Una constatazione molto semplice , ma altrettanto documentata, di Antonio Gramsci, secondo cui nel mezzogliorno d’Italia “..le paterne amministrazioni di Spagna e dei Borbone nulla avevano creato: la borghesia non esisteva, l’agricoltura era primitiva e non bastava neppure a soddisfare il mercato locale, non strade, non porti, non utilizzazione delle poche acque che la regione, per la sua speciale conformazione geologica, possedeva…” avrebbe dovuto dissuadere dal sostenere il contrario chiunque, anche coloro che ideologicamente si sentono distanti anni luce dal grande Sardo. Eppure, capitanate da un certo Pino Aprile, abile rimestatore di becere propagande duosiciliane nuove e antiche, malamente confezionate da sedicenti storici come Del Boca o da Alianello, negli ultimi dieci anni schiere disordinate e disordinanti di neomeridionalisti hanno invaso media, librerie ed edicole ammannendo le loro sempre più fantasiose ricostruzioni di quello che, secondo loro, era stato il più florido eden socioeconomico e culturale del mondo, quel Sud, a dir loro, strangolato, disperso e depauperato dai Piemontesi con l’Unificazione della Penisola.
A confutare tutti, ma proprio tutti, gli stucchevoli cavalli di battaglia dei filoborbonici ha pensato Pino Ippolito Armino in un sintetico , ma esauriente, catalogo “ delle imposture neoborboniche” che per i tipi dell’editore Laterza ha visto la luce col titolo ironico ed eloquente “Quel fantastico regno delle Due Sicilie” che andrebbe tenuto sul comodino e sfogliato costantemente specialmente da quel nugolo di studiosi improvvisati che ormai da tempo imperversa e detta eresie storiografiche non solo nel mondo pseudoaccademico, ma soprattutto sul web, gonfiando a dismisura la convinzione pericolosissima della gente meridionale che tutte le responsabilità dei nostri mali atavici siano da rinvenire soltanto nell”invasione” piemontese e nei suoi presunti effetti, anziché in ferite preesistenti che si tenta malamente di dissimulare: “vere e proprie fake news che hanno un’eccezionale capacità di presa perché forniscono una spiegazione semplice e problemi complessi. Mentre una crescente e inafferrabile distanza separa sempre più il Mezzogliorno dal resto d’Italia, si preferisce ‘ inventare’ un nemico esterno, cattivo quanto basta, per addebitargli ciò che siamo e che non vorremmo essere.”.
Emblema principale di questo ‘nemico’ esterno è quel Giuseppe Garibaldi a cui il medesimo Mezzogliorno, che lo avrebbe visto invasore, aveva tributato con smmaccato servilismo medaglie, onori e intitolazioni di piazze e strade fin nei più sperduti villaggi dell’appennino meridionale e siculo. Quel generale, che la propaganda neoborbonica oggi vorrebbe invece ridurre a uno scapestrato quanto venale mercenario al soldo dei Piemontesi, che con un migliaio di avanzi di galera della sua stessa risma avrebbe sbaragliato la nobilissima causa borbonica ( forte di un esercito regolare mille volte più grande e più armato). Pino Ippolito Armino dimostra con dovizia di partricolari e carte alla mano, che questo pilastro sbrecciato della propaganda neoborbonica è frutto di fantasie malate: Giuseppe Garibaldi non fu al soldo di nessuno, tantomeno di Cavour, e la sua impresa, peraltro riuscitissima, non fu partorita da un Settentrione desideroso di usurpare le fiabesche ricchezze del Sud.
Sarebbe sufficiente solo questa disamina per scompaginare le teorie infondate e volutamente superficiali di tanti neomeridionalisti ormai di professione, ma l’Autore va ben oltre e stila un vero e proprio elenco ragionato e chiarissimo delle varie costruzioni fantasione su cui si fonda oggi la nuova propaganda secessionista del Sud che, non a caso, pur sembrandone antitetica, si coniuga benissimo con l”autonomia territoriale differenziata” di cui da sempre si fa portavoce la Lega, che ha cancellato dal suo blasone la parola” Nord” non solo per carpire la buonafede degli elettori meridionali, ma soprattutto per strumentalizzare la malafede dei neomeridionalisti e dei capipopolo che non mancano mai.
