Sono queste le più antiche e sicure testimonianze della presenza di popolazioni giudaiche nella Calabria meridionale. Anche San Girolamo, nel suo epistolario, parla di "gente ebrea per nazione approdata su queste terre".
Alla stessa epoca appartengono pure i segni certi e incontrovertibili della presenza cristiana in questo lembo dell’attuale Calabria. Sia le fonti storiche, sia quelle epigrafiche più antiche sono databili appunto a quest’epoca cruciale per quanto riguarda l’intera storia della cristianità con l’epocale svolta costantiniana.
Già testimonianza di cristianesimo appare il rescritto costantiniano del 21 ottobre 312-313. Inoltre nel VI Sinodo di Sardica, del 342 o 343, troviamo citati i vescovi delle Eparchie dei Bruzi[4]. Due documenti epigrafici cristiani fortunatamente datati e di indubbio carattere cristiano provengono da Taurianum (del 348) e da Locri (del 391). Altri sono databili per caratteristiche epigrafiche a questo secolo (uno da Taurianum della metà del IV; forse databile ancora al IV l’iscrizione conservata in un apografo cartaceo con la frase si deus pro nobis quis contra nos? tratta dall’epistola paolina Rom. VIII, 31).Ancora al nostro IV secolo è attribuibile il primo impianto attorno al sepolcro venerato di San Fantino a Palmi.Inoltre il Morisani nel suo Marmora Rhegina cita alcune catacombe che sarebbero emerse a Reggio, mentre il Frangipane cita un cubicolo funerario, ritrovato nei pressi dell’attuale Capo d’Armi, in cui sarebbe stato affrescato un paleocristiano Daniele tra i leoni.
Un altro elemento da notare riguardo alle culture ebraica e cristiana nella Calabria meridionale, è il loro legame con il mondo dell’Africa settentrionale. Alcuni studiosi notano la pertinenza dell’edificio sinagogale bovese con le coeve costruzioni di tale tipo della Palestina. La presenza degli Ebrei nella Calabria meridionale dovette essere in relazione con la felice posizione geografica nei confronti dell'Africa settentrionale[5].
Anche se non è possibile affermare che gli Ebrei detenessero il monopolio dei commerci con quelle terre, dovettero però senza dubbio avere una posizione di grande importanza in quei flussi economici. I segni dei legami con la cultura nord-africana sono numerosi. Probabilmente lungo quegli stessi canali commerciali, che facevano dei porti della Calabria dei punti di approdo intermedi sulla strada sud-nord in direzione di Roma, dovette viaggiare pure la cristianizzazione. La comunità ebraica di Roma, con sporadiche presenze già in età tardo repubblicana, ebbe un periodo fiorente durante l'impero di Augusto. Alterne furono le sue fortune nel I sec., fino alla massiccia immigrazione forzata che seguì la distruzione di Gerusalemme del 70. Alcuni studiosi sottolineano inoltre come l’asse sud-nord dei commerci si muterà, con gli stravolgimenti dei secoli IV-VI (in particolare con l’invasione vandala), in un asse est-ovest, che porterà alla bizantinizzazione della Calabria. Segno di questo nuovo asse commerciale è dato nell’archeologia dalla parziale sostituzione della sigillata africana con quella anatolica del tipo ‘Late Roman c’, ben presente negli strati archeologici di fine V secolo (ad esempio a Scolacium).Inoltre lo storico Paul Arthur ha a lungo insistito sulla possibile produzione calabrese delle anfore di tipo Keay LII, ben note in Calabria, delle quali in vari scavi di Roma sono stati ritrovati molti esemplari segnati con la menorah e con il chismòn.
Intendo inoltre segnalare alcuni interessanti segni di culti di altra natura testimoniati in Calabria. Presso la collezione Capialbi di Vibo Valentia sono conservate alcune gemme incise e iscritte relative ai culti di divinità gnostiche (tipo Abraxas), raccolte e pubblicate dallo stesso erudito vibonese. Altre tre gemme similari sono state pubblicate dal Marchese Taccone sempre nell’800, ma oggi se ne sono perse le tracce. Questi oggetti di squisita fattura artistica potrebbero provenire dal mercato antiquario e non dirci nulla riguardo al territorio. Ma potrebbero pure essere relative a scoperte fortuite avvenute nella zona ed essere quindi arrivate in mano ai due eruditi calabresi ottocenteschi che le pubblicarono.