Il repertorio ragionato delle “imposture” filoborboniche, a cui rimando il lettore che voglia attentamente fornirsi un quadro reale e veritiero dei fatti, parte da una disamina sobria del reale intento della lotta risorgimentale e dalla confutazione ferrea del cosiddetto “genocidio” dei Meridionali e di quello che , secondo certa propaganda, sarebbe stato un “ complotto inglese” ad armare, con la complicità dei Savoia e del Cavour, la spedizione garibaldina. Prosegue con logica serrata e puntualità rigorosa di riscontri storiografici, con un’analisi approfondita e lucida del ruolo svolto in tutta la vicenda risorgimentale da Carlo Pisacane , da Giuseppe Mazzini e dallo stesso Garibaldi e dal ruolo vero svolto sulle loro rispettive azioni dalla Massoneria nazionale ed internazionale del tempo.
Il repertorio ragionato delle “imposture” filoborboniche, a cui rimando il lettore che voglia attentamente fornirsi un quadro reale e veritiero dei fatti, parte da una disamina sobria del reale intento della lotta risorgimentale e dalla confutazione ferrea del cosiddetto “genocidio” dei Meridionali e di quello che , secondo certa propaganda, sarebbe stato un “ complotto inglese” ad armare, con la complicità dei Savoia e del Cavour, la spedizione garibaldina. Prosegue con logica serrata e puntualità rigorosa di riscontri storiografici, con un’analisi approfondita e lucida del ruolo svolto in tutta la vicenda risorgimentale da Carlo Pisacane , da Giuseppe Mazzini e dallo stesso Garibaldi e dal ruolo vero svolto sulle loro rispettive azioni dalla Massoneria nazionale ed internazionale del tempo.
Passa poi a descrivere e a smontare una ad una le altre favole neoborboniche che dobbiamo sorbirci , nostro malgrado, quotidianamente sui social: il brigantaggio meridionale assimilato ignobilmente alla lotta partigiana, il presunto saccheggio del Sud durante e dopo l’Unificazione, la fantomatica ricchezza del Mezzogiorno preunitario e dell’industria napoletana usurpate e disperse dagli invasori, l’emigrazione coatta dei Meridionali dopo l’Unità, la fiabesca istruzione del Sud borbonico che, in realtà, presentava il quadro desolante di un analfabetismo maschile e femminile almeno doppio rispetto a quello che negli stessi anni si registrava nel Settentrione della Penisola.
Ed è forse proprio da quell’analfabetismo, all’epoca sicuramente voluto e imposto dalle politiche borboniche, e da quello di ritorno voluto e determinato in questi anni dalle politiche che hanno affossato l’istruzione pubblica, che oggi rinascono i mostri e i mulini a vento contro i quali continuiamo a scagliarci noi Meridionali addebitando, con fare donchisciottesco, le nostre ataviche colpe e ferite a un nemico lontano e inesistente e non a quel “sonno della ragione” di cui parlava Gramsci e di cui in questo bellissimo saggio, scritto con cura ed eleganza, Pino Ippolito Armino ci offre una visione lucida e razionale che tutti dovremmo conoscere sul serio.
Ed è forse proprio da quell’analfabetismo, all’epoca sicuramente voluto e imposto dalle politiche borboniche, e da quello di ritorno voluto e determinato in questi anni dalle politiche che hanno affossato l’istruzione pubblica, che oggi rinascono i mostri e i mulini a vento contro i quali continuiamo a scagliarci noi Meridionali addebitando, con fare donchisciottesco, le nostre ataviche colpe e ferite a un nemico lontano e inesistente e non a quel “sonno della ragione” di cui parlava Gramsci e di cui in questo bellissimo saggio, scritto con cura ed eleganza, Pino Ippolito Armino ci offre una visione lucida e razionale che tutti dovremmo conoscere sul serio.