Inoltre nella grande messe di notizie utili che possiamo desumere dalle Epistole di papa Gregorio Magno, intendo segnalarne due che sembrano andare in questa stessa direzione. Se in quella in cui si scomunica un presbitero accusato di idolatria possiamo riconoscere i segni delle persistenze pagane o di una sorta di sincretismo pagano-cristiano nella regione, in un’altra troviamo la notizia della presenza di manichei nella zona di Squillace.Dunque senza dubbio nel IV secolo troviamo in questa zona della Calabria la presenza di cristiani e di ebrei. Certo la ben nota casualità dei rinvenimenti archeologici in territorio calabrese potrebbe essere complice di questa ricostruzione. Il silenzio attorno al periodo precedente non è necessariamente prova certa di una mancanza. Non possiamo insomma negare che già in precedenza essi fossero presenti in questo territorio. Possiamo solo dire che non abbiamo sicurezze storiche. Certo però, pur nello scarso numero di testimonianze, non paragonabili ad altre zone d’Italia, è rilevante il fatto che siano così numerose quelle concentrate nel secolo IV, periodo che senza dubbio fu protagonista di grandi eventi e sconvolgimenti che portarono all’epocale passaggio dall’antichità al medioevo. Se dunque non possiamo dire che sicuramente furono quelli di IV secolo i primi cristiani ed ebrei a mettere piede in questa zona, possiamo però affermare senza ombra di dubbio che fu questo secolo che vide il fiorire di queste presenze in contrasto con la sporadicità dei tre secoli precedenti.
Anche se non è possibile affermare che gli Ebrei detenessero il monopolio dei commerci con quelle terre, dovettero però senza dubbio avere una posizione di grande importanza in quei flussi economici. I segni dei legami con la cultura nord-africana sono numerosi. Probabilmente lungo quegli stessi canali commerciali, che facevano dei porti della Calabria dei punti di approdo intermedi sulla strada sud-nord in direzione di Roma, dovette viaggiare pure la cristianizzazione. La comunità ebraica di Roma, con sporadiche presenze già in età tardo repubblicana, ebbe un periodo fiorente durante l'impero di Augusto. Alterne furono le sue fortune nel I sec., fino alla massiccia immigrazione forzata che seguì la distruzione di Gerusalemme del 70. Alcuni studiosi sottolineano inoltre come l’asse sud-nord dei commerci si muterà, con gli stravolgimenti dei secoli IV-VI (in particolare con l’invasione vandala), in un asse est-ovest, che porterà alla bizantinizzazione della Calabria. Segno di questo nuovo asse commerciale è dato nell’archeologia dalla parziale sostituzione della sigillata africana con quella anatolica del tipo ‘Late Roman c’, ben presente negli strati archeologici di fine V secolo (ad esempio a Scolacium).Inoltre lo storico Paul Arthur ha a lungo insistito sulla possibile produzione calabrese delle anfore di tipo Keay LII, ben note in Calabria, delle quali in vari scavi di Roma sono stati ritrovati molti esemplari segnati con la menorah e con il chismòn.
Intendo inoltre segnalare alcuni interessanti segni di culti di altra natura testimoniati in Calabria. Presso la collezione Capialbi di Vibo Valentia sono conservate alcune gemme incise e iscritte relative ai culti di divinità gnostiche (tipo Abraxas), raccolte e pubblicate dallo stesso erudito vibonese. Altre tre gemme similari sono state pubblicate dal Marchese Taccone sempre nell’800, ma oggi se ne sono perse le tracce. Questi oggetti di squisita fattura artistica potrebbero provenire dal mercato antiquario e non dirci nulla riguardo al territorio. Ma potrebbero pure essere relative a scoperte fortuite avvenute nella zona ed essere quindi arrivate in mano ai due eruditi calabresi ottocenteschi che le pubblicarono.
Inoltre nella grande messe di notizie utili che possiamo desumere dalle Epistole di papa Gregorio Magno, intendo segnalarne due che sembrano andare in questa stessa direzione. Se in quella in cui si scomunica un presbitero accusato di idolatria possiamo riconoscere i segni delle persistenze pagane o di una sorta di sincretismo pagano-cristiano nella regione, in un’altra troviamo la notizia della presenza di manichei nella zona di Squillace.Dunque senza dubbio nel IV secolo troviamo in questa zona della Calabria la presenza di cristiani e di ebrei. Certo la ben nota casualità dei rinvenimenti archeologici in territorio calabrese potrebbe essere complice di questa ricostruzione. Il silenzio attorno al periodo precedente non è necessariamente prova certa di una mancanza. Non possiamo insomma negare che già in precedenza essi fossero presenti in questo territorio. Possiamo solo dire che non abbiamo sicurezze storiche. Certo però, pur nello scarso numero di testimonianze, non paragonabili ad altre zone d’Italia, è rilevante il fatto che siano così numerose quelle concentrate nel secolo IV, periodo che senza dubbio fu protagonista di grandi eventi e sconvolgimenti che portarono all’epocale passaggio dall’antichità al medioevo. Se dunque non possiamo dire che sicuramente furono quelli di IV secolo i primi cristiani ed ebrei a mettere piede in questa zona, possiamo però affermare senza ombra di dubbio che fu questo secolo che vide il fiorire di queste presenze in contrasto con la sporadicità dei tre secoli precedenti.
Per dovere di completezza storica dobbiamo comunque citare le testimonianze, seppure incerte, delle epoche precedenti. Per quanto riguarda la presenza di Ebrei in Calabria, abbiamo la Cronaca di Achimaaz, un testo databile forse all'XI sec., che riporta la memoria di una diaspora nell’Italia meridionale connessa con l'arrivo di prigionieri deportati dopo la distruzione di Gerusalemme del 70[6]. Questo elemento è abbastanza generico e la fonte è troppo tarda per essere di grande utilità. Alcuni studiosi sembrano propendere per una certa veridicità della fonte. E' probabile che, in uno scalo commerciale importante lungo le rotte che conducevano dal medio-oriente e dall'Africa settentrionale a Roma, come era Reggio, esistessero già delle comunità o singoli che svolgessero la loro attività di mercanti o mediatori[7]. Certo è comunque che dopo la riduzione di Gerusalemme a colonia romana e la dispersione dei figli di Israele nell'Impero le loro presenze aumentarono sensibilmente nelle varie città italiane[8]. Ma nota giustamente Ariel Toaff come "there is no definite evidence of the presence of Jews there until the first half of the fourth century"[9].
Anche per quanto riguarda la prima evangelizzazione cristiana della zona abbiamo una data riferibile al I sec. d.C. Si tratta dell’ormai nota biografia del proto-vescovo e proto-martire reggino, Santo Stefano da Nicea, che sarebbe stato nominato da San Paolo in persona insieme con un ausiliario dal nome incerto (Suera) a capo di una modesta comunità. Il martirologio del vescovo e di alcuni correligionari è contenuto nel Sinassario Costantinopolitano ed è databile all’VIII-IX sec.
Non è questa la sede adatta per riproporre una discussione che seppur spesso viziata da posizioni preconcette, non è giunta ancora oggi a dare un parola definitiva sulla fondatezza o meno della tradizione episcopale reggina. Ora la sinagoga bovese sembra scomparire nel VI secolo. La distruzione del centro è stata da qualche studioso collegata con la guerra greco-gotica. La fedeltà degli Ebrei ai Goti, che portò alla totale distruzione della ricca comunità di Napoli ad opera delle truppe bizantine, potrebbe essere messa in relazione con l’abbandono improvviso della nostra sinagoga?
Comunque sia abbiamo uno iato notevole nella presenza ebraica nella nostra zona e in genere in tuta la Calabria. Le successive testimonianze di presenze ebraiche sono relative al X secolo. Quella più certa è relativa alla Calabria settentrionale, che fu certamente influenzata dalla ricca comunità ebraica pugliese. Infatti sappiamo bene come il colto medico ebreo Shabbatai ben Abraham Donnolo si trasferì in Calabria da Oria nel 940, dove venne in contatti non sempre amichevoli con San Nilo di Rossano (Bios). Piuttosto sporadica sono invece due testimonianze del cronista arabo Ibn al Athir e dello storico tedesco Thietmar, riguardanti un giudeo di nome Kalonimos, che combattè e morì per Ottone II nella battaglia di Stilo dell’anno 982. Ancora il Brebion di Reggio, databile all’XI secolo, ci informa della presenza di una Ebraikh, cioè probabilmente, secondo il Mosino, di una sinagoga, nel territorio, altrimenti ignoto, di Soumpesa[10].
Anche per quanto riguarda la prima evangelizzazione cristiana della zona abbiamo una data riferibile al I sec. d.C. Si tratta dell’ormai nota biografia del proto-vescovo e proto-martire reggino, Santo Stefano da Nicea, che sarebbe stato nominato da San Paolo in persona insieme con un ausiliario dal nome incerto (Suera) a capo di una modesta comunità. Il martirologio del vescovo e di alcuni correligionari è contenuto nel Sinassario Costantinopolitano ed è databile all’VIII-IX sec.
Non è questa la sede adatta per riproporre una discussione che seppur spesso viziata da posizioni preconcette, non è giunta ancora oggi a dare un parola definitiva sulla fondatezza o meno della tradizione episcopale reggina. Ora la sinagoga bovese sembra scomparire nel VI secolo. La distruzione del centro è stata da qualche studioso collegata con la guerra greco-gotica. La fedeltà degli Ebrei ai Goti, che portò alla totale distruzione della ricca comunità di Napoli ad opera delle truppe bizantine, potrebbe essere messa in relazione con l’abbandono improvviso della nostra sinagoga?
Comunque sia abbiamo uno iato notevole nella presenza ebraica nella nostra zona e in genere in tuta la Calabria. Le successive testimonianze di presenze ebraiche sono relative al X secolo. Quella più certa è relativa alla Calabria settentrionale, che fu certamente influenzata dalla ricca comunità ebraica pugliese. Infatti sappiamo bene come il colto medico ebreo Shabbatai ben Abraham Donnolo si trasferì in Calabria da Oria nel 940, dove venne in contatti non sempre amichevoli con San Nilo di Rossano (Bios). Piuttosto sporadica sono invece due testimonianze del cronista arabo Ibn al Athir e dello storico tedesco Thietmar, riguardanti un giudeo di nome Kalonimos, che combattè e morì per Ottone II nella battaglia di Stilo dell’anno 982. Ancora il Brebion di Reggio, databile all’XI secolo, ci informa della presenza di una Ebraikh, cioè probabilmente, secondo il Mosino, di una sinagoga, nel territorio, altrimenti ignoto, di Soumpesa[10].
Due secoli dopo le attestazioni della presenza di Ebrei in questa zona diventeranno finalmente numerose, come testimoniato da due documenti, entrambi del 1276 (Cedula subventionis in Justitiariatu Vallis Crati et Terre Jordane; Taxatio generalis subventionis in Justitiariatu Calabrie), relativi al gettito fiscale di 14 comunità ebraiche calabresi[11]. Si noti che tra queste troviamo citata anche la Iodeca de Bova. La distanza cronologica tra la nostra sinagoga e le testimonianze è eccessiva per mettere in relazione i due fatti, ma non possiamo escludere totalmente una lunga sopravvivenza, con alterne fortune, di una comunità di Ebrei. D’altro canto si noti come la comunità bovese è affiancata da un grande numero di altre giudecche presenti nella zona: Reggio, Pentedattilo, San Lorenzo, Motta San Giovanni, Bianco ecc. Di queste comunità oggi non resta traccia se non vagamente nella toponomastica (e, secondo il Dito, nel dialetto). Tra i termini ancora oggi usati in Calabria abbiamo quelli di Judeca, Sinagoga, Schola e Meschite. Nella toponomastica troviamo alcune località come Judeu e Judiu, mentre la vie reggine Giudecca e Aschenez segnalano la zona occupata anticamente dal ghetto di quella città, lungo le mura a sud della porta Mesa.
Tali comunità così numerose, diedero origine ad una fioritura culturale senza precedenti, legata particolarmente all’industria e al commercio, primo fra tutti quello della seta, il cui allevamento e lavorazione furono importate proprio dagli Ebrei in queste terre. Si sarà sempre trattato di comunità ben distinte tra i Gentili, secondo la tradizione di gran parte della Diaspora ebraica, ma anche ben integrate nella vita economica dei vari centri, fino a divenirne, in alcuni casi, veri punti di forza.
La grande importanza culturale del centro ebraico reggino porterà all’edizione del primo libro ebraico a stampa. Si tratta del Commento alla Torah dell’erudito Rashi di Troyes, edito a Reggio Calabria nell’anno 1475 da Abraham ben Itzchaq ben Garton.
Augusto Cosentino
[1] Il ritrovamento è avvenuto in una necropoli tardo-romana, con frequenze di IV-VI sec. Nella stessa zona ci sono anche resti di presenze cristiane
[2] Costabile 1988, p. 261 e passim pone l'accento sul fatto che la comunità ebraica era, almeno da questa attestazione, ellenofona, mentre quella cristiana propenderebbe per la latinizzazione
[3] CIJ Prol 635b
[4] Atanasio d’alessandria Apol. Contra Arianos PG 25, col. 725A
[5] Costabile 1988, p. 261
[6] Kaufmann 1896
[7] Dito 1916, p. 7
[8] Ruderman 1990, p. 22
[9] Toaff 1972, col. 33
[10] Ed. Guillou, p. 18, rigo 257
[11] "Cedula subventionis in Justitiariatu Vallis Crati et Terre Jordane" e "Taxatio generalis subventionis in Justitiaratu Calabriae" citati da Dito 1916, pp. 5-6
[2] Costabile 1988, p. 261 e passim pone l'accento sul fatto che la comunità ebraica era, almeno da questa attestazione, ellenofona, mentre quella cristiana propenderebbe per la latinizzazione
[3] CIJ Prol 635b
[4] Atanasio d’alessandria Apol. Contra Arianos PG 25, col. 725A
[5] Costabile 1988, p. 261
[6] Kaufmann 1896
[7] Dito 1916, p. 7
[8] Ruderman 1990, p. 22
[9] Toaff 1972, col. 33
[10] Ed. Guillou, p. 18, rigo 257
[11] "Cedula subventionis in Justitiariatu Vallis Crati et Terre Jordane" e "Taxatio generalis subventionis in Justitiaratu Calabriae" citati da Dito 1916, pp. 5-6